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Sono oltre 1 milione i minori che nel nostro Paese vivono in povertà assoluta. Tra il 2011 e il 2012 il loro numero è cresciuto di oltre il 30%, determinando uno scivolamento sempre più rapido dei più piccoli verso situazioni di forte disagio sociale. A documentarlo è L’Italia SottoSopra, il 4° Atlante dell’Infanzia (a rischio) presentato oggi da Save the Children Italia. “In questa fase di crisi” si legge nel rapporto “i bambini e gli adolescenti si ritrovano stretti in una morsa: da una parte c’è la difficoltà di famiglie impoverite, spesso costrette a tagliare i consumi per arrivare alla fine del mese, dall’altra c’è il grave momento che attraversa il Paese, con i conti in disordine, la crisi del welfare, i tagli dei fondi all’infanzia, progetti che chiudono”.


Famiglie sempre più povere, bambini sempre più in difficoltà

Tra il 2007 e il 2012, la spesa media mensile dei nuclei con bambini si è ridotta di 138 euro (-4,6%), quasi il doppio rispetto a quanto accaduto sul totale delle famiglie. I tagli sono andati a colpire soprattutto l’abbigliamento, i mobili e gli elettrodomestici, la cultura, il tempo libero e i giochi. Per quanto riguarda la spesa alimentare, nel 2012 il 66% di famiglie con figli – 4 milioni 400 mila nuclei familiari con prole – ha ridotto la qualità/quantità della spesa per almeno un genere alimentare.

Negli ultimi 6 anni i minori in povertà assoluta sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione. Solo nel 2012, il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all’anno precedente, con un vero e proprio boom al Nord (+166mila, un incremento del 43% rispetto al 2011) e al Centro (+41%). Il Sud, già fortemente impoverito, ha conosciuto un aumento relativamente più contenuto (+20%) ma ha raggiunto la quota impressionante di mezzo milione di minori nella trappola della povertà.
 Ad essere colpiti sono soprattutto i figli di genitori disoccupati (+8,5% il tasso di povertà assoluta nelle famiglie senza occupati), quelli che vivono in famiglie monoreddito (+3,1%), e in generale i bambini i cui genitori hanno un livello d’istruzione basso.

Negli ultimi 5 anni sono stati emessi quasi 300 mila provvedimenti di sfratto per morosità e ne sono stati eseguiti circa 100 mila. Nel 2012 le ingiunzioni per morosità hanno superato, per la prima volta, quota 60 mila: ogni 10 sfratti emessi, 9 sono dovuti alla difficoltà o impossibilità delle famiglie di fare fronte alle spese per la casa. Un’incertezza abitativa che va di pari passo con la precarietà di molte sistemazioni: 1 milione e 344 mila tra bambini e ragazzi, il 12% della popolazione di riferimento, vive in situazioni di particolare disagio – sovraffollamento, alloggi privi di alcuni servizi e con problemi strutturali – con un incremento del 25% rispetto al 2007.


I problemi del settore pubblico colpiscono anche i bambini

Secondo il rapporto sono oltre 650 mila i minori che vivono in comuni formalmente falliti (72) o sull’orlo della bancarotta (52). Queste amministrazioni si sono viste costrette ad alzare al massimo le tasse per le prestazioni fondamentali e in molti casi hanno dovuto ridurre alcuni servizi cruciali dedicati all’infanzia. Non c’è quindi da stupirsi se per la prima volta dal 2004 nel biennio 2011/2012 i bambini iscritti agli asili comunali sono calati dello 0.5%.

La gravi difficoltà del settore pubblico, tuttavia, non sono riconducibili solo alla crisi economica contingente, ma anche a problematiche strutturali che affliggono il sistema di welfare nel suo insieme ormai da molti anni. L’Italia, come sottolineato da un recente rapporto OCSE è in ultima posizione fra i 24 Paesi più sviluppati per competenze linguistiche e matematiche. I dati indicano in particolare le grandi difficoltà della popolazione più anziana (55-65 anni), mentre le fasce più giovani (16-24 anni) mostrano un recupero di oltre 20 punti sia in lingua che in matematica. Tale progresso non è tuttavia sufficiente ad eguagliare le performance della media OCSE, da cui siamo ancora molto lontani. Queste difficoltà sono probabilmente riconducibili al bassissimo incremento della spesa pro-capite per gli studenti della scuola primaria e secondaria, rimasta di fatto invariata tra il 1995 e il 2010 (con un incremento minimo dello 0,5% in termini reali) mentre nei paesi OCSE l’investimento per le stesse voci aumentava in media del 62%. Inoltre, negli ultimi 5 anni la spesa delle famiglie per l’istruzione, cresciuta di poco al Nord e al Centro per effetto dei rincari di servizi e materiali, è invece scesa leggermente proprio nelle regioni più impoverite del Mezzogiorno.

In questo quadro di depotenziamento della scuola non stupisce la difficoltà del sistema educativo nell’attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedire la dispersione e favorire il rafforzamento delle competenze. Nel quinquennio 2002-2007, la percentuale di giovani con un basso livello di istruzione si era ridotta di 4,5 punti in percentuale, quasi un punto all’anno; dal 2007 al 2012, i cosiddetti early school leavers fermi alla sola licenza media hanno preso a scendere al ritmo ben più lento dello 0,4%, passando in 5 anni dal 19,7% all’attuale 17,6%. Oggi nel Paese ci ritroviamo così un esercito di 758 mila giovani con bassi titoli di studio e fuori dal circuito formativo – 5 punti percentuali in più della media europea – che spesso vanno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio 2013, hanno raggiunto la cifra record di oltre 1 milione di under 30 e la spaventosa percentuale del 41,2% fra i 15-24enni.

 

Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia, ha affermato: “un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice: la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più: serve una cura forte e strutturata. E la cura è, secondo Save the Children ma anche istituzioni autorevoli come la Banca d’Italia e l’OCSE, investire in formazione e scuola di qualità, laddove l’Italia è all’ultimo posto in Europa per competenze linguistiche e matematiche della sua popolazione. La recessione non è iniziata soltanto 5 anni fa in conseguenza della crisi dei mutui subprime o degli attacchi speculativi all’euro, ma affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinata dal mancato investimento, a tutti livelli, sui beni più preziosi di cui disponiamo: i bambini, la loro formazione e conoscenza”.


Puntare sull’educazione per invertire il trend: l’impegno di Save The Children

“Ancora prima della mancanza di reddito è questa la povertà che spezza le gambe: una condizione che si può contrastare solo tornando ad investire sull’educazione. Serve più scuola, e di prim’ordine e, allo stesso tempo, servono territori ad alta densità educativa, dove tutti i bambini, senza alcuna eccezione, possano non solo studiare ma fare attività ugualmente rilevanti – come sport, musica, gioco – scoprendo le proprie passioni e talenti e imparando a pensare al futuro in modo aperto”, ha spiegato Raffaela Milano, Direttore Programma Italia-Europa, Save the Children Italia. E in questo senso non mancano gli esempi cui ispirarsi per ribaltare l’Italia sottosopra, come i progetti INVFactor del Cnr-Irps che sta portando alla luce la creatività e intelligenza di tanti studenti di istituti tecnici italiani, la rete delle orchestre giovanili, le esperienze di contrasto alla dispersione scolastica che incidono non solo sulla didattica nelle classi ma anche sul rafforzamento delle opportunità educative fuori da scuola, sui territori.

Save the Children da più di 10 anni sviluppa programmi per i bambini e gli adolescenti in Italia e in particolare nel 2011 ha attivato un programma di cinque anni, con l’obiettivo di contribuire a rafforzare e rinnovare le infrastrutture sociali ed educative dedicate ai diritti dei minori, con particolare attenzione a quelli in situazione di maggiore disagio. Lo scorso anno sono stati oltre 40mila, dal nord al sud d’Italia, i bambini e adolescenti coinvolti e supportati direttamente da Save the Children e la sua rete di partner locali. Claudio Tesauro, Presidente Save the Children Italia ha quindi sottolineato come “dal 2012 per mobilitare l’opinione pubblica italiana e le istituzioni politiche, la nostra Organizzazione promuove una campagna in aiuto dei bambini a rischio in Italia, coinvolgendo singoli cittadini, imprese, enti locali, il mondo della cultura e dell’informazione, e all’interno della quale si colloca la diffusione di questa 4ª edizione dell’Atlante. Con questa pubblicazione, speriamo di contribuire ad accrescere la consapevolezza dei seri rischi che gravano su tanti giovanissimi ma anche sulla reale possibilità di cambiare il presente”.

Riferimenti:

Il sito di Save The Children

L’Italia SottoSopra, Atlante dell’infanzia a rischio

Il comunicato stampa della presentazione

Il progetto INVFactor di Cnr-Irps
 
 

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