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Urszula Swierczynska da anni lavora come consulente per family office, fondazioni di famiglia e privati che svolgono attività di erogazione filantropica e investimenti ad alto impatto sociale e ambientale. Insieme a Carlo Mazzola, un donatore e investitore ad impatto, ha ultimamente co-creato, a Milano, un laboratorio della filantropia strategica per i donatori privati Spazio-SI. E’ inoltre parte della Faculty del Cottino Social Impact Campus, dove contribuisce al corso Filantropia e Impact Investing, un percorso formativo che si replicherà al Campus nel prossimo anno.
 
Per queste ragioni Swierczynska è la persona giusta con la quale interrogarsi sulle prospettive della filantropia strategica e su una figura professionale che in Italia poco conosciuta: quella di Philanthropy advisor. Swierczynska per più di dieci anni ha lavorato nell’ambito della cooperazione per diverse Organizzazioni internazionali (Nazioni Unite, Croce Rossa, ONG). Nel 2015 ha avviato una attività consulenziale, Philanthropoid, con sede a Milano, con l’obiettivo di aiutare i clienti a massimizzare l’impatto sociale e ambientale dei loro investimenti in progetti di utilità sociale. Co-vincintrice del Premio Italian Research in Philanthropy (2017), è anche membro del Philanthropy Impact (UK) e dello European Research Network on Philanthropy.
 
Come lei stessa ci dice: “Quello che mi ha sempre fatto pensare era che mentre ormai da qualche tempo esistono master universitari e corsi dedicati al fundraising (lato richiesta capitali), lo stesso approccio accademico purtroppo non viene usato per quanto riguarda l’erogazione filantropica (lato offerta). È come se per decidere quali progetti di utilità sociale sostenere non servissero competenze. Servono, eccome. Non tutti gli interventi generano un cambiamento sociale positivo, paradossalmente alcuni provocano anche danni. I donatori devono essere capaci di scegliere correttamente dove destinare le loro risorse. E per quello esiste un vasto mondo delle soluzioni per i donatori per rendere le loro donazioni efficaci. Io stessa ho avuto un modo di studiarli nel Regno Unito, all’università di Kent, dove era nato da pochissimo un corso di studi sulla filantropia. In Italia uno dei primi a pensare di creare questa possibilità è Cottino Social Impact Campus che mi aveva invitato a condividere le mie conoscenze. Mi fa piacere tornare a parlare di questi argomenti a me molto cari con voi dopo qualche tempo.
Dunque, cosa effettivamente fa un Philanthropy advisor? Sostanzialmente aiuta donatori a orientarsi nel mondo del non profit e a investire le proprie risorse in modo attento all’impatto sociale e ambientale delle proprie donazioni. Un lavoro di consulenza che corrisponde ad un processo lungo di conoscenza: a partire dalle esigenze del donatore che viene accompagnato a conoscere il mondo del non profit e della cooperazione, a distinguere i vari progetti e a riflettere sugli effetti sui beneficiari delle proprie donazioni.
 
Il concetto di filantropia strategica è proprio del mondo anglosassone, la sua applicazione incontra diversi ostacoli di natura culturale nel nostro paese, come sanno coloro che lavorano in questo settore. La stessa parola “filantropia” può essere vista con sospetto per due ordini di ragioni. Il primo ordine riguarda l’accusa di “filantrocapitalismo”, termine che nasce nell’ambito di un dibattito critico rispetto alle azioni filantropiche di grandi magnati come Bill Gates e Mark Zuckerberg. Il secondo ordini di ragioni può essere riassunto in quell’adagio molto diffuso nella cultura italiana: “il bene si fa, ma di nascosto!”.
Questi ostacoli di natura culturale non rendono però – per Urszula Swierczynska – meno necessario accompagnare e formare i possibili donatori: “Per coloro che sono interessati nel costruire il percorso filantropico strategicamente efficace e su misura abbiamo aperto Spazio-SI – un laboratorio virtuale e fisico per incontrarsi, discutere, ispirarsi e trovare le best practice nel mondo dell’impatto sociale. In Spazio-SI lavoriamo con le persone private che vogliono approcciare i temi del cambiamento sociale positivo in maniera strutturata e che vogliono impiegare parte del loro proprio patrimonio in azioni concrete che migliorino la vita di tutti. Lo facciamo valorizzando gli asset non solamente finanziari, ma anche intellettuali, relazionali e umani del donatore. Facciamo un po’ da guida nel labirinto dell’impatto sociale efficace”.
Si tratta dunque di una figura professionale relativamente nuova, che oggi occupa un settore molto piccolo ma che sta diventando più attraente e interessante. Per fare questo mestiere non basta conoscere il mondo della cooperazione e del Terzo Settore, bisogna conoscere anche il mondo dei finanziatori, avere gli strumenti per riconoscerne le motivazioni, aspettative e orientarli verso il risultato. Si tratta, in altre parole, di accompagnare i donatori nel coniugare mente e cuore, empatia e performance, nel fare filantropia. È infatti importante fare del bene, bene: ovvero essendo consapevoli dei risultati e dell’impatto delle proprie donazioni, per questa ragione è nato un movimento che si chiama “altruismo efficace” con lo scopo di favorire forme di filantropia evidence based. Per Swierczynska si tratta di un movimento estremamente interessante, ma è bene non dimenticare anche l’aspetto emotivo che è alla base dell’altruismo. Come dimostrato da James Andreoni, nell’atto di donare riceviamo una ricompensa emotiva, è la teoria del warm glow giving.
 
La ragionevolezza fondata sui dati deve quindi coniugarsi con la ricompensa emotiva. Allo stesso tempo, agire esclusivamente sulla base delle emozioni può rendere la filantropia inefficace. Un errore – quest’ultimo – che porta indietro negli anni ad una filantropia incapace di confrontarsi con il cambiamento sociale che potenzialmente può generare. 
 
Bisogna inoltre stare attenti a discorsi emotivi che fanno leva sugli stereotipi, pensiamo alle pubblicità che invitano a donare in Africa riproducendo immagini stereotipate di quel continente o di altri paesi del Sud: “Quanti sanno che ad Addis Abeba c’è una metropolitana più moderna di quella di Milano, quanti sanno delle start up sociali del Kenia, o degli avanzatissimi incubatori di giovani imprenditori in Pakistan?
 
Modernizzare il mondo della filantropia è dunque sempre più necessario, anche in Italia. In questo senso va il corso di Philanthropy e Impact Investing del Cottino Social Impact Campus, indirizzato a chi vuole approfondire i concetti e le evoluzioni della filantropia individuale e istituzionale ed esplorare il mondo degli investimenti ad impatto. Il corso, primo e unico corso internazionale lanciato in Italia su questi temi, è la base per la creazione di una learning community di persone che lavorano o vogliono lavorare nel mondo della filantropia, investitori e donatori, fondazioni, organizzazioni del terzo settore, investitori sociali, banche, philanthropy advisors, manager pubblici o privati, consulenti.
 
 
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