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In Olanda calerà il sipario sul Welfare State? Così parrebbe rileggendo le parole che il re dei Paesi Bassi Guglielmo Alessandro ha pronunciato il 18 settembre davanti al Parlamento in occasione dell’approvazione del bilancio per il 2014. Il discorso del sovrano, come normale in tutte le monarchie costituzionali, ha espresso le posizioni del governo nazionale, che pare deciso a continuare la politica di austerity che anche il Paese degli Orange si trova ormai costretto a dover applicare con sempre maggior rigore.

“Il classico Welfare State, quello sviluppatosi nella seconda metà del ventesimo secolo, ha portato ad accordi che sono insostenibili nella loro forma attuale. Così re Guglielmo Alessandro ha sintetizzato il problema che secondo il suo governo affligge lo Stato Sociale olandese. Quest’ultimo con le sue “regole e norme obsolete” ha spiegato il sovrano “si è sviluppato su un terreno che non può più sostenerlo”. Per questo il sistema deve trasformarsi, orientandosi verso quella che il re ha indicato come la “società della partecipazione”, dove ai cittadini sarà chiesto di “assumersi le proprie personali responsabilità, per la propria vita e quella di chi sta loro vicino”. In parole povere, nei prossimi mesi, lo Stato non garantirà più alcuni servizi, che dovranno essere necessariamente presi in mano dagli olandesi così come, secondo il governo, già avviene in diversi ambiti, come sicurezza sociale e long term care.

Il discorso del sovrano arriva alla vigilia dell’approvazione del bilancio per il 2014 che, nonostante le politiche di taglio e risparmio attuate a partire dal 2010, appare tutt’altro che semplice. La situazione economica dei Paesi Bassi negli ultimi mesi, infatti, non ha fatto passi avanti come si aspettavano gli analisti, tanto che il rapporto deficit-Pil dovrebbe sfondare il tetto imposto dall’Unione Europa e attestarsi al 3.3%, al di sopra del noto limite del 3%. Il dato rappresenta un campanello di allarme per il governo di coalizione – formato dai liberali del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia e dal Partito Laburista olandese – nonché uno smacco per il suo primo ministro, Mark Rutte. Quest’ultimo si è quasi sempre schierato al fianco di Angela Merkel nel sostenere le politiche di austerità promosse dall’UE, e non si è mai tirato indietro quando c’è stato da tirar le orecchie ai Paesi dell’area mediterranea. La scelta di andare a incidere sul “vecchio” Welfare State appare dunque una mossa per rimettere in ordine i conti e rientrare nei parametri di Maastricht il prima possibile, onde evitare possibili sanzioni da parte di Bruxelles.

Il governo senza dubbio non ha perso tempo: le parole pronunciate da Guglielmo Alessandro sono state seguite da fatti concreti ben prima di quanto ci si potesse aspettare. Nelle ultime ore il ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem ha infatti annunciato tagli al welfare per 6 miliardi di euro, che andranno a intaccare soprattutto l’assistenza sanitaria, e che sicuramente comporteranno maggior costi, economici e non solo, per i cittadini olandesi.

La politica intrapresa dall’esecutivo di Amsterdam evidentemente rappresenta una scelta discutibile, che rischia di determinare fratture sociali significative all’interno del Paese. L’arretramento dello Stato potrebbe infatti comportare importanti conseguenze per la popolazione olandese, in particolare per quella parte della classe media che, pur non potendo essere annoverata tra i poveri, da quando è iniziata la crisi economica si trova in situazione di malessere crescente. Se infatti le tutele per gli indigenti difficilmente verranno meno nonostante i tagli annunciati, una parte consistente di cittadini potrebbe scivolare in situazioni di disagio sociale finora inedite, incapaci di rispondere autonomamente ai propri bisogni sociali e nel contempo privi dei requisiti necessari per ottenere il sostegno minimo da parte delle istituzioni. In un momento in cui i rischi e bisogni dei cittadini si fanno più articolati e numerosi a causa della crisi che non passa, l’improvviso venir meno del settore pubblico in diversi ambiti in cui attualmente garantisce servizi potrebbe quindi rappresentare un ulteriore peso difficilmente sostenibile.

Allo stesso tempo, tuttavia, la maggiore responsabilizzazione della società civile potrebbe permettere a numerosi corpi intermedi di esprimere le proprie potenzialità. A condizione che il settore pubblico operi un disimpegno progressivo e non improvviso, e supporti adeguatamente la popolazione nel passaggio a un sistema meno incentrato su servizi di welfare garantiti unicamente dagli attori pubblici, l’Olanda potrebbe diventare un interessante laboratorio sociale a cui far riferimento. E’ per tale ragione che occorrerà dunque aspettare di capire come, quanto e con quali tempistiche lo Stato olandese diminuirà il proprio impegno in tema di politiche sociali, in modo da poter valutare anche l’emergere di concrete politiche di secondo welfare, non sostitutive dell’intervento pubblico ma capaci di integrarne le azioni. 

 

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