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E’ stata pubblicata in questi giorni l’indagine campionaria della Banca d’Italia I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2012. Se l’impoverimento generale è un dato negativo ma non inaspettato in una fase di recessione, ciò che invece appare più grave è l’aumento delle diseguaglianze – il 10 % delle famiglie più ricche possiede il 46,6 % della ricchezza netta familiare totale. Più penalizzate le nuove generazioni, colpite da un drastico calo del reddito medio e da un forte aumento del rischio povertà.

Famiglie impoverite e diseguali

Tra il 2010 e il 2012 le condizioni economiche delle famiglie intervistate sono peggiorate: il reddito familiare medio è calato in termini nominali del 7,3 per cento, quello equivalente del 6; la ricchezza media è diminuita del 6,9 per cento. I giudizi soggettivi formulati dagli intervistati segnalano il diffondersi di condizioni di difficoltà da parte delle famiglie negli ultimi anni. In questa indagine il 35,8 per cento delle famiglie ritiene che le proprie entrate siano insufficienti ad arrivare alla fine del mese (contro il 29,9 del 2010); nel 2004, primo anno in cui questo indicatore è stato rilevato, la corrispondente percentuale era del 24,3 per cento.
Accanto al deterioramento dei reddito, crescono anche le diseguaglianze: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6 % della ricchezza netta familiare totale (45,7% nel 2010). Se il 10% delle famiglie con il reddito più basso percepisce solo il 2,4% del totale dei redditi prodotti, il 10% di quelle con redditi più elevati percepisce una quota del reddito pari al 26,3%. Questo significa che la crisi non solo impoverisce le famiglie italiane, ma aumenta la polarizzazione sociale, minando l’equilibrio e la mobilità sociale.
La distribuzione dei redditi familiari presenta la consueta forma asimmetrica, con un addensamento sui redditi medio-bassi e una frequenza progressivamente meno elevata per i redditi più alti. Il 20% delle famiglie ha un reddito netto annuale inferiore a 14.457 euro (circa 1.200 euro al mese), mentre la metà ha un reddito superiore ai 24.590 euro (circa 2.000 euro al mese). Il 10% delle famiglie a più alto reddito percepisce più di 55.211 euro. La probabilità di trovarsi nel segmento più abbiente aumenta in modo significativo per le famiglie con capofamiglia laureato, con un’età compresa fra i 45 e i 64 anni, lavoratore autonomo o dirigente e residente nel Centro o nel Nord.


Redditi e condizione professionale

Il reddito equivalente (che si interpreta come il reddito di cui ciascun individuo dovrebbe disporre se vivesse da solo per raggiungere lo stesso tenore di vita che ha nella famiglia in cui
vive ed è quindi una misura pro-capite che tiene conto della dimensione e della struttura demografica della famiglia), è stato in media pari a circa 17.800 euro (1.500 euro al mese). L’indicatore è superiore per gli individui laureati (circa 2.350 euro al mese), i dirigenti (2.700 euro) e per gli imprenditori (2.550 euro), mentre gli operai, i residenti nel Mezzogiorno e i nati all’estero presentano valori medi inferiori (rispettivamente pari a circa 1.200, 1.100 e 950 euro al mese). In una posizione intermedia si collocano gli impiegati (1.900 euro), gli altri lavoratori autonomi (1.700 euro) e i pensionati (1.700 euro).
Tra il 2010 e il 2012 il deterioramento delle condizioni economiche, in termini di reddito equivalente, è stato più accentuato per i lavoratori indipendenti rispetto a quelli dei dipendenti e delle persone in condizione non professionale (ad esclusione dei pensionati, le cui condizioni sono invece migliorate). Nel periodo compreso tra il 1991 e il 2012, tuttavia, la posizione relativa dei lavoratori indipendenti ha registrato un miglioramento – nonostante quindi la flessione nell’ultimo biennio – mentre la posizione dei lavoratori dipendenti è complessivamente peggiorata (Figura 1).

Figura 1 – Reddito equivalente per condizione professionale


 

Fonte: Banca d’Italia, 2014.

Tra il 2010 e il 2012, inoltre, la diminuzione del reddito equivalente è stata più rilevante al Nord e al Centro e meno al Sud e Isole, che evidentemente, data la condizione di “cronicità”, risultano meno penalizzati dalla crisi in termini relativi. I redditi equivalenti nel Centro-Nord sono più elevati di quelli nel Sud e Isole di circa il 50 % (Figura 2).

Figura 2- Reddito equivalente per area geografica


Fonte: Banca d’Italia 2014.

Un problema generazionale

L’indagine conferma la presenza di un problema generazionale nel Paese, dove il processo di impoverimento va soprattutto ai danni delle nuove generazioni. Il redito equivalente passa infatti dai 1.250 euro al mese per i soggetti fino a 18 anni ai 1.800 euro per gli individui di età compresa tra i 55 e i 64 anni. Inoltre, nell’arco del passato ventennio il reddito equivalente degli individui anziani è passato, in termini relativi, dal 95 al 114 per cento della media generale. Anche la posizione relativa delle persone fra 55 e 64 anni è migliorata (+18 punti percentuali). Per le classi di età più giovani, invece, il reddito equivalente è diventato significativamente più basso della media: il calo è stato di circa 15 punti percentuali per la classe di età fra 19 e 35 anni e di circa 12 punti percentuali per quella tra 35 e 44 anni (Figura 3).

Figura 3 – Reddito equivalente per classe di età


Fonte: Banca d’Italia 2014.

La quota di individui che, secondo i criteri usualmente adottati, sono definiti “a basso reddito”, sono aumentati soprattutto nella fascia fra 19 e 34 anni e fra quelli fino a 18 anni (rispettivamente 11,2 e 9,7 punti percentuali) mentre tra i soggetti con oltre 64 anni si registra una diminuzione di 2,8 punti (Figura 4).

Figura 4- Individui al di sotto della soglia di povertà per classe di età


Fonte: Banca d’Italia 2014.

 

Riferimenti 

L’indagine della Banca d’Italia

 

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