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L’Alleanza ha diffuso un documento contenete una serie di proposte per la modifica del Decreto n. 4 del 28 gennaio 2019 sul Reddito di Cittadinanza (RdC). Le proposte sono state elaborate a partire dal riesame dei testi illustrati – sia dall’Alleanza stessa, sia dalle singoli organizzazioni che la compongono – durante le audizioni presso la XI Commissione Lavoro del Senato che si sono tenute il 4, 5 e 6 febbraio scorsi (si veda qui).  Come chiarito dall’Alleanza, il documento contiene proposte, articolate attorno a 10 obiettivi, che sono coerenti con il disegno del RdC e potrebbero quindi rafforzarlo. Le analizziamo brevemente di seguito.


Mantenere i “punti unici di accesso”

Il primo obiettivo è quello di massimizzare la possibilità di ricevere informazione e orientamento sul RdC in una fase, come quella di avvio, che sarà inevitabilmente complessa. Secondo l’Alleanza è necessario evitare il sovraccarico da parte dei soggetti deputati alla ricezione delle domande, ovvero i Caf e le Poste. A tal fine si propone di mantenere i Punti Unici di Accesso comunali, che erano stati previsti dal Reddito di Inclusione (REI), adattandone le funzioni al RdC.

Poiché difficilmente le Poste e i Caf potranno rispondere autonomamente alle innumerevoli richieste di informazioni che si presenteranno nel periodo di introduzione della misura, è ragionevole attendersi che un certo numero di queste giungerà comunque ai Comuni. Proprio per questo, i Punti Unici potrebbero svolgere la funzione di orientamento e informazione sui passaggi da compiere, in modo particolare per gli utenti indirizzati al percorso di inclusione sociale, di responsabilità dei Comuni.


Un percorso specifico per ogni famiglia

Rispetto ai percorsi che si accompagnano al beneficio economico, due sono gli obietti. Il primo è quello di suddividere i nuclei aventi diritto al RdC  tenendo conto della multidimensionalità della povertà e delle condizioni dei diversi componenti della famiglia.

Il secondo obiettivo è quello di concentrare lo sforzo dei servizi – che al momento non sono adeguatamente strutturati per seguire tutti gli utenti – verso quanti ne potranno trarre maggiore beneficio. In linea con questi due obiettivi, l’Alleanza propone di:

  • modificare gli attuali criteri utilizzati (basati esclusivamente sul pronostico di occupabilità dei componenti adulti del nucleo) per determinare l’invio ad uno dei percorsi indicati e prendere in considerazione anche il profilo socio-anagrafico del nucleo e le condizioni di tutti i suoi componenti;
  • inviare ai Comuni tutte le famiglie che hanno già beneficiato REI in modo da evitare la duplicazione dei percorsi. Farebbero eccezione quelle coinvolte esclusivamente nell’inclusione lavorativa;
  • poiché, nel breve periodo, difficilmente Centri per l’impiego (Cpi) e Comuni potranno prendere in carico l’intera platea dei beneficiari, l’Alleanza ritiene necessario determinare un ordine di priorità temporale nell’invio ai servizi, così da massimizzare i benefici effetti della fruizione dei servizi;
  • prevedere la possibilità di ridefinire – per via amministrativa e senza dover ricorrere a un nuovo intervento legislativo – i criteri di suddivisione tra i percorsi al termine del 2019;
  • rendere disponibili le stime del Governo relative al numero delle famiglie inviate a ciascun percorso.


Percorsi flessibili nel corso del tempo

Di seguito, l’Alleanza chiede la possibilità di definire percorsi flessibili all’interno dei quali il nucleo, o i singoli componenti in carico al Comune o al Centro per l’impiego, possano ricorrere (anche) agli interventi previsti dall’altro soggetto, nell’ambito di una progettazione integrata delle risposte. In questo ambito, le proposte specifiche riguardano:

  • rafforzare le possibilità di ricevere servizi e interventi sociali per i componenti dei nuclei che approdano ai Cpi;
  • definire delle linee guida per il coordinamento tra Cpi e Servizi Sociali Comunali;
  • prevedere che, a partire dalle linee guida, ogni Regione individui modalità organizzative utili a garantire valutazioni integrate di carattere lavorativo e sociale, anche mediante protocolli o unità valutative specificamente dedicate.


Costruire risposte integrate

L’obiettivo di questi suggerimenti vuole essere quello di rafforzare le modalità di collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti a vario titolo nella lotta alla povertà, al fine di costruire risposte integrate. Si tratterebbe di continuare nel percorso previsto dal REI. Per questa ragione le proposte dell’Alleanza riguardano aspetti già presenti nel D. Lgs. 147/17, come:

  • prevedere che le attività legate al RdC siano realizzate a livello di Ambito Territoriale (Comuni associati);
  • prevedere che i Comuni assicurino il coinvolgimento del terzo settore, delle parti sociali, delle forze produttive del territorio e della comunità territoriale nelle attività di promozione degli interventi di lotta alla povertà;
  • prevedere maggiori occasioni di confronto e collaborazione tra le Regioni e lo Stato nei diversi passaggi legati all’implementazione della misura;
  • armonizzare l’erogazione del RdC con le misure regionali di contrasto alla povertà;
  • reintrodurre il “Comitato per la lotta alla povertà” e l’”Osservatorio per la lotta alla povertà”. La presenza di questi organi è necessaria per favorire il confronto tra i diversi livelli istituzionali (Comitato) e per valorizzare il punto di vista dei soggetti sociali (Osservatorio).


Senza programmazione, non c’è governo

Si suggerisce poi di introdurre un sistema che coinvolga i diversi livelli di governo (Stato-Regioni-Ambiti Territoriali) nella determinazione degli obiettivi, nella loro attuazione e nella successiva verifica. Ciò sarebbe necessario per governare un fenomeno complesso come l’attuazione del RdC; proprio per questo, cercando di sfruttare l’esperienza compiuta sinora con il REI, si potrebbe riprendere quanto previsto dal D. Lgs. 147/17. In particolare, si suggerisce di:

  • prevedere un ruolo programmatorio dello Stato rispetto all’utilizzo delle risorse destinate ai servizi. Una programmazione di questo tipo permette di definire obiettivi condivisi per l’intero territorio nazionale;
  • prevedere un ruolo per le Regioni nella programmazione dei servizi territoriali necessari all’attuazione del RdC;
  • prevedere un ruolo per le Regioni nella promozione della collaborazione tra i diversi attori pubblici coinvolti, a livello territoriale, nell’attuazione del RdC (servizi sociali, CpI, istruzione, politiche abitative e salute) così come tra questi e le realtà associative e del terzo settore;
  • prevedere un utilizzo delle risorse a livello di Ambito Territoriale attraverso i Piani territoriali di contrasto alla povertà.


Una strategia per l’occupazione nel sociale

In materia di occupazione degli operatori, l’attenzione si è sinora concentrata su quelli impegnati nella promozione dell’inclusione lavorativa presso i Cpi (i cosiddetti navigator). Tuttavia, è necessario mettere in campo anche una strategia organica per incrementare l’occupazione degli operatori sociali comunali impegnati nella definizione dei percorsi di inclusione sociale. I fondi sono disponibili: la sfida consiste nell’assicurare il loro utilizzo allo scopo di assumere un numero adeguato di operatori sociali, con opportune qualificazioni e configurazioni contrattuali. Nel dettaglio le proposte mirano a:

  • assicurare ai Comuni, in tempi brevi, tutte le risorse utilizzabili. In particolare, i Comuni devono poter disporre insieme ai Fondi servizi sociali REI 2018 (si veda qui) e di quelli per il 2019. Deve inoltre essere garantita la continuità nell’assegnazione delle risorse all’avviso 3/2016 FSE-PON per il secondo triennio (2019-2021);
  • estendere le possibilità per i Comuni di procedere con le assunzioni del personale. In particolare, sarebbe necessario ampliare la possibilità di assumere, in deroga ai vincoli previsti per gli Enti Locali;
  • prevedere la possibilità di assumere il nuovo personale a tempo indeterminato;
  • prevedere la possibilità di utilizzare una quota minoritaria delle risorse, per l’assunzione di altri operatori sociali qualificati e di personale tecnico-amministrativo;
  • costituire un tavolo permanente  Stato-Anci per monitorare le assunzioni negli Enti Locali.


Utili alla collettività, utili a sé stessi

Si chiede poi di migliorare la qualità dei progetti di utilità sociale, controllandone i rischi, valorizzandone le potenzialità e incrementandone la fattibilità. In particolare, l’Alleanza chiede di:

  • precisare che i progetti non devono essere sostitutivi di attività retribuite;
  • chiarire che il coinvolgimento degli utenti RdC in questi progetti ha natura temporanea;
  • rendere il vincolo delle 8 ore settimanali flessibile, in base ai differenti profili di progetti e di utenti;
  • rimandare a un successivo atto di dettaglio (da costruire con Regioni e Comuni) gli innumerevoli aspetti applicativi.

Valutazione e trasparenza

Sul fronte della valutazione e della trasparenza, l’Alleanza sottolinea l’importanza di introdurre processi di valutazione accanto a quelli di monitoraggio della misura. Puntare esclusivamente sul monitoraggio significa infatti limitare la possibilità di comprendere “cosa sta funzionando e cosa no” e, di conseguenza, come avviare opportune correzioni e modifiche. A tale fine, sarebbe opportuno istituire un organismo tecnico-scientifico composto da esperti, che operi in piena autonomia e gestisca i processi di raccolta dell’evidenza empirica sul funzionamento del RdC. In tutto dovrebbero essere destinati 2,5 milioni di euro, provenienti dal Fondo per il RdC, per tale scopo.

Per una valutazione adeguata, secondo l’Alleanza devono essere identificati e definiti indicatori quantitativi, da verificare nel tempo, sia per la parte di sostegno al reddito sia per quella dei percorsi di inclusione. Inoltre, è importante prevedere che i dati riguardanti i beneficiari, ricavati attraverso le piattaforme digitali per l’implementazione del RdC, siano resi disponibili per realizzare analisi indipendenti.

Riconoscere la realtà delle persone senza dimora

Rispetto alla questione dei senza dimora, l’Alleanza sostiene e rilancia le proposte avanzate dalla FIO-PSD (Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora) che mirano a far sì che il RdC tenga conto delle effettive condizioni delle persone senza dimora nell’accesso alla misura e nei successivi passaggi.  Non prevedere interventi volti a includere tali soggetti tra i beneficiari della misura, contribuirebbe a creare una situazione paradossale, in cui si vanno a discriminare le situazioni di disagio maggiore, rafforzando la disuguaglianza sociale.


La sicurezza degli operatori

Infine, rispetto alla situazione degli operatori, l’Alleanza sostiene la proposta del Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali (CNOASS) finalizzata ad incrementare la sicurezza di professionisti ed operatori coinvolti nel RdC.