Nel 2010 l’Unione Europea lanciava la Strategia Europa 2020, un insieme di azioni, priorità e risultati da raggiungere entro l’anno 2020 per rendere l’Europa più inclusiva e coesa. Un modello di crescita sostenibile che andasse oltre la sola crescita del PIL. Il box 1 ricapitola sinteticamente gli obiettivi da raggiungere e le così dette “flagship initiatives”, sette aree privilegiate di intervento su cui è necessario che gli Stati Membri lavorino per portare a termine con successo la strategia di “crescita inclusiva” dell’UE.
Box 1 I 5 obiettivi da raggiungere entro il 2020
Le 7 “flagship initiatives”, aree di intervento prioritarie Crescita intelligente: Crescita sostenibile: Crescita solidale: Per conoscere nel dettaglio i contenuti di ciascuna rimandiamo al sito della Commissione europea. |
Lo scorso 5 marzo la Commissione Europea ha pubblicato la comunicazione “Taking stock of the Europe 2020 strategy” per fare il punto sullo sviluppo delle azioni che fanno parte del piano strategico a distanza di quattro anni dal suo avvio.
Il ruolo di “convergence machine” – macchina di convergenza socio-economica tra gli Stati Membri – che l’Unione Europea ha avuto per decenni è stato ostacolato, se non addirittura in alcuni casi vanificato, dagli effetti della crisi economica che, nel 2009, ha prodotto in Europa una contrazione del PIL del 4,5%. Per questo le ragioni che hanno spinto all’implementazione della strategia Europa 2020 – conclude l’analisi della Commissione – sono valide oggi tanto quanto lo erano nel 2010. Se gli Stati Membri si sono avvicinati ai livelli prestabiliti negli ambiti dell’istruzione e della sostenibilità energetica, non sono stati altrettanto soddisfacenti i risultati ottenuti nelle aree dell’occupazione, della ricerca e sviluppo e della lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
“È importante tenere a mente – ammonisce la Commissione – che il tentativo di tornare al modello di crescita precedente la crisi sarebbe non solo irrealizzabile ma anche dannoso: problemi fiscali; “bolle” edilizie; crescenti disuguaglianze sociali; mancanza di sufficiente imprenditorialità e innovazione; sistemi finanziari disfunzionali; crescente dipendenza energetica; pressioni sullo sfruttamento delle risorse e dell’ambiente; drastico aumento della disoccupazione; debolezza del sistema educativo e di formazione professionale; amministrazioni pubbliche inefficienti”. La strategia Europa 2020 chiama i governi nazionali alla costruzione di un nuovo modello di “crescita sostenibile” che non reiteri gli sbagli dell’economia pre-crisi.
Tornando a considerare il PIL dell’UE, la figura 1 mostra per i prossimi anni uno scenario di lenta ripresa economica, con un aumento del PIL del 1,3% annuo. Come mostra il grafico, nel 2014 il PIL dovrebbe tornare al livello del 2008, anche se le conseguenze di lungo periodo della crisi continueranno a farsi sentire in termini di ridotto potenziale di crescita a causa della perdita di lavoro, capitale umano e tessuto imprenditoriale.
Figura 1. Il PIL reale dell’UE e dell’area Euro, anni 2000-2020
Fonte: Comunicazione della Commissione europea “Taking stock of the Europe 2020 strategy”, p. 6.
La sostenibilità finanziaria dell’Europa è ancora a rischio. Nonostante il miglioramento del deficit pubblico dei governi, che nel 2015 sarà del 2,7%, a fronte del 6,5% del 2010, il debito privato – di cittadini e aziende – rimane in alcuni paesi marcatamente alto. In alcune regioni dell’Euro l’accesso al credito rimane molto difficoltoso, e la recente stabilizzazione del settore finanziario fatica a tradursi in miglioramenti dell’economia reale.
Povertà e disoccupazione sono in aumento. La disoccupazione in Europa ha toccato il picco del 10,9% nel 2013 e ancora nel 2015 è prevista al 10,4%. Ci sono però grande frammentazione differenziazione/disparità? geografica – dal 5% dell’Austria al 27,6% della Grecia (dati 2013) – e acute differenze in base alle classi di età: over-55 e giovani sono le categorie più in difficoltà, con una disoccupazione giovanile media del 23,3%, che tocca però in paesi come la Grecia e la Spagna picchi del 59,2% e 55,7% rispettivamente. I NEET – giovani che non lavorano, non studiano e non sono in formazione –erano nel 2012 il 13,2% dei giovani europei. La disuguaglianza sociale tra i cittadini e le differenze nei livelli di performance socio-economica tra i diversi Stati Membri sono in preoccupante ascesa.
Sono due le principali trasformazioni della società europea che devono ispirare il proseguimento della strategia Europa 2020: l’invecchiamento demografico, che limita la competitività dell’economia e rende preziosa l’immigrazione, e la sempre più iniqua distribuzione della ricchezza. L’Europa deve ricominciare a vedere il processo di globalizzazione dei mercati come un’opportunità per il proprio sistema produttivo e saper approfittare meglio dell’innovazione tecnologica, con sempre maggiore attenzione a un utilizzo corretto e sostenibile delle risorse naturali.
Il progresso dei paesi europei verso i target della strategia Europa 2020 è stato altalenante, con importanti differenze tra paesi e ambiti di lavoro. Su di esso poi ha influito drammaticamente la crisi economica, colpendo in tutta Europa la sfera occupazionale e accrescendo le diseguaglianze sociali. La crisi ha anche esacerbato le differenze tra gli Stati Membri mettendo in luce il diverso grado di tempestività della “policy response” dei governi. In base a queste prime valutazioni, la Commissione stima che nel 2020:
- il tasso di occupazione sarà salito al 72%, a fronte del 68,4% del 2012 (il target Europa 2020 è 75%);
- il target che prevede un investimento in ricerca e sviluppo pari al 3% del PIL – nel 2012 al 2,06% – non sarà probabilmente soddisfatto;
- i target di riferimento per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse e l’emissione di gas inquinanti saranno probabilmente soddisfatti, a fronte dei già evidenti progressi;
- i target scolastici, che prevedono di ridurre a meno del 10% la percentuale di minori che lascia la scuola e l’aumento dei giovani tra i 30 e i 34 anni con istruzione terziaria fino al 40% della popolazione di riferimento sono – secondo la Commissione – ampiamente raggiungibili.
La vera nota dolente è costituita dall’ultimo target, quello che prevede di risollevare 20 milioni di cittadini dal rischio di povertà ed esclusione sociale. Questi ultimi, che erano 114 milioni di individui nel 2009, sono diventati ben 124 milioni del 2012. In base a questi dati, e alla mancanza di elementi che possano indicare un miglioramento della situazione nei prossimi anni, è probabile che il loro numero si aggirerà intorno ai 100 milioni di persone anche nel 2020, contro il target prefissato a 94,6 milioni (per approfondire il tema, si rimanda alla ricerca europea COPE – Combating Poverty in Europe)
Sebbene l’analisi non contenga a questo stadio alcuna raccomandazione di policy, il prossimo passo della Commissione sarà l’apertura di una consultazione pubblica indirizzata a tutti gli attori coinvolti perché, sulla base di questi primi risultati, presentino indicazioni e proposte. Al termine della consultazione la Commissione procederà, all’inizio del 2015, alla formulazione delle proposte per il proseguimento della strategia Europa 2020.
Riferimenti
La comunicazione della Commissione europea “Taking stock of the Europe 2020 strategy”
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