Il World Economic Forum ha pubblicato il Global Gender Gap Report 2014, che stima il gap di genere in 142 paesi focalizzandosi su 4 macroaree: istruzione, salute, partecipazione al sistema economico, partecipazione politica. Pubblicato annualmente, consente anche di valutare i progressi, o i regressi compiuti in materia, offrendo importanti indicazioni di policy.
Il gap italiano
La situazione italiana migliora leggermente rispetto allo scorso anno, salendo dalla 71esima alla 69esima posizione, con un indice di 0.697 (per comprendere i dati, consideriamo che l’indice stimato può assumere un valore compreso tra 0, ineguaglianza, e 1, uguaglianza). Questo a livello generale, ma analizzando le singole aree, i risultati variano sensibilmente.
Innanzitutto sul fronte della partecipazione femminile/opportunità nel settore economico, dove ci posizioniamo al 114esimo posto e addirittura al 129esimo circa la parità salariale, con un reddito medio femminile che è quasi la metà di quello maschile (22.848 contro 40.000 dollari è la stima effettuata), a conferma di quanto ancora deve essere fatto per una piena inclusione delle donne nel sistema produttivo italiano e nella distribuzione della ricchezza. Non solo, questo dato è in costante peggioramento dal 2008. Va meglio invece nel settore dell’istruzione, dove siamo al 62esimo posto, ma con un indice dello 0.99, ovvero prossimo all’uguaglianza. Anzi, le donne sorpassano gli uomini nell’istruzione superiore e universitaria, in quest’ultimo caso di addirittura 22 punti.
Anche per quanto riguarda salute e aspettativa di vita le condizioni complessive sono piuttosto buone: 70esimo posto ma con un indice di 0,97. Altro tasto dolente, infine, è la partecipazione politica. Certo, siamo abbastanza alti in classifica – al 37esimo posto -, ma solo perché il livello medio globale è molto basso. L’indice italiano si attesta infatti sullo 0.248, poiché la componente femminile in Parlamento e al Governo è esigua e non abbiamo mai avuto un capo di Stato né di Governo donna. C’è però una buona notizia: questa voce sta segnando un netto e costante miglioramento negli anni (solo nel 2007 l’indice era 0.087).
Quali suggerimenti di policy?
I dati confermano che il perseguimento dell’uguaglianza di genere è un obiettivo che non si costruisce spontaneamente, ma richiede policy mirate che da una parte riconoscano e affermino specifici diritti e dall’altra, conseguentemente, producano servizi. Non è un caso, infatti, che ci si avvicini all’uguaglianza nei settori dell’istruzione e della salute, dove siamo in presenza di un sistema di servizi che – per quanto in sofferenza – restano piuttosto generosi e universalmente accessibili, mentre le disparità aumentino nell’ambito della partecipazione al sistema economico, dove i servizi sono scarsi, dove sarebbero necessari interventi correttivi, politiche per la flessibilità, per la conciliazione e la cura.
Perché appare chiaro che siamo in presenza di un sistema distorto in cui, finché possono, le donne si emancipano (e i dati sull’istruzione lo dimostrano), ma esiste un punto, generalmente coincidente con l’ingresso nel mondo del lavoro o con la nascita di un figlio, in cui questo percorso viene interrotto, come se il sistema produttivo non fosse ancora in grado di includere la componente femminile della società. Ecco perché i Paesi dove il gender gap è minore sono quelli del Nord, che hanno politiche familiari solide e politiche del lavoro flessibili.
Riferimenti
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