CGIL, con il sostegno di Fondazione Di Vittorio, ha pubblicato il report “La contrattazione di secondo livello al tempo del Covid-19” che offre alcuni dati interessanti sull’evoluzione del dialogo tra le parti sociali nell’anno della pandemia e, in particolare, sulla contrattazione degli istituti di welfare aziendale.
La contrattazione del welfare nell’anno del Covid-19
Il report, che in totale analizza 215 contratti aziendali stipulati in tutto il territorio italiano, evidenzia come quasi la metà degli accordi regolamenti l’organizzazione del lavoro – soprattutto smart working – e l’orario di lavoro, mentre in misura minore sono previste misure legate alla sicurezza e alla salute sull’ambiente lavorativo e al trattamento delle crisi aziendali.
Il welfare aziendale non sembra invece essere un elemente ricorrente in questi accordi: in totale sono solo 20 le intese analizzate che prevedono benefit e servizi per i dipendenti. I ricercatori che hanno realizzato il report spiegano che tali dati appaiono comunque parziali. Come si legge a pagina 29 del documento, infatti, “secondo le valutazioni di alcuni osservatori (soggetti di ricerca, organizzazioni delle imprese e fornitori di servizi di welfare aziendale, etc.) il ruolo del welfare integrativo, specie a livello aziendale, si sarebbe rilevato determinante nella fase pandemica. Una valutazione circa la sua effettiva diffusione risulta complessa alla luce dei soli documenti raccolti, dal momento che diverse iniziative possono essere realizzate anche al di fuori di accordi collettivi”.
Inoltre, viene sottolineato come, nel campo del welfare, un ruolo strategico nel corso del 2020 è stato svolto dagli enti bilaterali e dai fondi sanitari integrativi, che – come anche noi vi abbiamo riportato – molto spesso hanno introdotto trattamenti aggiuntivi in caso di contagio da Covid, ricovero o quarantena. Alcune di queste organizzazioni, come gli enti dell’artigianato (FSBA) e della piccola e media industria (ENFEA), hanno anche previsto contributi d’emergenza a favore della Protezione civile e del Servizio Sanitario Nazionale.
Tra gli accordi più interessanti che prevedono welfare il report segnala quello del Gruppo Poste, che predispone una verifica dei bisogni dei lavoratori, dell’azienda svedese Ikea, che prevede l’anticipo della tredicesima e quattordicesima mensilità, e l’integrativo di Vodafone, che istituisce delle convenzioni con asili nido per agevolare la conciliazione dei lavoratori e delle lavoratrici con figli piccoli.
La contrattazione delle misure di conciliazione vita-lavoro
Il report analizza nel dettaglio anche quegli accordi che prevedono misure di conciliazione vita-lavoro. In totale sono 37 i contratti che contengono clausole che riguardano congedi e permessi straordinari per i lavoratori con figli minori, altri strumenti di parental leave (come il “fondo ore solidarietà”) e forme sperimentali di permessi solidali. Questi meccanismi consentono ai lavoratori di donare una parte dei loro permessi (o ferie) maturati e non goduti a favore di colleghi impossibilitati a lavorare per cause organizzative dovute alla pandemia.
Alcuni di questi contratti integrativi prevedono poi l’estensione dello smart working per donne in gravidanza, genitori con figli piccoli o in DAD e lavoratori fragili. Tra le aziende più attive in questo campo si segnalano Gucci, Barilla, Ubi Banca, Luxottica, Enel, Whirpool Emea, Philip Morris, Electrolux, Olivetti, Gruppo Terna, Mediatica e Telecom.
In generale queste misure si sono rivelate un aiuto concreto a tutti coloro che, a causa dell’interruzione delle attività scolastiche e dei servizi e dalla loro ripresa “a singhiozzo”, hanno dovuto conciliari a situazioni familiari complesse e carichi di lavoro sempre più consistenti.
Le difficoltà nella rilevazione del welfare aziendale
I dati espressi dal report e qui brevemente riportati evidenziano, ancora una volta, come ci siano chiare difficoltà nella rilevazione del welfare aziendale. Ciò è in parte riconducibile alla definizione dettata dalla normativa fiscale, che rende complesso stabilire concretamente quali prestazioni possano essere racchiuse sotto questo concetto. Come visto, ad esempio, il rapporto curato dalla Fondazione Di Vittorio tratta in maniera separata i temi del welfare e della conciliazione vita-lavoro. Considerando quelli che sono i loro fini, questi strumenti sono però molto spesso analizzati congiuntamente da molte altre indagini, come quella dell’Osservatorio di Cisl oppure Welfare Index PMI. Trattandosi di dinamiche i cui obiettivi e modalità operative sono spesso sovrapponibili, limitarsi quindi alla sola dimensione fiscale e normativa può apparire riduttivo.
Inoltre, come già evidenziato, le aziende hanno la possibilità di introdurre misure di welfare per i propri dipendenti anche senza il coinvolgimento delle parti sociali, attraverso strumenti come il regolamento aziendale o l’atto unilaterale. Avere una stima precisa dei numeri e dei contenuti di questi regolamenti è assai complesso, dato che non esiste ancora una banca dati che aggreghi le informazioni che spesso si limitano ad ambiti locali specifici e/o a singoli settori/comparti.
Proprio per queste ragioni, come spesso abbiamo sottolineato, sarebbe auspicabile promuovere la realizzazione di uno strumento di portata nazionale per consentire a tutte le aziende che prevedono misure di welfare – contrattato o meno – di formalizzare le loro iniziative. Attraverso una piattaforma, magari gestita proprio dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – così come già accade per gli accordi che prevedono forme premiali – sarebbe così possibile conoscere la concreta diffusione del fenomeno e, di conseguenza, stimare l’impatto sociale del welfare aziendale per tutto il Sistema Paese. Ciò sarebbe essenziale anche per dirimere la questione circa il rapporto tra costi (soprattutto legati alla tax expenditure) e benefici di queste prestazioni su cui spesso torna il dibattito (ne avevamo parlato qualche tempo fa in questo contributo) senza però avere a disposizione dati certi da cui partire.
Riferimenti
Report "La contrattazione di secondo livello al tempo del Covid"