La violenza economica tra le espressioni discriminatorie contro le donne è la più subdola e nascosta. Purtroppo è anche la più diffusa. Consapevoli dell’importanza dell’argomento e determinate a sviscerarne gli aspetti più reconditi, due associazioni ferraresi – Cds (Centro Documentazione Studi) Cultura Odv, un’organizzazione di volontariato a vocazione di studio e ricerca prevalentemente in ambito socio-economico, e Centro Donna Giustizia, un Centro Antiviolenza da sempre impegnato nella prevenzione e nel contrasto alle violenze sulle donne – hanno deciso di onorare la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne dello scorso 25 novembre condividendo un comune impegno progettuale dedicato alla violenza economica. Tale impegno si è concretizzato in un percorso complesso svoltosi tra novembre 2020 e febbraio 2021 e composto da cinque incontri tematici, un convegno e quattro interviste a esponenti del ferrarese e realtà territoriali limitrofe. Il progetto ha avuto i patrocini di ASviS, Comune e Provincia di Ferrara e Regione Emilia-Romagna. All’organizzazione del percorso hanno partecipato anche UDI e CGIL, CISL e UIL.
Gli atti del progetto (disponibili qui) raccontano il contributo di 34 relatrici e relatori in una insolita proposta “multimediale” di fruizione, tra la lettura e l’ascolto, grazie agli inserti audio-video delle registrazioni degli incontri, effettuate sulla piattaforma Zoom e trasmesse in diretta su social e YouTube.
I temi affrontati e l’origine del progetto
Gli ambiti di approfondimento sono stati molteplici: violenza economica in famiglia, nel mondo del lavoro, nella politica, nel sindacato, nella legislazione, nell’accesso al credito, senza trascurare l’aspetto storico e socio-culturale della sua genesi.
Fin dalle prime riflessioni è stato evidente che la violenza contro le donne, da sempre risultato di asimmetrie di potere e di ricattabilità, diventa violenza economica quando nelle relazioni intime e familiari si verifica una privazione dell’autonomia finanziaria. Nella sfera pubblico-sociale si manifesta attraverso la disparità salariale e di opportunità di carriera, attraverso la persistenza di stereotipi che marginalizzano il ruolo delle donne e le allontanano dal mondo del lavoro ostacolandone l’autonomia economica, quando è sprone ad un ritorno “naturale” al mondo della casa.
È stato questo il punto di partenza del progetto: il bisogno di una riflessione corale sulla consapevolezza della necessità di un cambiamento e di una messa in discussione del potere tradizionale maschile. In una società come la nostra, che persegue la parità di genere, questo potere tradizionale risulta anacronistico e penalizzante dal punto di vista economico. Il cambiamento auspicato deve interessare anche le abitudini sociali: nel pensiero, nel linguaggio, nella condivisione di un empowerment maggiore delle donne per raggiungere, anche in ambito economico. Un riconoscimento che affranchi dalla marginalità, che renda evidente l’esposizione alle violenze che questo clima culturale genera e che sia il volano di un maggior protagonismo.
Il primo passo è stato “definire il perimetro”
Ecco come l’avvio dei lavori ha segnato, con le parole di Tina Anselmi, il “taglio” che ha poi caratterizzato tutto l’impianto progettuale: “Forse è azzardato o radicale dire che gli uomini hanno fallito. Ma certo non si può non tener conto che la crisi attuale della nostra società che è di valori, di rappresentanza, addirittura di democrazia, sia la crisi di un modello di una gestione nella quale le donne sono state assenti o marginali. Vogliamo dunque esserci perché la ricchezza della società è nel valorizzare il contributo di ogni persona e ogni persona ha il diritto/dovere di dare il suo contributo alla crescita della società”.
Un viatico importante a definire un impegno che, alla luce della situazione contingente, si presenta critico: pandemia e crisi economica hanno determinato e stanno determinando gravi ripercussioni specialmente in tema di lavoro e di lavoro delle donne in particolare, come ha rilevato recentemente anche l’Istat (ne avevamo parlato in questo articolo, NdR).
A fronte di un evento pandemico che ha aggravato una crisi economica e occupazionale già presente (e già fortemente sbilanciata in termini di genere) non sono più sufficienti né le lontane parole di Tina Anselmi, né quelle più vicine di Ursula von der Leyen: “la parità tra donne e uomini è un valore fondamentale dell’Unione europea” e “la promozione della parità tra uomo e donna spetta all’Unione in tutte le attività che le competono in virtù dei trattati”. Serve un’azione più concreta e incisiva.
Elementi chiave, protagonisti e strumenti
Questi gli elementi chiave del percorso: 1) l’attenzione al contrasto alla violenza sulle donne, presente maggiormente nel Centro Antiviolenza Donna Giustizia; 2) il focus in chiave economica, presente maggiormente nell’Associazione Cds Cultura; 3) il richiamo alla “Parità di Genere” del Goal 5 dell’Agenda 2030 che, unitamente agli altri 16 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’ONU, persegue e fa propri gli elementi identitari alla base dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
Questi elementi chiave sono diventati una guida per la progettazione degli approfondimenti tematici: 1) Violenza economica: una “storia” che parte da lontano; 2) La violenza anche come risultato di un gap culturale: il peso degli stereotipi – Conciliazione vs Condivisione; 3) Imprenditoria vs imprenditività: regole vs creatività; 4) Lavoro e smart working: evoluzione o involuzione?; 5) La violenza economica sulle donne: lavoro – welfare – diritti. Analisi, riflessioni e azioni ai tempi del coronavirus.
Nella realizzazione di questi approfondimenti sono stati coinvolti esperti, studiose, esponenti del mondo del lavoro e della politica. Tra questi sono stati interpellati: rappresentanti delle due associazioni organizzatrici, dell’ASviS e dell’UDI; politici e politiche di livello europeo, nazionale, regionale e comunale; docenti universitari/e di diverse materie (diritto, economia, sociologia); rappresentanti di associazioni di categoria, datoriali e sindacali di rilievo territoriale e nazionale.
Le interviste “territoriali”: un’attualizzazione dello scenario
A completare queste analisi, si sono aggiunte le riflessioni di alcuni esponenti dell’area territoriale limitrofa. Tali riflessioni, sotto forma di interviste, sono utili a non perdere la visione d’insieme dello scenario globale e attuale e a capirne i sentori, le esigenze e gli obiettivi.
Caterina Brancaleoni, responsabile del Servizio Coordinamento politiche europee della Regione Emilia-Romagna, ha dato importanti indicazioni su come muoversi in tema di bandi. Questi infatti, in ottica di PNRR, saranno complessi ma cruciali e portatori di significative occasioni di finanziamento. Nicoletta Tranquillo, co-fondatrice di Kilowatt, ha aperto una finestra su un nuovo welfare capace di intercettare bisogni delle famiglie contemporanee con risposte innovative e flessibili. I tre segretari confederali – Bruna Barberis per CISL, Cristiano Zagatti per CGIL e Massimo Zanirato per UIL – hanno accennato al recentemente sottoscritto “Patto per il lavoro e per il clima” e a una ricerca che Ires Emilia-Romagna ha realizzato sul manifatturiero a Ferrara, ponendo particolare attenzione all’occupazione femminile: “circa l’8,2% delle imprese ha ridotto il personale femminile del 70%; dati Camera di Commercio: il 71% delle imprese della provincia di Ferrara ha fatto ricorso alla Cassa Integrazione; di queste il 15% ha attivato lo smart working e l’8% ha ridotto o ridurrà il personale; 65% di dimissioni volontarie, le cui motivazioni sono legate alla mancanza di welfare adeguato”.
Infine le parole di Laura Calafà, docente di Diritto del Lavoro presso l’Università di Verona, hanno ripreso alcuni concetti fondamentali che devono obbligatoriamente entrare nella relazione di ascolto della politica: costruire alleanze di sapere, imparare a decostruire i luoghi comuni (compresa l’idea di lavoro, che non può essere più quella degli anni Novanta) e discutere di modelli e non solo di misure emergenziali. “Anche le donne devono assumere la determinazione che la loro soggettività, nel costruire pratiche di autonomia, non sia una concessione, così come l’allontanarsi da una dimensione di patriarcato introiettato anche come “luogo comodo”, non sia più solo una constatazione, ma un impegno alla sua messa in discussione e alla sua decostruzione.”