Secondo Welfare cura per Buone Notizie del Corriere della Sera inchieste che approfondiscono i cambiamenti in atto in Italia e le loro conseguenze sul sistema di welfare. Nel numero del 28 febbraio 2023 ci siamo occupati della rete composta dai centri antiviolenza e dalle case rifugio. Di seguito Giulia Greppi segnala i problemi legati alla raccolta dei dati; qui invece Paolo Riva ci aiuta a inquadrare il tema.
I dati sono uno strumento sempre più importante per capire la realtà, raccontarla e, dove è possibile, cambiarla. La loro carenza può essere dunque un limite importante in termini di comprensione di determinati fenomeni e, soprattutto, di capacità di affrontarli. Ma se tali mancanze riguardano la violenza maschile contro le donne allora non si tratta solo di un limite bensì di un vero e proprio problema. Nel 2012 l’Italia ha firmato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, conosciuta come Convenzione di Istanbul. Si tratta di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Il documento sancisce l’impegno dei Paesi firmatari a rispettare alcuni obblighi, tra cui quello di raccogliere i dati che riguardano la violenza di genere.
Come indicano diverse relazioni, negli scorsi dieci anni nel nostro Paese l’acquisizione di questi dati è stata fatta in maniera incostante e incompleta, non permettendo così di avere un quadro esaustivo del fenomeno nella sua complessità e articolazione. A dirlo è per esempio il rapporto del Gruppo di esperte sull’azione contro la violenza contro le donne e contro la violenza domestica (Grevio) del Consiglio d’Europa. Nel monitoraggio sull’applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia del 2020, veniva sottolineato come i dati raccolti dagli enti istituzionali italiani non fossero adeguati. Ad esempio non risultavano disaggregati in riferimento al genere della vittima, dell’autore e alla relazione tra loro, non venivano riportati i casi in cui ci fossero testimoni minorenni, e mancava l’armonizzazione tra quelli raccolti da forze dell’ordine e autorità giudiziarie.
Anche Eige, l’Istituto europeo per la parità di genere, nel monitorare la violenza contro le donne ha più volte specificato come tra gli indicatori che riguardano la violenza domestica – «Intimate Partner Violence» – l’Italia metta a disposizione solo i dati che riguardano i femminicidi. L’Ente ha individuato tredici indicatori necessari per delineare il fenomeno, analizzando sia quali denunce vengono fatte alle forze di polizia, sia i provvedimenti giudiziari presi in conseguenza alle stesse. Noi abbiamo i dati per uno solo di questi.
Una porta però è stata aperta. Lo scorso anno è stata approvata la legge 53/2022 dal titolo «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere». Questa norma prevede obblighi relativi alla raccolta dei dati sul fenomeno che riguardano vari enti tra cui Istat, Ministero dell’Interno, Ministero della Giustizia e Ministero della Salute. E la ministra Eugenia Roccella ha dichiarato che nel 2023 verrà avviata la terza indagine Istat in materia. Come sottolinea l’avvocata Elena Biaggioni dell’associazione Dire, però, nonostante il passo sia fondamentale restano alcune lacune che dovrebbero essere affrontate. Per esempio manca un riferimento all’obbligatorietà di raccolta dati in ambito civile, il che significa non poter tenere traccia dell’iter di un parte del processo dopo la denuncia delle violenze. L’auspicio è che nel futuro prossimo vengano finalmente messi in campo monitoraggi più consistenti sulla violenza di genere in grado di definire priorità politiche e mettere in campo strategie per affrontare adeguatamente un tema così importante.
Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 28 febbraio 2023 ed è qui riprodotto previo consenso dell’autrice.