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La storia che arriva da Cantù, città di 40 mila abitanti vicino Como, riassume in maniera significativa la recente evoluzione del Terzo Settore avvenuta dopo il processo di riforma avviato nel 2016 e alla luce dell’emergenza legata al Covid-19. Mossi i primi passi per generare un’identità comune tra enti, per anni, considerati diversi e separati, il Terzo Settore si è trovato ad affrontare la sua prima grande sfida. Questo articolo presenta i risultati di una ricerca condotta nel maggio 2020 che si è posta l’obiettivo di fotografare le azioni che il Terzo Settore può mettere in campo in una realtà in cui gli enti sono numerosi ma hanno limitate esperienze di collaborazione. I risultati sono stati diversi, si va dalle forme di solidarietà diretta ad attività di socializzazione e intrattenimento, ma soprattutto sono nate nuove reti con l’obiettivo di sviluppare soluzioni innovative in breve tempo.


Dalla riforma del Terzo Settore al lockdown

L’idea della riforma è stata quella di definire chiaramente le caratteristiche del Terzo Settore e le forme giuridiche in cui può organizzarsi. A ciò si aggiunga anche la volontà di rafforzamento dell’identità del settore e di collaborazione tra i suoi enti al fine di favorire un maggior sviluppo sociale, culturale ed economico dei territori dove questi enti agiscono. Il Terzo Settore abbraccia numerosi ambiti, non riducibili al solo lavoro nel sociale o alle attività di volontariato solidaristico, come spesso viene solo inteso questo ambito. Il terzo settore comprende luoghi di aggregazione, attività culturali, gruppi sportivi ed enti religiosi, una galassia di realtà che agiscono su diversi fronti e che si relazionano con una moltitudine di altri soggetti.

Il tema della collaborazione tra le diverse anime del Terzo Settore è emerso con maggior insistenza in questi mesi di lockdown. Da febbraio 2020, l’Italia sta vivendo diverse fasi di confinamento forzato per porre argine alla diffusione del virus Covid-19. Le conseguenze economiche, sociali e psicologiche pongono nuovi interrogativi e sfide agli enti del Terzo Settore, non solo su come adempiere alle missioni sociali ma anche su come adattare le attività tradizionali alle nuove restrizioni garantendo la sopravvivenza di luoghi e attività sociali.


Il Terzo Settore a Cantù

Sul territorio comunale operano numerosi enti del Terzo Settore, per la maggior parte associazioni di varia forma (il comune ne conta 151 ) a cui si affiancano sei cooperative sociali. Quest’ultime hanno animato il territorio con una loro festa annuale per 25 anni costituendo un primo nucleo di collaborazione. A seguito del venir meno dei Piani di zona e della volontà di ampliare la collaborazione tra enti del Terzo Settore, soprattutto alla luce della riforma, un gruppo di associazioni e le sei cooperative hanno avviato delle tavole rotonde dalla primavera 2018 per iniziare a ragionare su come essere un settore unito e cooperante.

Il primo risultato concreto è giunto nel 2019 con la prima edizione del Festival Terzo Tempo, che ha raccolto insieme alcuni enti del Terzo Settore, circa una trentina, portando la rete canturina a sperimentarsi per la prima volta in una collaborazione concreta. Accanto a questo, la rete ha sviluppato un ragionamento sulla propria identità e su come relazionarsi, in maniera costruttiva, con il resto della società locale.


Innovazione nel confinamento

Il primo lockdown, tra febbraio e giugno 2020, è stato un evento di portata straordinaria che ha imposto condizioni senza precedenti. Nell’immediato, tutte le attività sono state interrotte privando così la popolazione di servizi fondamentali ma anche di tutta una serie di possibilità aggregative e di volontariato. Nonostante le difficoltà della prima ora, molti enti si sono da subito attivati per capire come mantenere attivi i servizi o come reimpostarli al fine di poter dare supporto a chi era in difficoltà.

Nel giugno 2020 è stata pubblicata una ricerca (per scaricare il report clicca qui) che ha coinvolto 18 enti del Terzo Settore che hanno operato sul territorio canturino nel corso dei mesi del primo lockdown. Chiaramente, molte realtà non hanno potuto modificare le proprie attività perché prevalentemente legate all’utilizzo di spazi o al contatto diretto con l’utenza. I 18 partecipanti al questionario sono così ripartiti: 7 associazioni di volontariato, 4 di promozione sociale, 2 sportive, 3 cooperative sociali, 1 comitato e 1 organizzazione della società civile. In termini di forze messe in campo, si parla di 41 dipendenti e 161 volontari che sono rimasti attivi nel corso del lockdown offrendo e adeguando i propri servizi. Ben 15 enti hanno mantenuto attive parte delle loro attività, come la gestione di comunità alloggio per minori e persone con disabilità da parte delle cooperative sociali Il Gabbiano e Progetto Sociale, servizio assistenza domiciliare per anziani fatto dalla sezione locale di Auser, pronto intervento 118. A lato di queste attività, che richiedono necessariamente il contatto diretto, si sono adeguate le altre in forma telematica come l’assistenza scolastica per minori con bisogni di aiuto extra didattico (La Soglia), il supporto psicologico a soggetti fragili (Cantu Oggi 360) e il lavoro di sportello assistenza sociale della locale Caritas.

In termini di nuovi servizi attivati, le tecnologie hanno aiutato gli enti a mantenere i contatti con i propri utenti e supportarli durante i mesi di lockdown. In questo senso, l’associazione sportiva gruppo pattinatori CRA-BCC ha assistito i propri atleti con dettagliati allenamenti singoli da fare in casa o nelle vicinanze dell’abitazione. La cooperativa Mondovisione, che gestisce il teatro locale, ha creato contenuti online per intrattenere gli iscritti ai propri corsi di danza e recitazione, mentre l’associazione Charturium, che si occupa di mantenimento delle tradizioni locali, ha avviato incontri periodici con esperti per continuare la propria missione di divulgazione sulla cultura locale.

Sicuramente, i maggiori sforzi in termini d’innovazione del servizio sono da vedersi sul fronte della fornitura di alimenti alle famiglie in difficoltà. Per prima cosa, la rete attivatasi nell’immediato ha coinvolto non solo l’associazione Incontri, che gestisce la locale mensa di solidarietà, ma anche il comitato CRI e l’associazione Carabinieri che avendo le dotazioni adeguate hanno potuto consegnare a domicilio i pacchi. A ciò si aggiunge il riuscire, nel più breve tempo possibile, a beneficiare delle derrate alimentari dei locali supermercati che rischiavano di essere perse. La messa a sistema di volontari e risorse ha così permesso di raccogliere tra febbraio e maggio 2.550 kg di alimentari raggiungendo un totale di 5.000 persone, distribuite in diversi nuclei famigliari, con pacchi da 6/7 kg l’uno e una frequenza di 25 consegne al giorno. Un’ulteriore forma di rete che ha portato beneficio alle fasce più deboli è quella che ha coinvolto le scuole e La Soglia, che si occupa di supporto didattico. Il lockdown ha da subito posto la sfida di connettere gli studenti online per seguire la didattica a distanza ma questo non è possibile per quanti non possiedono adeguati device e non sono in condizione di acquistarli. Per questo motivo, la collaborazione tra istituti comprensivi e quest’associazione ha permesso di porre in evidenza il tema e di attivare immediatamente risorse per colmare queste lacune. Un istituto superiore ha messo a disposizione 22 notebook, distribuiti dall’associazione Carabinieri su indicazione del La Soglia. Questo tema è ora al centro del dibattito della rete su come poter progettare futuri interventi, reperendo fondi da bandi sulla povertà educativa che vadano in questo senso.

L’attivazione della comunità canturina ha inoltre permesso di raccogliere 29.000€ per il comitato CRI e 2.900 mascherine distribuite nelle prime fasi del lockdown agli operatori e ai soggetti con condizioni di salute più fragili, quando la reperibilità di queste era più difficile. In questo scenario, hanno avuto un ruolo fondamentale varie parti delle istituzioni pubbliche locali come i servizi sociali e la protezione civile che hanno lavorato a stretto contatto con il terzo settore per individuare tempestivamente i nuovi bisogni.

La creazione di queste reti e l’attivazione di questi servizi ha messo in evidenza degli elementi che hanno dato maggior coscienza alla neonata rete del proprio potenziale ponendo la basi su alcune certezze: mettere in rete le proprie risorse, come anche le informazioni disponibili, serve per meglio comprendere la realtà; a ciò si aggiunge che il lavorare insieme permette di raggiungere obiettivi difficilmente realizzabili singolarmente.


Riferimenti

Bianchi M. (2020), Il Terzo Settore canturino durante l’emergenza Covid-19.