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I ragazzi non si possono chiamare fuori. Non è una cosa da donne”. A parlare è Cristina Gamberi, coordinatrice del progetto NoiNo.org per la rete di associazioni “Attraverso lo specchio”. E la “cosa” da cui i ragazzi non si possono chiamare fuori è la violenza maschile nei confronti delle donne1. Il progetto NoiNo.org, che è sostenuto da oltre 10 anni dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, interviene con azioni di comunicazione ed educative rivolgendosi proprio agli uomini, chiamando a riflettere sulle relazioni di potere tra i generi e sulle dinamiche inique che queste comportano.

NoiNo.org è il progetto protagonista della quinta puntata di Intrecci: creare comunità insieme, un podcast e una serie giornalistica in cui raccontiamo 10 iniziative che rafforzano le comunità grazie al supporto delle Fondazioni di origine bancaria.

Dopo le tappe di Milano, Napoli, della Sardegna e di Volterra, nel quinto episodio di Intrecci insieme a Giulia Greppi siamo andate a Bologna per parlare di NoiNo.org con Cristina Gamberi, referente della rete di associazioni che realizza il progetto; Elisabetta Calari, consigliera di amministrazione della Fondazione; e Matteo Vescovi, docente coinvolto nelle attività svolte presso le scuole.

Partendo proprio dall’esperienza di NoiNo.org, in questo articolo scopriamo come le Fondazioni di origine bancaria si mettano all’ascolto degli stakeholder locali, cercando di comprendere – e magari anticipare – dinamiche e bisogni dei propri territori di riferimento.

NoiNo, cioè noi (uomini) non esercitiamo violenza

Come raccontiamo estesamente nella puntata del podcast, NoiNo.org nasce come iniziativa di comunicazione nel 2012: in concreto si è trattato di una campagna pubblicitaria composta da cartellonistica, cartoline e pieghevoli, video. Decine di uomini di tutti i tipi – pastori, taxisti, agricoltori, ma anche attori e politici e tanti passanti – sono stati coinvolti come testimonial nella diffusione di messaggi sulla violenza maschile nei confronti delle donne. Un videomaker ricorda che “chi picchia una donna non è un mostro. Di solito è suo marito, il suo compagno o il suo fidanzato”. L’attore Ivano Marescotti racconta: “io non ci sto a ridere a quelle battute [sessiste]. Io non voglio essere complice di un uomo violento”.

La campagna pubblicitaria, iniziata a Bologna, è diventata nazionale ed è anche stata premiata dall’allora Presidente della Repubblica Napolitano. Secondo Cristina Gamberi, referente del progetto NoiNo.org per la rete di associazioni “Attraverso lo specchio”, l’idea alla base della campagna comunicativa è stata “pionieristica”. Quando si parla di questo genere di violenza – oggi ma ancora di più 12 anni fa, quando il fenomeno era meno conosciuto e discusso pubblicamente – “gli autori della violenza molto spesso non vengono neanche citati. Oppure vengono citati quasi come se non fossero i reali responsabili di quello che è successo”.

Espressioni come “raptus” e “scatto d’ira”, per esempio, descrivono una condizione in cui l’autore della violenza non è pienamente in sé, è in qualche misura vittima di dinamiche interiori che lo hanno spinto a compiere un atto altrimenti impensabile. La ricerca sul tema ha però da tempo sfatato questo mito: la violenza maschile sulle donne non è un fenomeno episodico, ma ha specifiche dinamiche ed espressioni cicliche. Il limite di molte campagne di comunicazione “anche fatte molto bene”, prosegue Gamberi, “è che si rivolgono soprattutto alle donne”. Ed è un problema, perché sono gli uomini ad agire la violenza: sono loro a dover modificare il loro comportamento.

Questa intuizione si è sviluppata nel corso degli anni e nel 2015 NoiNo.org si è trasformato in un progetto educativo rivolto alle scuole. Questa evoluzione è stata per certi versi naturale, sebbene non scontata. Se si vuole incidere concretamente su questo fenomeno, infatti, è fondamentale guardare all’adolescenza (e quindi alla scuola): come sottolinea Gamberi “la violenza di genere è una questione dirimente in età dell’adolescenza. In questa età si cominciano ad agire e a vedere relazioni tossiche, a notare i primi comportamenti violenti da parte di ragazzi nei confronti delle ragazze”.

Il confronto all’interno delle classi, nell’ambito di NoiNo.org – prendiamo la parola contro la violenza sulle donne. Foto di Gianni Mazzotta con l’art direction di Studio Talpa; la comunicazione del progetto NoiNo.org è a cura delle agenzie Studio Talpa e Comunicattive.

Attualmente NoiNo.org – come raccontiamo nel podcast – prevede la realizzazione di laboratori e l’organizzazione di spettacoli di Teatro Forum2 all’interno delle scuole superiori del Bolognese, nonché la proposta di percorsi formativi per docenti. Le attività laboratoriali e formative sono realizzate dalla rete di associazioni “Attraverso lo specchio”, mentre gli spettacoli di Teatro Forum sono proposti dall’associazione PartecipArte.

La Fondazioni in ascolto dei territori

Negli ultimi 12 anni sono aumentate l’attenzione e la sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti del tema della violenza maschile sulle donne, per quanto i dati continuino a mostrare un quadro allarmante fatto di prevaricazioni, abusi e femminicidi. Come accennato sopra, però, nel 2012 questo fenomeno era ancora relativamente poco presente nel dibattito pubblico e politico. La Convenzione di Istanbul3, per esempio, risale al 2011 ed è stata ratificata dal Parlamento italiano nel 2013. Parlare pubblicamente di violenza sulle donne in quegli anni era davvero innovativo: l’idea della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna di occuparsene è stata pionieristica anche da questo punto di vista.

Come è successo? Ne abbiamo parlato con Elisabetta Calari, consigliera di amministrazione della Fondazione con delega per le attività di Solidarietà Sociale. La Fondazione, ci spiega, “è sempre stata una realtà molto integrata col contesto territoriale di riferimento”. Proprio grazie a questi scambi intensi con gli stakeholder locali l’ente ha saputo intervenire in ambiti che non erano ancora al centro dell’attenzione del Pubblico. Il contatto con il mondo dell’associazionismo, per esempio, “ha fatto emergere delle istanze che già iniziavano a dare dei segnali molto forti sul campo, come nel caso del contrasto alla violenza sulle donne”.

L’intervista a Elisabetta Calari, consigliera di amministrazione della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Foto di Giulia Greppi.

Questo genere di relazioni non avviene per caso, e fa sempre più parte del modo di operare delle Fondazioni di origine bancaria (Fob): questi enti da anni si interrogano sulle proprie modalità operative e sui propri approcci, perché sono molto consapevoli delle sfide e delle criticità a cui vanno incontro. In qualità di importanti istituzioni territoriali sono chiamate a lavorare in un’ottica strategica, facendo però attenzione a evitare il rischio di autoreferenzialità e alimentando un contesto di riconoscimento e legittimazione da parte degli attori locali e della cittadinanza. Come abbiamo già raccontato nella serie giornalistica di Intrecci le Fob, alla luce di queste sfide, lavorano sempre più attraverso azioni strategiche che si basano sull’evidenza e che sono progettate e implementate in modo condiviso.

Allo stesso tempo le Fondazioni occupano una posizione unica nel proprio contesto locale: come raccontavamo nel Quarto Rapporto sul secondo welfare (2019) le Fob godono di un “vantaggio comparato” rispetto ad altri enti privati e pubblici perché possono mettere in pratica iniziative sperimentali – magari in ambiti nuovi – per mostrare possibili strade di intervento che potranno poi essere adottate e migliorate dal sistema locale.

La consigliera Calari ha sottolineato proprio questo ruolo delle Fondazioni: “le organizzazioni del Terzo Settore sono molto avanti, mentre talvolta il Pubblico fatica perché deve rispondere a logiche di bilancio molto complesse. Le Fondazioni sono enti intermedi che possono fungere da stimolo: affiancarsi alle organizzazioni del Terzo Settore che evolvono e, dall’altra parte, tenere insieme la parte dell’istituzione pubblica”. Il progetto NoiNo.org sembra seguire proprio questa logica di ascolto dei bisogni e risposta condivisa: grazie al rapporto con gli attori territoriali del Terzo Settore la Fondazione ha saputo registrare un bisogno ancora poco approfondito e ha sperimentato diverse forme di intervento con il contributo di figure e organizzazioni esperte.

Un’esperienza interessante: le Commissioni giovani

Le Fob sono sempre più sensibili alla questione dell’ascolto del territorio. In questo senso negli ultimi anni si sta diffondendo l’idea delle Commissioni giovani: diverse Fondazioni si stanno dotando di un organo consultivo ulteriore rispetto a quelli già previsti, composto da giovani e finalizzato a far emergere esigenze e dinamiche rimaste finora inascoltate nell’ambito del protagonismo giovanile.

Tra le Fob che hanno deciso di sperimentare questa forma di consultazione c’è la Fondazione Cassa di Risparmio di Biella. L’iniziativa è stata lanciata nel 2022, in occasione del trentennale dell’ente e anche in relazione a una ricerca sulla condizione giovanile nel Biellese svolta da Percorsi di secondo welfare (all’interno di OsservaBiella). All’inizio del 2024 sono stati selezionati i membri del gruppo ed è partito un percorso formativo e laboratoriale per rafforzare le competenze dei giovani coinvolti, che resteranno in carica per 3 anni. La Commissione, chiamata “The young vision”, è composta da 16 persone (8 ragazzi e 8 ragazze) di età compresa tra i 18 e i 26 anni provenienti da diverse cittadine della provincia biellese. The young vision vuole essere uno spazio di confronto vivo e aperto con le nuove generazioni, in cui i giovani possano collaborare con la governance della Fondazione fornendo contributi su temi di interesse e ambiti di intervento come cultura e territorio, educazione e ricerca, welfare. Nell’ottobre 2024, per esempio, i membri della Commissione sono stati coinvolti in un workshop con il presidente e lo staff della Fondazione per riflettere sulla programmazione strategica 2025.

Un’altra esperienza è quella della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, che ha presentato la sua Commissione giovani nell’aprile 2024. I 9 componenti, tutti compresi tra i 18 e i 30 anni, stanno partecipando a un percorso di capacity building attraverso il confronto con gli organi e la struttura operativa della Fondazione, ma anche con amministratori pubblici e privati, esponenti della società civile ed esperti del territorio. La Commissione è già stata coinvolta, per esempio, nella selezione dei progetti raccolti nell’ambito del bando “Scelta di campo”. Si tratta di una call for ideas rivolta ai ragazzi e alle ragazze della provincia di Lucca per promuovere le idee e per favorire il miglioramento della condizione giovanile.

Queste esperienze di ascolto e coinvolgimento di gruppi tradizionalmente lontani dalla filantropia, insieme ad attività specifiche di consultazione e di ricerca e rilevazione dei bisogni, rappresentano per le Fob la possibilità di aprirsi a nuove voci e nuovi punti di vista. Questo genere di processi favorisce la capacità delle Fob di anticipare bisogni e dinamiche e di sperimentare possibili soluzioni, anche con l’apporto di attori locali significativi. Un aspetto fondamentale per realizzare iniziative e progetti sempre più in grado di creare e rafforzare le comunità locali, come stiamo raccontando nelle diverse tappe di Intrecci.

Intrecci è realizzato da Percorsi di secondo welfare con il supporto di Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria. Intrecci è un progetto giornalistico ibrido: un podcast per conoscere attraverso le voci dei protagonisti i progetti di comunità e una serie di articoli di approfondimento per mettere a fuoco il ruolo della filantropia.

Note

  1. Nell’articolo è impiegata l’espressione “violenza maschile sulle donne” perché è ritenuta la più appropriata e precisa. Il termine “violenza di genere” descrive infatti un fenomeno più ampio, comprendendo tutte le forme di violenza legate al genere (non solo quelle sessiste ma, per esempio, anche quelle omo-transfobiche). La violenza di cui parliamo in questa puntata di Intrecci colpisce le donne in quanto donne ed è perpetrata dagli uomini in quanto uomini.
  2. Un’espressione di Teatro dell’Oppresso in cui gli attori mettono in scena una rappresentazione di violenza e di oppressione. Il pubblico è chiamato a interrompere la scena e a intervenire salendo sul palco per provare a cambiare la situazione.
  3. Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, il principale riferimento normativo sull’argomento.
Foto di copertina: Giulia Greppi.