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In questi giorni AICCON, Centro Studi dell’Università di Bologna che promuove la Cultura della Cooperazione e del Non Profit, ha pubblicato uno Short Paper dedicato alla valutazione di impatto sociale della mobilità transnazionale, frutto di una ricerca curata per la Scuola Centrale Formazione. Di seguito gli autori, Paolo Venturi e Serena Miccolis, propongono una sintesi dei principali contenuti del documento.


Un percorso orientato all’impatto

Il percorso intrapreso con Scuola Centrale Formazione (SCF) nel corso del 2019 si è posto l’obiettivo di comprendere, dare valore e migliorare la capacità trasformativa delle attività di mobilità transnazionale promosse dalla rete SCF verso tutti gli attori coinvolti. Gli step che hanno caratterizzato il processo prevedevano una riflessione interna a Scuola Centrale Formazione circa le dimensioni di valore (figura 1), ovvero i tratti identitari che definiscono e differenziano l’organizzazione, legandosi al fine ultimo del suo agire (telòs) e al modello organizzativo prescelto per farlo, e qualificano la capacità della rete di generare impatto sociale. 


Figura 1. Le dimensioni di valore di Scuola Centrale Formazione

La fase seguente è stata quella di analisi e misurazione degli esiti diretti (outputdelle attività e degli effetti sul medio termine (outcome), a cui è seguita quella di valutazione delle evidenze emerse, ovvero di attribuzione di valore al contributo originale e specifico prodotto dalle attività verso l’ecosistema di soggetti coinvolti(beneficiari, famiglie, singoli tutor e coordinatori di mobilità, enti di invio, enti ospitanti e territori invianti e ospitanti) rispetto all’interesse generale e coerentemente alle dimensioni di valore dell’organizzazione. Sulla base di quanto appreso e osservato, sono state riviste alcune procedure e strumenti di raccolta dati con l’obiettivo di orientarli maggiormente all’impatto e alla sua valutazione. L’intero percorso si è caratterizzato trasversalmente per la volontà di coinvolgere gli stakeholder, in primis Scuola Centrale Formazione e la rete delle sue associate attraverso due momenti di restituzione e laboratoriali distinti, con l’obiettivo di condividere e rendere il più efficace possibile l’intero processo di miglioramento.


Analisi e misurazione degli effetti delle attività di mobilità transnazionale: alcune evidenze per i beneficiari di mobilità

Sono state analizzate le attività di mobilità relative a Sportello Europa (SE) 1, 2 e 3 che hanno coinvolto in totale 831 allievi, provenienti da 20 diversi enti di invio e ospitati in 6 diversi Paesi da 12 organizzazioni ospitanti. In questo tipo di esperienze formative l’allievo/a viene inserito nel contesto aziendale per svolgere un tirocinio (coerente alla qualifica) e contribuire alle attività dell’organizzazione per un intervallo di tempo che va da un minimo di 2 settimane a un massimo di 3 mesi: la durata media del soggiorno è stata di circa 22 giorni. Focalizzando l’attenzione sui soli beneficiari diretti, a conferma di quanto evidenziato in letteratura (Pachocki 2018) relativamente ai cambiamenti positivi generati dalle esperienze di mobilità internazionale, si evidenzia come gli outcome osservati possono essere categorizzati nei quattro ambiti di cambiamento sintetizzati come segue.

Conoscenze, competenze e abilità relative alla dimensione professionale

  • I risultati conseguiti in questa dimensione sono da intendersi come consolidamento o potenziamento di quanto imparato nei percorsi formali, attraverso l’esercizio in un contesto lavorativo, oltretutto molto diverso da quello abituale in cui l’allievo sperimenta modelli organizzativi, competenze che rimandano a tecniche differenti da quelle solitamnte esercitate (si pensi al settore della ristorazione), procedure e modalità di lavoro differenti dalla realtà italiana, acquisendo così strumenti utili per la transizione verso il mondo del lavoro.  
  • Nel 50,3% delle mobilità di SE1, nel 56,8% di quelle di SE2 e nell’83,4% delle mobilità di SE3 viene riportato dai tutor e dai coordinatori un miglioramento nella preparazione e nelle capacità tecnico-professionali dei beneficiari durante l’esperienza.

Conoscenze, competenze e abilità linguistiche e interculturali.

  • I risultati conseguiti su questo versante non sono solamente ascrivibili al potenziamento o consolidamento del livello di lingua, ma anche al suo utilizzo in un ambiente professionale e in generale allo sperimentare le proprie capacità linguistiche in contesti dove non sono presenti altre mediazioni. Inoltre non va dimenticata l’importanza dell’elemento interculturale in questo tipo di esperienze, rappresentato dalla sperimentazione di usi, costumi, abitudini e stili di vita lontani dalla quotidianità dell’allievo. Tutti questi elementi contribuiscono sul lungo termine sia a una maggiore apertura culturale, che all’internazionalizzazione del profilo occupazionale.

Soft skills 

  • Così come definito dal Repertorio degli Apprendimenti Trasversali prodotto da GORES, le esperienze di mobilità transnazionale fanno riferimento a quattro gruppi di competenze: organizational skills (es. analisi, pianificazione, organizzazione, capacità di sintesi, scelta delle priorità, gestione del tempo ecc.), problem solving (logica, responsabilità, attitudine all’apprendimento continuo, ecc.), capacità di lavorare in gruppo (ascolto attivo, approccio collaborativo, apertura, capacità comunicative, ecc.) e quella di adattamento/resilienza (conoscenza di punti di forza e debolezza, fiducia, tenacia, ecc.).  
  • In sede di intervista tutor e coordinatori riportano un miglioramento delle competenze trasversali dei beneficiari nelle mobilità di SE2 e SE3 nel 58,1% dei casi per tutti gli allievi, mentre nel 35,9% per più della metà. Per quanto riguarda SE2, la resilienza (71,4%), in seconda battuta il problem solving (68,4%) e la capacità di lavorare in gruppo (56,0%) sembrano essere gli apprendimenti trasversali che riportano cambiamenti positivi maggiori, mentre in SE3 viene registrato un aumento su tutte le aree di competenze trasversali per ciascun gruppo di riferimento (in crescita nel 75,6% dei casi). Non è stato possibile produrre le stesse informazioni per SE1 in quanto la domanda sulle competenze trasversali non era presente nella relativa traccia di intervista.

Crescita personale

  • In quest’ultima prospettiva, come evidenziato da Nicoli, emerge come le esperienze di mobilità internazionale, di fatto, rappresentano una «mobilitazione di risorse positive» da parte dei beneficiari che sono messi nelle condizioni di prendere l’iniziativa, mettersi in gioco, sperimentando l’autonomia, e testarsi da diversi punti di vista (lavorativo, comunicativo, emotivo, ecc.), valutando la presenza e la significatività di esiti e risultati dell’esperienza, migliorando la conoscenza di sé e responsabilizzando il soggetto prima di tutto nella dimensione personale, oltre che in quella professionale, facendogli comprendere quali elementi intende riportare continuativamente nel proprio percorso di crescita e porre al centro del suo sistema valoriale (Nicoli 2015).
  • Rispettivamente nel 74,6%, nel 64,5% e nel 70,5% dei casi i coordinatori e i tutor dichiarano un livello alto di soddisfazione (in una scala basso-medio-alto) circa le ricadute dell’esperienza di mobilità sulla vita dei beneficiari di SE1, SE2 e SE3.  

Sulla base delle evidenze emerse dall’analisi delle attività di SE1, SE2 e SE3, del quadro teorico di riferimento e del confronto durante i laboratori dell’1 e 2 aprile, è stato ipotizzato anche l’ultimo passaggio della catena del valore relativa ai beneficiari diretti, ovvero quello relativo alle categorie di impatto dei progetti di mobilità internazionale coordinati da SCF (figura 2).


Un’ipotesi di framework di valutazione per l’intero ecosistema

I due momenti di incontro con gli stakeholder sono stati l’occasione da un lato per condividere e validare i risultatirispetto ai beneficiari, dall’altro per costruire in modo partecipato il framework in grado di sintetizzare i meccanismi di creazione di valore per l’intero ecosistema come mostrato in figura 2. La riflessione sul cambiamento generato per i territori promossa all’interno del secondo workshop di dicembre si è concentrata primariamente sui territori ospitanti, come visibile in figura 2.


Figura 2. Il framework di creazione del valore delle attività di mobilità transnazionale della rete SCF
 

 

Le riflessioni e i diversi risultati di misurazione presentati da altri soggetti (Agenzia Nazionale Erasmus+ per l’Istruzione e la formazione – INAPP, I.F.O.A., Forum Europeo dei Sistemi VET – EfVET, Direzione Generale Occupazione, Affari Sociali e Inclusione della Commissione Europea) impegnati nella valutazione delle esperienze di mobilità durante l’evento internazionale “DO YOUR MOB 2019” del 4 dicembre 2019 sono risultate in linea con il framework identificato.

Conclusioni e sviluppi futuri

Osservando i risultati dell’analisi svolta sulle mobilità di Sportello Europa 1, 2 e 3 e integrando lo studio con le valutazioni e riflessioni presentate durante il DO YOUR MOB 2019, è possibile delineare tra i driver responsabili del miglioramento della qualità ed efficacia delle esperienze di mobilità transnazionale:

  • la selezione (in cui sono da tenere in considerazione, oltre alle valutazioni sul profitto scolastico o sulla condotta comportamentale, anche l’adeguata motivazione a partecipare a questo tipo di esperienza e la disponibilità/apertura al mettersi in gioco) e le attività preparatorie (pedagogiche, linguistiche e culturali) rivolte ai beneficiari, organizzate dagli enti invianti e supportata da SCF; 
  • l’adeguatezza e la personalizzazione dell’esperienza di mobilità;
  • la centralità della presenza di un tutor italiano per tutta la durata dell’esperienza, figura che svolge una funzione davvero preziosa all’interno dell’esperienza, non solo dal punto di vista amministrativo- organizzativo e di supporto, ma soprattutto per la mediazione tra i diversi attori coinvolti e beneficiari;
  • la promozione delle mobilità di lunga durata per potenziare gli effetti sui partecipanti;
  • l’impegno per valorizzare e riconoscere l’esperienza di mobilità nei percorsi formali di istruzione e formazione e nel mondo del lavoro, incoraggiando l’apprendimento work-based in funzione delle scelte formative e lavorative.

I risultati delle analisi, quindi, non fanno altro che confermare come esistenza, esperienza ed educazione siano connessi intrinsecamente, in quanto «non c’è apprendimento, se non c’è esperienza» (Dewey 1986) e «l’educazione è vita e l’intera vita è apprendimento» (Dozza 2012). Le condizioni fondamentali affinché l’esperienza abbia un valore educativo e si traduca in apprendimento sono: 

  • l’interazione come elemento in grado di generare l’arricchimento e l’espansione dell’individuo, grazie a un match positivo tra oggetto di apprendimento e soggetto che apprende (ibidem);
  • il suo inserimento in un «continuum educativo» (ibidem).

Nuovamente, anche in questa prospettiva, emerge la capacità trasformativa di questo tipo di esperienze e il superamento di spazi e tempi educativi statici e delimitati in favore di una maggiore dinamicità, apertura e soprattutto pluralità e diversificazione delle esperienze di apprendimento possibili. Questa prospettiva educativa rientra perfettamente nel modello di learnfare (Costa 2016), dove, attraverso un’equa offerta di opportunità di educazione e formazione, vengono create le condizioni abilitanti affinché i cittadini, a prescindere dalle diverse situazioni personali di partenza, possano sviluppare le capacitazioni per scegliere e realizzare liberamente il proprio progetto umano e sociale di vita, promuovendo un nuovo rapporto tra sviluppo e appartenenza comunitaria, centrato sulla libertà di costruire e realizzare una vita soddisfacente e piena in una società solidale inclusiva e giusta (Dozza 2012). 

In questo senso l’educazione e la formazione sono processi che dovrebbero includere tre dimensioni:

  • quella orizzontale (life-long learning) − nella misura di un apprendimento che dura tutta la vita − che rappresenta a sua volta il superamento della dimensione temporale;
  • quella trasversale (life-wide learning) − nella misura in cui l’apprendimento si realizza, sia in modo intenzionale che inconsapevole, in differenti contesti ed ambienti di formazione valorizzando ogni esperienza di vita − che mostra come, oltre ai tempi, anche gli spazi di apprendimento si allarghino fino ad essere anch’essi superati;
  • quella verticale (life-deep learning) in grado di superare i confini di noi stessi – nella misura in cui l’apprendimento risulta essere davvero trasformativo perché processo di costruzione, individuazione, valorizzazione delle differenti identità, dei valori e degli orientamenti della nostra vita permettendo una conoscenza profonda dei nostri processi cognitivi ed emotivi e facilitando la relazione con gli altri.

In conclusione «nel passaggio al learnfare il diritto ad apprendere per tutta la vita non è più correlato ad un bisogno produttivistico a cui dover far corrispondere un set di opportunità definite e collegate ai contesti formali, quanto piuttosto alla testimonianza di una nuova centralità del soggetto, che diventa da un lato responsabile del processo di creazione dei significati e, dall’altro, della natura generativa della competenza di apprendere ad apprendere per sé e per il contesto in cui sceglie di agire» (Costa 2016). In questo senso la promozione e la diffusione di un modello di istruzione e formazione in grado di includere sinergicamente con un approccio sistemico e integrato l’apprendimento formale, quello non formale, la formazione professionale, l’occupazione e l’imprenditorialità diventa centrale per creare le «[…] condizioni per cui ciascun individuo possa dare pieno sviluppo alle proprie potenzialità, alle proprie libertà realizzative del progetto di vita, contribuendo in modo consapevole allo sviluppo della società nel suo complesso» (Costa 2016).

Riferimenti

Costa M. (2016), Capacitare l’innovazione. La formatività dell’agire lavorativo, Milano: FrancoAngeli.
Costa M. (2016), L’apprendimento permanente come leva generativa per un nuovo learnfare.
Dozza L. (2012), Vivere e crescere nella comunicazione Educazione Permanente nei differenti contesti ed età della vita, Milano: Franco Angeli.
Nicoli D. (2015), Come i giovani del lavoro apprezzano la cultura – formare e valutare saperi e competenze degli assi culturali nella Formazione Professionale, CNOF FAP.
Pachocki M. (2018), Is mobility the key to a successful career?, FRSE Pubblications.
Scuola Centrale Formazione (2018), GORES e la Mobilità Transnazionale: l’applicazione del quadro metodologico ECVET.
DG Occupazione, Affari Sociali e Inclusione (2019), Il Programma Erasmus+. Mobilità e inclusione: opportunità attuali e prospettive future.
Agenzia Nazionale Erasmus+ per l’Istruzione e la formazione professionale – INAPP (2019), Gli impatti del Programma Erasmus+ 2014-2020 in Italia.
I.F.O.A. (2019), ROI-MOB: measuring return on investment from European VET mobility.
EFVET (2019), Impatto delle Reti nei sistemi VET.
 

 

Consulta lo Short Paper di AICCON "La dimensione trasformativa della mobilità transnazionale"