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La prima volta al cinema, la prima volta al mare, la prima volta della panna sul gelato. Le “prime volte” sono una cosa che di solito si condivide con la propria famiglia, con i propri amici o con le persone care.

Da un po’ di tempo, però, a Torino capita che a condividere una “prima volta” siano due persone che si conoscono da poco, una italiana e una di origine straniera. Hanno in comune la voglia di parlare e di conoscersi e fanno parte del progetto “Tu per Tu”, un’iniziativa della Fondazione Ufficio Pio che vuole sostenere l’inclusione sociale e linguistica delle persone migranti e favorire la costruzione di nuove relazioni nel tessuto cittadino. È un progetto interessante anche perché esprime un approccio particolare al volontariato, più flessibile e che vuole stare al passo con alcuni cambiamenti in atto in questo mondo.

Ne abbiamo parlato con William Revello, direttore della Fondazione Ufficio Pio, e Laura Ravot, Program Officer dell’Area Volontariato dell’ente.

Il volontariato in Italia: i dati che ci sono e quelli che mancano

Qualche dato di contesto: secondo l’Istat1 in Italia ci sono poco più di 4,6 milioni di volontari. I dati mostrano che, rispetto alla rilevazione precedente2, ci sono circa 900.000 volontari in meno.

Come abbiamo ricostruito approfonditamente in occasione della Giornata Internazionale del Volontariato, però, sono moltissimi i dati e le informazioni che il Censimento Istat non mostra. Questa rilevazione coinvolge infatti le organizzazioni non profit e, proprio per questo, non prende in considerazione tutte le persone che svolgono un’attività di volontariato meno strutturata, senza essere incardinate in modo stabile in un’organizzazione. Sebbene non ci siano dati consolidati su questo aspetto, da anni molti osservatori autorevoli sottolineano come queste forme di attivazione si mantengano invece su livelli stabili di partecipazione. Sarebbero in particolare le persone più giovani a scegliere questo genere di attività.

Come scriveva già nel 2022 Luigi Bobba in un editoriale: “il dato Istat obbliga a capire che cosa stia avvenendo, in primo luogo tra le giovani generazioni, ovvero se la linfa vitale dell’impegno solidaristico si stia impoverendo oppure se invece stia solo cambiando forma e direzione”. Bobba sottolineava, citando il demografo Alessandro Rosina, che “i giovani non rifiutano l’impegno volontario, ma vogliono più libertà. Cercano esperienze significative per la loro vita, non rigide appartenenze”.

Le motivazioni alla base di questa dinamica non sono facili da comprendere. Come abbiamo raccontato in un’indagine uscita sul Corriere della Sera, per esempio, c’entrano le prospettive di vita e di lavoro più precarie. In ogni caso questa è la realtà con cui bisogna fare i conti al momento, e probabilmente anche in prospettiva futura. E proprio per questo molte organizzazioni del Terzo Settore hanno iniziato a ragionare sul proprio rapporto con i volontari, nella consapevolezza che il ricambio generazionale è un elemento cruciale per garantire sostenibilità alle proprie attività.

La Fondazione Ufficio Pio e il volontariato

L’editoriale di Bobba ha girato moltissimo sulle scrivanie della Fondazione Ufficio Pio, ente strumentale della Fondazione Compagnia di San Paolo3. L’Ufficio Pio è nato dalla Compagnia di San Paolo nel 1595 allo scopo di distribuire doti matrimoniali a favore di fanciulle povere e nel giro di pochi anni si è fatto carico dell’attività assistenziale promossa dalla Compagnia. Il direttore Revello racconta che, “usando un termine di oggi, l’Ufficio Pio è nato come ente di volontariato: le persone che all’inizio ci lavoravano erano volontarie”. I volontari si chiamavano “delegati” perché, tra le altre cose, avevano una delega per accedere a fondi e conti: fino a una ventina di anni portavano fisicamente i soldi alle persone assistite dall’Ufficio Pio.

Negli ultimi 15 anni la Fondazione Ufficio Pio (FUP) si è professionalizzata (una dinamica che ha interessato molte organizzazioni del Terzo Settore, specialmente nel campo della filantropia) e ha cambiato modo di lavorare. Secondo i dati dell’ultimo Bilancio sociale per la FUP lavorano 34 persone, di cui 24 laureate (tra cui, per esempio, diversi assistenti sociali). Nonostante questo processo di strutturazione i volontari restano una componente centrale per la FUP. “È importante che non ci sia una sostituzione tra operatori e volontari”, sottolinea la Program Officer Ravot: “si valuta se coinvolgere volontari o professionisti in base al bisogno a cui si vuole rispondere e alla relazione che si intende creare”. Una relazione che in alcuni casi è necessariamente di carattere professionale, ma che in altri è di tipo sociale e umano (come nel caso di “Tu per Tu”, come vedremo più avanti).

Come avevamo raccontato nella sesta puntata di Intrecci, inoltre, il volontariato ha un’accezione ancora più significativa per la FUP, come si legge nella Carta del Volontariato: la persona che sceglie di donare liberamente e gratuitamente il proprio tempo esercita il proprio dovere civile di solidarietà, rafforzando il senso di comunità. In questo modo contribuisce indirettamente al raggiungimento della mission della FUP, che è quella di favorire la solidarietà attiva e ridurre le disuguaglianze economiche e sociali.

Tu per Tu: “una cosa di relazione”

Non è un caso che proprio alla FUP si sia ragionato molto della sostenibilità del volontariato, vista l’importanza che questo ricopre per l’ente. La FUP ha un’area interamente dedicata al volontariato (di cui fa parte Ravot), che sviluppa progetti direttamente con volontari. E proprio qui è nata l’idea di provare a sperimentare forme di volontariato più flessibili, “a tempo”. In queste proposte è comunque presente lo spirito solidaristico di chi decide di donare il proprio tempo e/o le proprie competenze, ma per un periodo di tempo limitato. “Perché in questo preciso momento della tua vita di studente o lavoratore tu hai del tempo da donare e non riesci a impegnarti su un orizzonte più lungo”, spiega Revello. In questo modo la FUP cerca di mantenere più bassa la soglia di accesso al volontariato, con l’ambizione di coinvolgere nuovi volontari e anche di avvicinare al mondo del volontariato persone che non l’hanno mai fatto prima.

In questo approccio ci sono alcune criticità, come sottolinea Ravot: “siamo sempre in moto per coinvolgere nuove persone volontarie”. Due canali sono da sempre fondamentali: il passaparola e la creazione di reti con gli attori del territorio, per individuare persone interessate a prendere parte ai progetti a vario titolo. Nel corso degli anni hanno anche individuato diverse altre strategie per il reclutamento, come per esempio l’utilizzo dei social o l’impiego di cartellonistica su strada.

Un progetto che esemplifica molte delle sfide e delle strategie raccontate è “Tu per Tu”, un’iniziativa avviata nel 2022 dalla FUP in cui un tutor volontario affianca una persona migrante in conversazioni utili a migliorare la conoscenza della lingua italiana e a sviluppare nuove relazioni. Il percorso dura indicativamente 5-6 mesi, in cui tutor e tutee si incontrano (almeno) una volta alla settimana per 2 ore. “Il bisogno a cui vuole rispondere “Tu per Tu” è di tipo relazionale più che linguistico”, precisa Ravot, e dunque si basa sull’apporto di tutor volontari. Un’altra conseguenza è che opera una certa selezione anche sul fronte dei tutee: “devono essere in grado di sostenere conversazioni in italiano (anche se basiche) e avere la possibilità e lo “spazio mentale” per trascorrere del tempo libero”.

Uno dei momenti di gruppo di Tu per Tu: tutor e tutee in visita al Museo di Arte Urbana di Torino. Fonte: Fondazione Ufficio Pio.

Il progetto offre una cornice di accompagnamento, per esempio con l’organizzazione di un incontro iniziale e di alcuni momenti di gruppo facilitati dalla FUP e dall’Associazione Frantz Fanon, ente torinese che si occupa di mediazione culturale e di salute mentale delle persone migranti. Sia tutor che tutee sono invitati a partecipare a questi incontri. Perché, come ci tiene a sottolineare Ravot, “Tu per Tu è proprio una cosa di relazione, un’esperienza di incontro” pensata in un’ottica il più possibile paritaria. Ovviamente in caso di problemi tutor e tutee sanno che “c’è sempre un’organizzazione a cui possono appoggiarsi”, ma l’accompagnamento è volutamente molto leggero. Tutor e tutee tengono ognuno un proprio microdiario in cui appuntare cose belle, difficoltà, pensieri.

Gli effetti della flessibilità

Al di là di questi momenti prestabiliti ogni coppia decide in totale autonomia modi, orari e luoghi del tempo da trascorrere insieme. La FUP offre però un altro supporto importante: ogni coppia ha una “dote” da spendere. Quando inizia il percorso c’è un primo mese di conoscenza reciproca e di scoperta dell’offerta gratuita o semi-gratuita della città (festival ad accesso libero, giornate gratis al museo, iniziative culturali di vario genere, ecc.). Questa conoscenza è preziosa e assolutamente non scontata per una persona nata o cresciuta fuori da Torino. Dopo questo primo periodo le coppie ricevono una carta prepagata da 150 euro, da usare per sviluppare un “progetto comune”, con l’invito di “provare ad andare oltre quello che hanno fatto fino a qual momento”. Qualcuno è andato per la prima volta a Milano, qualcuno al mare, qualcuno al cinema… la carta ha innanzitutto lo scopo di abbattere la barriera economica per entrambi (“ci sono tutee che sono più benestanti dei tutor, anche se non è comune”). Ma ha anche l’obiettivo di dilatare il tempo trascorso insieme e rafforzare la relazione, creando occasioni ulteriori rispetto alle 2 ore settimanali formalmente previste dal progetto.

Proporre forme di volontariato più flessibili ha effettivamente allargato la platea di potenziali volontari della FUP: la maggior parte dei tutor è in età lavorativa o della pensione, ma sono mediamente più giovani rispetto ad altri progetti. I tutee sono invece leggermente più giovani: indicativamente studiano all’università o sono giovani adulti. Sia tutor che tutee sono, nella maggior parte dei casi, donne.

Come raccontavamo all’inizio “Tu per Tu” è un progetto di “prime volte” e di scoperte. E lo è per entrambi i membri della coppia, come racconta Ravot: “non essendo una relazione di aiuto o una presa in carico, ma neanche un corso di italiano… i tutor sono allo stesso livello dei tutee, scoprono anche loro cose nuove sulla città”. Prendere parte a questo progetto rende possibile una fruizione diversa della città in cui si vive, sia dal punto di vista della persona arrivata da poco che da quello dell’abitante di lunga data. Semplicemente, come sintetizza Revello, “si ha una conoscenza più precisa non solo della città, ma anche dei suoi veri abitanti”.

Note

  1. Il dato proviene dal Censimento delle istituzioni non profit del 2021, il più aggiornato disponibile.
  2. 2015
  3. Una delle più grandi Fondazioni di origine bancaria italiane, attiva in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
Foto di copertina: Uno dei momenti di gruppo di Tu per Tu: tutor e tutee in visita al Museo di Arte Urbana di Torino. Fonte: Fondazione Ufficio Pio.