Negli ultimi anni la dimensione di comunità, come raccontiamo anche nel progetto giornalistico Intrecci, ha assunto un ruolo sempre più centrale nel dibattito sul welfare e sulle politiche sociali. Specialmente dove le risorse pubbliche si rivelano inadeguate per rispondere alle crescenti necessità dei cittadini, esperienze che nascono “dal basso” si affermano come soluzioni innovative per affrontare i bisogni sociali delle persone in modo partecipato, efficace e sostenibile.
Il volume Ci prendiamo cura delle comunità. Strumenti, metodi, esperienze sull’attivazione di comunità, pubblicato dalla Rete Italiana di Cultura Popolare in occasione del suo ventesimo anniversario, si inserisce pienamente in questa riflessione, riuscendo ad andare oltre una certa retorica – ricorrente in tanti convegni, seminari e tavoli di lavoro – sul ruolo di comunità, reti e collaborazione.
Pur fornendo un valido e solido quadro concettuale di riferimento che spazia su vari aspetti che riguardano la ”attivazione di comunità” – anche grazie ai contributi di noti docenti come Chiara Saraceno, Giuseppe Costa, Mario Calderini e Carlo Olmo – il libro si distingue per la capacità di declinare il tema concretamente, raccontando casi, strumenti operativi e metodologie che possono supportare enti locali, organizzazioni del Terzo Settore e gruppi informali nella costruzione di comunità solidali e resilienti capaci anche di innovare il welfare.
La forza trasformativa dei legami comunitari
Attraverso il racconto di pratiche come il Portale dei Saperi e le Portinerie di comunità, gli autori illustrano come la cura delle comunità non significhi semplicemente erogare servizi o rispondere a bisogni emergenziali, ma piuttosto attivare risorse latenti, costruire reti di fiducia e valorizzare le competenze delle persone che le abitano.
Il paradigma che emerge è quello di un secondo welfare capace di incidere sui territori mettendo al centro le persone come protagoniste del cambiamento, superando una visione assistenzialistica della comunità e ponendo l’accento sulla capacità trasformativa dei legami sociali.
In questo senso, le esperienze raccontate nel volume mostrano chiaramente che il successo di un’iniziativa di attivazione comunitaria non dipende solo dalla disponibilità di risorse economiche, ma anche e soprattutto dalla capacità di costruire alleanze tra diversi attori, promuovere una visione comune e coinvolgere le persone in un processo di crescita collettiva.
La possibilità di influenzare le politiche
In questo senso, uno degli elementi di valore del libro è quello di rivolgersi a un pubblico variegato che va dagli operatori sociali agli amministratori locali, fino agli studiosi e ai cittadini attivi, offrendo diversi spunti utili per riflettere su come rendere più inclusivi e partecipati i processi di sviluppo locale.
Ed è anche grazie a questa trasversalità che il libro apre a interessanti riflessioni sul rapporto tra attivazione di comunità e politiche pubbliche. Gli autori sottolineano come sia fondamentale che queste le pratiche di attivazione non restino episodi isolati o iniziative temporanee, ma vengano riconosciute e integrate nelle strategie di welfare territoriale. Per farlo, è necessario ripensare i modelli di governance locale, incentivare il dialogo tra pubblico e privato e creare meccanismi di sostegno strutturale per le reti di comunità.
In questo senso, il libro offre anche alcune suggestioni concrete su come le istituzioni possano favorire la sostenibilità di queste esperienze nel lungo periodo, garantendo che non si esauriscano con il termine di un progetto o di un finanziamento.
Un lettura agile per ampliare gli orizzonti
In sintesi, Ci prendiamo cura delle comunità rappresenta un contributo prezioso per chiunque sia interessato a comprendere il potenziale dell’attivazione comunitaria come strumento di cambiamento sociale. La ricchezza delle esperienze raccontate, l’approccio pragmatico e l’attenzione alle dinamiche di coprogettazione fanno di questo volume – che conta poco più di 100 pagine – una lettura preziosa per chi crede che le politiche sociali non siano solo una questione di risorse, ma anche e soprattutto di relazioni, partecipazione e capacità di immaginare nuovi modi di vivere insieme. E che invita a pensare il futuro del welfare con uno sguardo aperto, inclusivo e profondamente radicato nei territori.