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Alcune riflessioni introduttive
L’espressione “innovazione sociale” è diventata, negli ultimi anni, un tema ricorrente nel dibattito sulla ristrutturazione dei welfare state occidentali. Molti “addetti ai lavori” si ritrovano quindi sempre più frequentemente a maneggiare un concetto, quello appunto di innovazione sociale, assai scivoloso e per certi versi ambiguo, nella consapevolezza che, al di là delle variegate definizioni associate a tale espressione, essa permetta di veicolare sinteticamente la pressante esigenza di cambiamento che interessa il nostro sistema di protezione sociale. La sfida sottesa all’innovazione sociale è quella, in un contesto di crisi economica che assottiglia drammaticamente le risorse disponibili per continuare ad erogare i servizi del primo welfare, di riuscire a rispondere ad una serie pressante di domande sociali, ridisegnando le politiche pubbliche mediante processi di governance inclusivi (partnership pubblico/privato sociale/for profit) che conducano gradualmente al superamento delle rigidità del welfare postbellico. Quest’ultimo, costruito per rispondere a bisogni fortemente condizionati dalle caratteristiche dell’economia e delle dinamiche socio-familiari dell’epoca fordista, sembra oggi sempre meno in grado di “contrastare” le fragilità del Nuovo Millennio. Ecco perché da più parti si invoca, con insistenza, il mantra dell’innovazione sociale (si veda per tutti l’opera di diffusione e sensibilizzazione svolta in questi anni dalla Young Foundation).

Tuttavia, innovare nel sociale è una sfida difficile. Essa implica trasformazioni tanto “di prodotto” (la natura dei servizi offerti) quanto “di processo” (chi offre il servizio e con quali risorse). Non è pertanto possibile condensare in poche righe la complessità dei problemi che gli innovatori sociali deve affrontare per costruire soluzioni destinate a migliorare effettivamente, e sottolineiamo, in modo durevole, le risposte ai bisogni che la società esprime. Innovare è complicato, quindi, ma anche auspicabile, se si vogliono garantire, all’interno delle società occidentali e nell’immediato futuro, livelli di solidarietà compatibili con il vivere civile; livelli che sono già oggi drammaticamente a rischio. Per qualche prima utile suggestione, si consiglia la lettura del “Libro bianco sulla innovazione sociale” di Murray, Grice e Mulgan, tradotto da Giordano e Ardvisson (nei riferimenti).

L’importanza dell’argomento, nella prospettiva di ricerca di Secondo welfare, rende quanto mai opportuno seguire da vicino lo sviluppo di iniziative politiche concrete e significative in tema di innovazione sociale. Ciò anche al fine di estendere ed arricchire il dibattito nazionale attorno alle prospettive di riforma del nostro sistema di welfare. La nostra riflessione prende quindi avvio dal caso dell’Office of Social Innovation and Civic Participation della Casa Bianca.

L’Office of Social Innovation and Civic Participation
L’Office of Social Innovation and Civic Participation (SICP) è stato insediato, nella primavera del 2009, dal Presidente Barack Obama all’interno del Domestic Policy Council della Casa Bianca. L’iniziativa ha inteso rispondere ad un’esigenza precisa: potenziare il settore non profit americano attraverso la costituzione di un apposito ufficio governativo preposto al sostegno finanziario (ma anche al monitoraggio e alla valutazione attenta) dei progetti di innovazione sociale più promettenti attivati nell’ambito delle comunità locali americane. La constatazione che una parte troppo poco consistente del non profit è riuscita, negli ultimi anni, a fornire risposte realmente innovative ai bisogni della popolazione e, allo stesso tempo, il frequente esaurimento delle migliori sperimentazioni, a causa di difficoltà non tanto e non solo economiche ma soprattutto “gestionali”, incontrate nel delicato processo di messa a regime dei nuovi servizi, hanno quindi spinto l’Amministrazione Obama a costruire un vero e proprio team di innovatori all’interno della Casa Bianca.

Al SICP sono assegnati quattro fondamentali compiti:
– sviluppare partnership tra autorità di governo, organizzazioni non profit (con particolare attenzione a quelle filantropiche) e imprese for profit;
– supportare, mediante l’adozione di rigorosi processi di monitoraggio e valutazione, le sperimentazioni più promettenti, favorendo il loro consolidamento e la loro diffusione in altre comunità;
– favorire, anche attraverso l’utilizzo dei media, una crescente partecipazione civica nella realizzazione di servizi per la comunità (si veda a tale proposito il servizio “Find a volunteer opportunity");
– promuovere il Servizio Nazionale civile, cioè una serie di programmi federali mirati a sostenere l’attività volontaria di aiuto alla comunità da parte dei cittadini americani

L’innovazione sociale ha assunto così, fin dai primi mesi di mandato presidenziale, il ruolo di leva fondamentale nelle ambizioni di rinnovamento civico della nazione da parte dell’Amministrazione Obama. A conferma di questo impegno, a capo del SICP è stata nominata Sonal Shah, una brillante economista che, oltre ad avere ricoperto ruoli di rilievo per il Dipartimento del Tesoro nel periodo 1995-2001, ha avuto al suo attivo la direzione del team di Google.Org, la struttura filantropica di Google Inc., che sostiene lo sviluppo di tecnologie destinate ad affrontare le sfide globali, anche attraverso il sostegno finanziario all’innovazione sociale.

Il SICP opera sulla base di alcuni principi fondamentali:
1) importanza dei risultati: attraverso un approccio fortemente pragmatico, l’analisi dettagliata dei progetti candidati al finanziamento ed il loro monitoraggio costante in corso d’opera mirano a favorire il consolidamento di sperimentazioni effettivamente in grado di apportare innovazione sociale nella comunità;
2) valorizzazione delle soluzioni bottom-up: l’Office of Social Innovation mira a garantire un sostegno “dall’alto” a soluzioni che hanno la loro origine in una attenta progettazione locale, secondo il principio per cui “Government should support non supplant bottom-up solutions that are having an impact”;
3) diffusione della partecipazione: nella visione che ha portato alla costituzione del SICP, le comunità locali americane possono e devono essere incubatori di nuovi leader politici genuinamente innovatori. Questo scenario futuro richiede però già oggi l’impegno del Governo a favore del rinvigorimento del senso di responsabilità verso la comunità da parte di tutti i cittadini;
4) divisione delle responsabilità: nella misura in cui il governo non può (e non dovrebbe, nella consolidata cultura liberale statunitense) fare tutto da solo, i settori non profit e for profit, ciascuno in ragione del proprio ruolo e delle proprie potenzialità, sono chiamati a dare un contributo fattivo alla crescita sociale del paese. Questa enfasi sull’assunzione di responsabilità è stata più volte sottolineata dal Presidente Obama con l’espressione “all hands on deck”.

All’interno di questa cornice valoriale, il SICP ha avuto un ruolo cruciale nella costituzione del Social Innovation Fund, un programma governativo varato dal Governo con la firma dell’ dell’Edward M. Kennedy Serve America Act del 21 aprile 2009, e finanziato con 50 milioni di dollari nel 2010, che mira a sostenere progetti di innovazione sociale del non profit per il tramite di fondazioni (grantmaking organizations) che svolgono il ruolo di intermediari tra il Governo federale e le organizzazioni responsabili del progetto innovativo. Il 22 luglio 2010 sono stati resi noti i primi 11 progetti del non profit americano selezionati dal Social Innovation Fund . Tutti questi progetti hanno previsto un co-finanziamento da parte delle fondazioni filantropiche di circa 74 mln di dollari complessivi. L’elenco dei progetti ad oggi finanziati dal Social Innovation Fund è consultabile a questo link: Grantees and Subgrantees. In particolare, il 31 luglio scorso sono stati annunciati i risultati della terza competizione nell’ambito del Social Innovation Fund, che ha scelto quattro nuove organizzazioni filantropiche (che si vanno ad aggiungere alle 16 fino ad ora selezionate) con una consolidata esperienza nel sostegno a progetti di innovazione sociale nelle comunità locali. A ciascuna di queste organizzazioni è stato assegnato un finanziamento federale di 2 mln di dollari, che sarà erogato nel corso dei prossimi due anni.

Il Social Innovation Fund nel contesto del Servizio Nazionale statunitense
Il Social Innovation Fund rappresenta la leva fondamentale attraverso cui opera l’Office of Social Innovation and Civic Participation. La gestione amministrativa del fondo è tuttavia assegnata ad un’altra agenzia, l’importante Corporation for National and Community Service. Su quest’ultima è necessario spendere qualche parola, per meglio contestualizzare le iniziative sull’innovazione sociale dell’Amministrazione Obama.

La Corporation for National and Community Service (CNCS) è un’agenzia federale costituita dal Presidente Clinton nel 1993 con lo scopo di sostenere e rinvigorire la lunga tradizione americana della cittadinanza attiva, del servizio civile e della responsabilità. L’agenzia è nata quindi come strumento governativo teso a “catalizzare” le risposte comunitarie ai bisogni sociali, mediante il coordinamento delle attività di alcune organizzazioni chiave come i Senior Corps, gli AmeriCorps, Serve America e, a partire dal 2009, la gestione del Social Innovation Fund.

Per chi volesse ripercorrere la storia del Servizio Nazionale civile statunitense, a partire dall’istituzione, nel 1933, ad opera del Presidente Roosevelt, dei Civilian Conservation Corps, si rimanda alla “National Service Timeline”, nei riferimenti. Ciò che preme sottolineare è l’esistenza negli Stati Uniti – in parte in chiave integrativa di un sistema di protezione sociale assai meno generoso di quello consolidatosi in Europa – di una forte tradizione di servizio volontario alla comunità e di valorizzazione del non profit (religioso e laico), nel cui alveo si muovono, oggi, le iniziative di innovazione sociale sperimentate dall’Amministrazione Obama. E’ del resto in questa cornice che deve essere inquadrata la firma, da parte del Presidente Obama, dell’Edward M. Kennedy Serve America Act, nell’aprile del 2009, una legge che ri-autorizza ed espande i programmi del Servizio Nazionale coordinati dalla Corporation for National and Community Service.

Pur nel segno della continuità, nelle intenzioni dell’Amministrazione Obama l’Office of Social Innovation and Civic Participation e il Social Innovation Fund acquistano però i caratteri di un processo evolutivo e trasformativo, cioè investire in ciò che funziona, secondo parametri obiettivi di efficacia e replicabilità. La progettualità del non profit viene premiata nella misura in cui le sperimentazioni dimostrino di poter resistere alle sfide gestionali e di potersi consolidare attraverso processi di scaling: “The Social Innovation Fund reflects the President’s new governing philosophy: finding and investing in what works; and partnering with and supporting others who are leading change in their communities […] We are also working with Federal agencies across the government to identify new solutions to problems that have resisted traditional approaches." [Melody Barnes, Assistant to the President and Director of the Domestic Policy Council].

Alcune considerazioni conclusive
In un interessante articolo di The Economist, pubblicato il 12 agosto 2010 (nei riferimenti), l’iniziativa del Social Innovation Fund statunitense e quella della Big Society Bank britannica (su quest’ultimo tema si veda l’approfondimento di Lorenzo Bandera per Secondo welfare, “Big Society Capital e le prospettive di crescita per il terzo settore inglese”) vengono analizzate alla luce della loro reale capacità di promozione di processi di innovazione sociale, in particolare, nella forma dell’imprenditoria sociale e dello sviluppo delle comunità locali. Vale certamente la pena di leggere l’articolo con attenzione, anche i passaggi più polemici, come quello in cui i 50 milioni di dollari del Social Innovation Fund vengono definiti “paltry”, cioè “miseri”. L’idea è che nonostante la grande enfasi retorica attorno al tema dell’innovazione sociale, il governo americano stenti a trasferire risorse ingenti da programmi ben più presidiati, verso obiettivi di più difficile valutazione.
Il punto che pare centrale è proprio questo: come si capisce se un’innovazione sociale sta funzionando? Laddove manca l’elemento tangibile del profitto, quali sono i parametri che permettono di “apprezzare” il grado di aderenza delle risposte innovative ai bisogni della società? Il problema ma anche la grande sfida dell’Office of Social Innovation and Civic Participation è in fondo proprio questo: working out what works.
C’è di più, secondo The Economist l’ostacolo più grande che gli innovatori sociali americani e britannici troveranno sul loro percorso è la burocrazia, con la sua fisiologica inerzia al cambiamento. Questo ci pare un cruciale capitolo di riflessione, che speriamo di aprire nei prossimi approfondimenti di Secondo welfare sull’innovazione sociale.

Riferimenti

Il sito dell’Office of Social Innovation and Civic Participation

“Let’s hear those ideas”, The Economist, 12 agosto 2012

National Service Timeline

Libro bianco sulla Innovazione Sociale

Il sito della Young Foundation

 

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