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Individuare strade percorribili per rendere la filantropia strategica (sapete cos’è?) un motore di miglioramento sociale, concentrando i contributi privati in progetti integrati e facendonde un moltiplicatore per mobilitare energie e risorse. È questo, in estrema sintesi, uno dei principali elementi emersi durante la quarta edizione del Lang Philanthropy Day, iniziativa ideata da Fondazione Lang Italia per far incontrare filantropi, fondazioni e imprese appartenenti sia al panorama italiano che internazionale. Di seguito vi raccontiamo brevemente come è andato l’evento e quali elementi sono emersi nel corso della giornata di lavori, ospitata nella stupenda cornice di Palazzo Clerici a Milano.


La sessione plenaria

Alla sessione plenaria mattutina aperta da Tiziano Tazzi, Presidente della Fondazione Lang Italia, hanno partecipato diversi ospiti operanti sia a livello nazionale che internazionale.

Giacomo Boesso, Professore Associato di Economia Aziendale presso l’Università di Padova, ha presentato i risultati della recentissima ricerca scientifica “Indagine sulla governance delle Fondazioni italiane” che ha finora coinvolto 144 amministratori di fondazioni nell’intento di comprendere quale governance delle azioni filantropiche sia in grado di creare un maggiore impatto sociale. Nel corso del suo intervento Boesso ha spiegato come oggi esistanto approcci e modelli diversi in ambito filantropico: dallo stile di Adriano Olivetti, portatore di una filantropia illuminata e armonica che coinvolgeva i lavoratori della sua stessa azienda, a quella strategica e scientifica  di Andrew Carnegie che ha finanziato, tra le altre iniziative, un programma per l’istituzione di oltre 2.500 biblioteche negli Usa. Esempi utili a capire la differenza "tra l’approccio statunitense alla filantropia, molto deterministico, e quello europeo, più improntato alla solidarietà" Boesso ha presentato alcune degli elementi emergenti dalla ricerca svolta sul campo, spiegando che "i soggetti al vertice delle Fondazioni italiane sono disposti a sperimentare soluzioni d’intervento sociale anche innovative e rischiose, ma che possono diventare un modello per altri attori pubblici e privati". Le fondazioni, inoltre, "si sentono pronte ad erogare servizi di welfare privato, ove necessario, acconsentendo ad un uso abbastanza utilitaristico delle proprie prerogative istituzionali, ma senza derogare su specifici elementi solidaristici che fanno parte della tradizione italiana".

Andrea Cingoli, Amministratore Delegato di Banca Esperia, ha raccontato alcune delle iniziative sviluppate dal suo isituto di credito, come i Fondi di investimento "Duemme" (di cui vi avevamo già parlato qui). Cingoli ha spiegato come Banca Esperia si proponga come consulente per l’ottimizzazione di patrimoni sia finanziari sia corporate, sviluppando un servizio di advisory "specializzato anche per l’implementazione delle iniziative a supporto del sociale". La Banca si muove quindi "in un’ottica di evoluzione del modello di filantropia tradizionale, prevalentemente incentrato sulla donazione, al fine di sostenere i progetti nel tempo e raggiungere un equilibrio ottimale tra profitto e impatto sociale".

Andrea Silvestri, Direttore Generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, ha invece definito le sfide per le fondazioni di origine bancaria che oggi operano in Italia, che sono chiamate a fare “collective impact” in un momento storico in cui alcune istituzioni pubbliche hanno meno risorse e quindi subiscono un ruolo depotenziato nella fornitura dei servizi tradizionalmente ad appannaggio del welfare pubblico. "Le Fondazioni bancarie" ha spiegato Silvestri "devono essere in grado di assumere il ruolo di catalizzatore di interventi dalla programmazione strategica per lo sviluppo del territorio per quel che riguarda i servizi di welfare – ma anche le iniziative in campo culturale ed educativo – creando sinergie efficaci tra tutti gli attori coinvolti in questi processi di miglioramento sociale".

Alla sessione della mattina hanno partecipato anche alcuni ospiti internazionali che hanno raccontato le esperienze sviluppate nei loro Paesi in tema di impatto sociale: Zoran Puljic, Founder e Director della Mozaik Foundation (Bosnia-Erzegovina); Christine Rhomberg, Managing Director della Hilti Foundation (Liechtenstein) e Raphaela Tončić-Sorinj, Head dell’Ashoka Visionary Program (Austria).


Le sessioni del pomeriggio

Nel pomeriggio si sono svolte due sessioni parallele. La prima, “La Filantropia come laboratorio di innovazione: Theory of Change di organizzazione, di progetto e valutazione d’impatto. Le case history” si è concentrata su alcuni esempi gestionali concreti attraverso l’analisi di diversi casi nel settore italiano e internazionale. Questa sessione, in particolare, ha analizzato gli strumenti della Theory of Change (ToC) e delle valutazioni d’impatto con l’intento di individuare un modello attraverso il quale ogni operatore possa definire la propria strategia d’intervento e valutarne l’efficacia al fine di produrre innovazioni di valore per la propria comunità di riferimento e in generale per la società. Sul tema si sono confrontati Don Vincenzo Barbante, Presidente della Fondazione Sacra Famiglia; Paolo Palmerini, Direttore del Centro Italiano Aiuti all’Infanzia; Fernando Rueda Koster, Strategic Partnership Europe della Fundaciòn Avina cilena; Cecilia Plicco, Program Manager NEST della Chiesi Foundation. 

Nel corso dei lavori è stato spiegato come la ToC viene oggi sia adottata dalle maggiori organizzazioni grant-making per guidare e valutare la propria azione. La ToC, ad esempio, orienta le scelte della Bill & Melinda Gates Foundation, della Gordon and Betty Moore Foundation, e della Children’s Investment Fund Foundation: realtà che gestiscono un patrimonio complessivo di 54,3 miliardi di dollari. La diffusione di tale approccio, tuttavia, non sembra più limitato al fronte erogativo della filantropia privata. Negli ultimi anni infatti anche alcuni Governi nazionali, complice il contesto di crisi economica, hanno cominciato ad interessarsi all’applicazione della ToC per valutare l’efficacia dei propri programmi di sviluppo internazionale operati, ad esempio, da USAID, Nazioni Unite e Banca Mondiale.

La seconda sessione parallela del pomeriggio, “Strutturare il proprio disegno d’intervento a favore della comunità. Strategia e governance per rispondere alle dinamiche di aziende e famiglie” e ha trattato della duplice prospettiva con cui può svilupparsi la filantropia strategica. Da un lato quella della famiglia, dove i membri sono educati su questioni legate a successioni, preservazione del patrimonio, prosieguo dei valori e impegno sociale. Dall’altro la prospettiva del business, in cui la filantropia diventa un asset per sviluppare il proprio network, le proprie competenze, il proprio capitale reputazionale. Al panel hanno preso parte Daniela Montemerlo, Professoressa di Strategia delle Aziende Familiari presso l’Università Bocconi e dell’Insubria; Goffredo Modena, Fondatore e Presidente della Fondazione Mission Bambini; Giuseppina Antognini, Fondatrice e Presidente della Fondazione Alberto Pasquinelli; Andrea Pernigo, Imprenditore e Consigliere della Fondazione Just Italia.