Le Fondazioni di origine bancaria (FOB) – come avevamo già avuto modo di raccontare – svolgono oggi un ruolo fondamentale per la costruzione del nuovo welfare di comunità (Rago, Venturi, 2016). Una funzione perfettamente in linea con l’obiettivo di natura filantropica che le caratterizza, vale a dire con l’impegno nel supportare lo sviluppo sociale, culturale, civile ed economico dei territori di riferimento.

Il nuovo modello di welfare proposto vuole superare quello tradizionale e provare a trovare forme di risposta flessibili e adattabili alla complessità espressa dal lato della domanda (Venturi, Zandonai, 2016), influenzata da una serie di dinamiche di cambiamento in atto nel contesto di riferimento (crisi del tradizionale sistema di welfare, riduzione della capacità di cura famigliare dovuta a minori risorse economiche e/o difficoltà nella conciliazione tempi di vita-lavoro, ecc.) e caratterizzata da un aumento delle vulnerabilità – qui intese principalmente come bassa densità relazionale – attraverso soluzioni che, basandosi appunto sulla rete di relazioni in cui la persona è inserita, mirano a sviluppare opportunità per le persone in termini di ampliamento delle proprie possibilità (sia di tipo economico che sociale) e a stimolare la crescita di una società caratterizzata da benessere economico, relazioni sociali e qualità dei servizi offerti.

La maggiore autonomia, flessibilità e agilità di azione delle Fondazioni, rispetto alle altre fonti di finanziamento degli Enti del Terzo Settore, configura questi soggetti al momento tra gli attori più capaci di sperimentazione, innovazione e cambiamento nel panorama del Terzo settore, offrendo una prospettiva multidimensionale, di più ampio respiro e meno legata al contingente che meglio si adatta all’affrontare le sfide attuali. Per ottenere risultati in questo senso, come evidenziato anche da Carola Carazzone dell’Associazione italiana delle fondazioni ed enti della filantropia istituzionale (Assifero), occorre: da un lato, adeguare le precedenti modalità di relazione tra Fondazioni ed enti del Terzo settore alla nuova visione, vale a dire “selezionare gli enti del Terzo settore su cui investire […] attraverso policy di scouting, dialogo costante, accreditamento e costruzione di relazioni di fiducia basate sulla condivisione della missione e meccanismi di comparazione degli obiettivi strategici”; “costruire partnership strategiche su missioni, che scardinino la relazione erogatore-beneficiario di progetto, verso un modello in cui il partner finanziatore e il partner implementatore stanno in una relazione di partnership strategica e non di dipendenza top-downe spostare l’attenzione “dagli input – e dal controllo su quegli input – ai processi e ai risultati, o meglio all’impatto […]”; dall’altro, scongiurare il rischio di una frammentarizzazione dell’azione dei soggetti data dalla creazione di “cerchi chiusi per ciascun progetto, su cui, su un tema/ambito specifico, si affastellano degli altri cerchi creando dei silos di specializzazione, troppo spesso non comunicanti fra di loro, incapaci di interagire, di affrontare l’intersezionalità dei problemi, di lavorare insieme nel lungo periodo, di fare sistema tra loro e di produrre cambiamento sostenibile di sistema”; un indebolimento delle organizzazioni “in starvation cycle e in concorrenza vitale tra loro e un effetto di adattamento, di isomorfismo delle organizzazioni del Terzo settore come progettifici”.


L’innovazione promossa dai bandi della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì

Consapevole dell’urgenza di questo cambio di paradigma la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha voluto stimolare e supportare un’evoluzione delle modalità di azione dei soggetti operanti nel settore in chiave comunitaria, attraverso un percorso di finanziamento sempre più orientato all’impatto attraverso due bandi: “Territori di Comunità 2017 – 4° e 5° ed.” e “Generazione Over”.

L’innovazione di processo nella costruzione del bando “Territori di Comunità”

Nel primo caso la novità apportata dalla Fondazione nella 4° edizione del bando e riproposta nella 5°, come già approfonditamente descritto, ha visto l’utilizzo del bando come strumento strategico (e non solo di stimolo per la raccolta di idee progettuali o di “comunicazione” unidirezionale) sotto due diverse prospettive: da un lato, è stata l’occasione per avviare un percorso di stakeholder engagement attraverso cui la Fondazione ha potuto confrontarsi con gli enti del Terzo settore del territorio per acquisire una maggiore consapevolezza dei principali bisogni emergenti al fine di riorientare il bando stesso sulla base dei nuovi apprendimenti; dall’altro, è stata potenziata la fase valutativa delle proposte attraverso la definizione di una griglia di valutazione (con relativi punteggi) organizzata in dimensioni utili a rileggere le azioni progettuali nell’ottica dell’impatto generato da queste.

L’innovazione nella valutazione ex post dei progetti finanziati dal bando “Generazione Over”

L’obiettivo macro del bando “Generazione Over”, invece, è stato quello di promuovere attività e servizi innovativi di tipo “generativo” rivolti alla terza età al fine di contribuire al tema dell’anzianità attiva; infatti, se da un lato la popolazione anziana è naturalmente espressione di bisogni in termini di assistenza e cura, dall’altro, se collocata all’interno di un contesto relazionale adeguato, può essere ancora portatrice di risorse inestimabili. Gli obiettivi specifici perseguiti rispetto agli anziani beneficiari dalla rete di servizi ad alto impatto relazionale creata attraverso il bando “Generazione Over” miravano a:

  • una migliore partecipazione attiva alla vita comunitaria;
  • la costruzione di legami intergenerazionali;
  • l’attivazione di un sistema integrato con le famiglie e gli stakeholder pubblici e privati.

La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha voluto intraprendere un percorso innovativo per verificare e dare valore alla capacità di generare un cambiamento sociale intenzionale nel territorio di azione dei progetti sostenuti nel biennio 2016–2018 che assume un orizzonte temporale di lungo periodo, a partire dalla definizione della mappa degli stakeholder dei diversi progetti formata da:

  • i beneficiari diretti (anziani e care giver);
  • i beneficiari indiretti (operatori, volontari, bambini, giovani, immigrati coinvolti nei progetti)
  • la rete dei partner di progetto formata per la maggior parte (74%) da enti del Terzo settore, seguiti da Enti locali (16%) e da altre Fondazioni (5%) e Aziende sanitarie (5%).

L’applicazione al bando “Generazione Over” della cd. catena del valore dell’impatto (figura 1) ha poi permesso di individuare in primis gli input, vale a dire le risorse economiche/monetarie, il capitale umano e gli immobili e gli spazi utilizzati. Nel bando in oggetto la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha investito 220 mila euro corrispondenti al 42% del costo totale dei progetti, dove sono stati impegnati mediamente 79 operatori e 135 volontari. Inoltre, sono stati valorizzati sia asset materiali di proprietà dei soggetti promotori e/o partner, che comunitari (es. strutture ospedaliere, locali del Comune, scuole, ecc.) e, in alcuni casi, grazie ai progetti finanziati c’è stata una vera e propria rigenerazione di asset inutilizzati (es. terreno).

Le attività realizzate tramite il bando si sono concentrate in azioni volte a: offrire occasioni di socialità, relazione e partecipazione attiva dell’anziano; mantenere e/o migliorare la dimensione fisica e psicologica della salute dell’anziano; realizzare un coordinamento e attivare un confronto tra gli stakeholder; coinvolgere direttamente i care giver.

Gli output rappresentano gli esiti diretti, in termini di beni e servizi prodotti derivanti dall’implementazione delle attività, osservati sia per i beneficiari diretti, che per quelli indiretti; nei progetti finanziati dal bando sono state complessivamente coinvolte 2.041 persone. Infine, dato il termine troppo ravvicinato del periodo di realizzazione delle attività progettuali e la conseguente impossibilità di osservare i cambiamenti di lungo periodo nel contesto in cui si inserisce l’azione progettuale (impatto), l’ultimo passaggio che è possibile considerare ad oggi nella catena del valore dell’impatto generato dai progetti del bando “Generazione Over” è quello che porta ai risultati attesi sul medio-lungo termine, ovvero agli outcome, che è possibile osservare attraverso 5 dimensioni di valore, chiavi attraverso cui rileggere la capacità delle attività di essere d’interesse generale e di generare un beneficio nella comunità di riferimento (Venturi, 2017) , così come indicate in figura 1.


Figura 1. La catena del valore dell’impatto del bando “Generazione Over”


L’attività di valutazione messa in campo dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha, anzitutto, verificato la capacità delle attività progettuali di garantire una migliore integrazione dell’anziano all’interno della comunità attraverso una maggiore proattività (outcome 1), a partire dalla riduzione del senso di solitudine, obiettivo perseguito attraverso tutte le azioni volte a costruire una dimensione relazionale intorno all’anziano e quelle che hanno permesso il passaggio dell’anziano da una posizione di beneficiario pressoché passivo nell’intervento a risorsa attiva nella progettazione, produzione e gestione delle attività.

Il tema dell’intergenerazionalità e del miglioramento della qualità della vita attraverso il consolidamento di legami sociali che prevedono il coinvolgimento di bambini e giovani (outcome 2) è stato affrontato sia attraverso la promozione di attività in grado di stimolare la capacità mnemonica dell’anziano sia favorendo la creazione di opportunità di incontro tra generazioni o tra culture diverse attraverso, ad esempio, momenti informali di condivisione e scambio di conoscenze e competenze.

Il generale miglioramento dei servizi offerti agli anziani (outcome 3) è stato osservato, invece, in termini di capillarità e eterogeneità del sistema di offerta rivolto alla Terza Età, resa possibile anche grazie all’attivazione di servizi non esistenti sul territorio prima del bando, nonché di accessibilità dei servizi erogati sia da un punto di vista economico, che di flessibilità oraria e dei giorni di servizio. Tale outcome è stato perseguito anche attraverso la costruzione di partnership tra soggetti pubblici e privati per la realizzazione di reti diffuse volte a garantire un’offerta di servizi integrata e di qualità che hanno dato vita a gruppi di coordinamento di servizi simili sparsi nei diversi territori con l’obiettivo condividere competenze, risorse e problematiche.

Spesso le condizioni di salute dell’anziano non possono essere migliorate per patologie e situazioni irreversibili, ma anche un loro mantenimento costituisce un risultato di medio periodo di cui tenere conto: in tal senso, i risultati ottenuti fanno riferimento principalmente ad una riduzione del rischio di peggioramento delle condizioni di salute dell’anziano, affrontando anche l’esistenza di una “zona grigia” nella popolazione anziana che si colloca al confine tra non autosufficienza e autosufficienza e che spesso si trova in condizioni di vulnerabilità. Grazie alla relazione di fiducia instaurata e all’informalità degli interventi, questo rischio è stato abbassato e si è potuta accorciare la distanza percepita da questa specifica categoria di anziani (difficilmente intercettabile altrimenti) verso i servizi sociali, configurando in alcuni casi i servizi erogati tramite i progetti finanziati come veri e propri touchpoint tra Terza Età e servizi dedicati.

Spostando il focus della valutazione dagli anziani ai care giver, è stata valutata infine la capacità delle azioni progettuali di trovare risposte utili al miglioramento della qualità della loro vita sotto due punti di vista diversi: da un lato, costruendo o elevando il livello dell’offerta di servizi a loro dedicati in termini di integrazione ed eterogeneità delle attività; dall’altro, offrendo loro dei tempi di riposo e “sollievo” attraverso la regolare erogazione di servizi di qualità a cui poter affidare con fiducia e serenità la persona di cui si fanno carico continuativamente.

In conclusione, 3 sono i principali elementi distintivi che hanno caratterizzato le progettualità finanziate dal bando “Generazione Over”, migliorando la loro capacità di generare intenzionalmente un cambiamento nel territorio:

  • la centralità della dimensione relazionale negli interventi per l’anziano, come punto cardine su cui innestare le successive azioni a loro dedicate. La forza e l’eterogeneità delle diverse relazioni instaurate (con gli altri beneficiari, con i care giver, con gli operatori, con i volontari, con la comunità, ecc.) costituiscono l’elemento chiave del modello di welfare comunitario che si intende promuovere;
  • la personalizzazione delle soluzioni offerte dai progetti messi in campo, resa possibile ed efficace grazie alla mutualizzazione dei nuovi bisogni emergenti degli anziani (aggregazione della domanda) in modo da favorire azioni inclusive ed efficaci, ottimizzando le risorse;
  • l’effetto leva generato dal contributo della Fondazione, sia in termini di creazione di nuove sinergie tra i diversi soggetti partecipanti, che di ulteriori azioni integrative non finanziate dal bando, ma utili e funzionali per la buona riuscita dei progetti (es. servizio di trasporti, attività di sensibilizzazione e formazione, creazione di un sito internet, ecc.).

Le Fondazioni di origine bancaria: attori abilitanti i processi d’innovazione territoriale

Al fine di stimolare percorsi di innovazione territoriali, le FOB devono svolgere una funzione abilitante verso quegli enti del Terzo settore interessati a massimizzare il loro impatto sociale. Al fine di perseguire un tale obiettivo, si devono necessariamente dotare di una strumentazione che metta loro nelle condizioni di poter selezionare progettualità ad alto potenziale in termini di impatto sociale e successivamente di valutarle rispetto agli obiettivi dichiarati in tal senso.

La ratio sottostante è che l’innovazione sociale è un fenomeno altamente “context dependent” (Zamagni, Venturi, Rago, 2015) , ovvero che l’impatto economico e sociale generato dalle iniziative di innovazione sociale di un territorio è fortemente influenzato dalle caratteristiche del contesto sociale, economico, culturale e istituzionale di riferimento. Un contesto è favorevole allo sviluppo di innovazione sociale quando si verifica un’ibridazione tra i vari soggetti in grado di generare valore ed essi collaborano attivamente e stabilmente per il raggiungimento di un obiettivo comune trovando formule nuove ed efficaci di collaborazione.

Necessario (anche se non sempre sufficiente) a garantire l’esito della buona riuscita di progetti sociali innovativi a livello locale è riuscire a smarcarsi da un’ulteriore caratteristica che può marcare i processi di innovazione, ovvero essere “path dependence”, cioè dipendenti da scelte effettuate nel passato (recente o remoto). Questo a dire che, per poter essere efficace in termini di soluzione di bisogni sociali che emergono in un determinato territorio, a volte è necessario – soprattutto assumendo l’ottica delle FOB come facilitatori di tali processi – riuscire a sostenere e incentivare nuove forme di risposta, anche in discontinuità rispetto al passato.

A tal fine, nel prossimo futuro le FOB dovranno dotarsi in misura crescente di:

  • modalità di interfaccia con i soggetti del Terzo settore locali che possano costantemente permettere loro di monitorare i bisogni emergenti dei territori (es. realizzazione di focus group tematici o hackathon volti a far emergere nuove idee);
  • strumentazione ex ante, in grado di orientare la progettualità verso precisi obiettivi di medio-lungo periodo in termini di impatto (es. esplicitazione delle dimensioni di valore in una griglia di valutazione inserita nel bando);
  • strumentazione ex post, in grado di rilevare e leggere la capacità delle azioni implementate di rispondere concretamente agli obiettivi in termini di impatto dichiarati in fase progettuale e le modalità con cui questi sono stati raggiunti.

 

Riferimenti

Rago S. e Venturi P. (2016), Imprese sociali e welfare di comunità, AICCON Short Paper Series, 10
Venturi P. e Zandonai F. (2016), Imprese ibride. Modelli di innovazione sociale per rigenerare valore, Milano, Egea
Venturi P. (2017), La questione della misurazione dell’impatto sociale. Proposta di un percorso intenzionale, Welfare Oggi 6/2017
Zamagni S., Venturi P., Rago S. (2015), Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali, in “Impresa Sociale”, 6, pp. 77-97