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Vi proponiamo un’intervista a Franco Ferraris, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, pubblicata dall’Eco di Biella il 23 novembre in occasione del lancio del progetto sull’istituendo Osservatorio territoriale. L’iniziativa è promossa dalla Fondazione e sarà accompagnata dal nostro Laboratorio. Tutti gli stakeholder locali parteciperanno all’Osservatorio affinchè – come sottolineato dalla nostra direttrice in una recente intervista – i problemi territoriali possano essere affrontati con un approccio adeguato.



Presidente Ferraris, come nasce l’idea di un Osservatorio per i bisogni territoriali del Biellese?

La Fondazione ha da sempre attuato una politica di ascolto attivo del territorio attraverso i suoi Organi e uffici. Questo è indispensabile per mappare i bisogni territoriali e impostare le politiche erogative. Oggi però, in un mondo sempre più complesso e a fronte di una riduzione delle risorse disponibili, occorre dotarsi di strumenti di analisi più scientifici, modellizzati, per questo è stata istituita inizialmente una “Commissione bisogni territoriali” che nei mesi scorsi ha contribuito in modo determinante a individuare le linee di intervento della Fondazione per contrastare la pandemia mettendo a punto progetti come il “bonus abitare” contro le nuove povertà e “megaweb4education” per superare il digital divide.

Oggi grazie all’istituzione di un “Osservatorio dei bisogni territoriali”, che ha per partner il Laboratorio Percorsi di secondo welfare (ente di ricerca afferente al Dipartimento di scienze sociali e politiche dell’Università di Milano), saremo in grado di fotografare a 360° i bisogni territoriali e di dare risposte sempre più calibrate ed efficaci. Si tratta di un’azione strategica di medio-lungo periodo destinata a divenire uno strumento strutturale dell’Ente attraverso la formazione di una professionalità interna che si occuperà di fare da raccordo tra il tavolo di lavoro dell’Osservatorio, espressione dei principali Enti del Biellese, e gli Organi della Fondazione.

La Fondazione è stata particolarmente attiva nel contrastare l’emergenza covid, quali sono le principali azioni presenti e future?

Di fronte alle sfide poste con urgenza dalla crisi sanitaria la Fondazione ha messo in campo tutte le proprie energie per dare risposte rapide ed efficaci essenzialmente attraverso la creazione di nuovi bandi, il riorientamento dei bandi esistenti e l’anticipo dei pagamenti. Sono state mobilitate risorse di rete grazie alla collaborazione con Biverbanca – Gruppo Cassa di Risparmio di Asti e sono stati attivati servizi capillari a sostegno delle categorie più fragili.

La Fondazione inoltre ha sempre guardato oltre l’emergenza, cercando di intercettare le problematiche post covid come la necessità di scuole connesse alla rete veloce (da qui il progetto Megaweb4education con Città Studi), l’intervento a contrasto delle nuove povertà (Progetto bonus abitare) e così via. Oggi lavoriamo anche per cercare di arginare la crisi economica e rilanciare il territorio su nuovi assets strategici come turismo e residenzialità. In questo quadro si capisce bene come uno strumento di analisi teorica sia indispensabile per mappare possibilità e elaborare strategie condivise.

Il cosiddetto “secondo welfare” diventerà un tema sempre più attuale soprattutto dopo la pandemia e a fronte di un mondo del lavoro in rapida evoluzione, che ruolo possono giocare le Fondazioni?

Le Fondazioni sono soggetti strategici per il “secondo welfare”, operano infatti come volano per il volontariato e per tutto il Terzo settore. Nel solo 2018 si calcola infatti che circa il 40% delle erogazioni elargite a livello di sistema sia stato destinato a iniziative legate al welfare. Ma il ruolo delle Fondazioni non è soltanto economico, soprattutto negli ultimi anni, esse hanno svolto un ruolo attivo nella promozione e nel sostegno di processi di innovazione sociale, partecipati e sostenibili nel tempo. Si tratta di una logica aggregativa e di coordinamento delle risorse dei territori in cui le Fondazioni operano che si traduce in bandi in cui sono presenti quote di cofinanziamento, partnership premianti, metodi di monitoraggio e valutazione di impatto che garantiscano continuità alle azioni e sostenibilità.

In questo contesto il legame con il territorio è essenziale: le Fondazioni infatti non solo conoscono bene i territori, ma hanno instaurato con essi un rapporto di fiducia che rende possibile la co-progettazione con gli Enti. Ecco perché l’analisi dei bisogni diventa strategica, soprattutto quando, come nel caso della Fondazione CR Biella, viene condivisa con gli enti pubblici e le associazioni. Risulta evidente come questo metodo di lavoro eviti la dispersione delle risorse e garantisca sostenibilità dei progetti e attinenza ai bisogni del territorio. La Fondazione dunque come soggetto proattivo che non “eroga” ma “investe” sul Biellese attraverso bandi che mettono al centro la capacità di fare rete e che in questo modo contribuiscono a creare una preziosa cultura della collaborazione.

Infine gli stessi immobili della Fondazione, messi a disposizione “per il bene comune” svolgono una funzione di sostegno al welfare, nel caso di Biella lo si vede bene con Villa Boffo, in cui ha trovato casa “Mente Locale”, con il centro “Casa della comunità”, con Palazzo Gromo Losa per la cultura e il sociale e con il recente progetto “Cascina Oremo” che sarà il punto di arrivo di una progettazione di lungo corso volta a trasformare Biella in un punto di riferimento per l’integrazione di bambini e ragazzi disabili.

Il Biellese è un territorio all’avanguardia sul tema del welfare aziendale, basti pensare al progetto “Welfare cafè” di UIB.

La storia della cultura di fabbrica è anche una storia dei diritti dei lavoratori ed è bello e inevitabile che Biella oggi sia, anche sul piano industriale, un laboratorio all’avanguardia per nuove forme di tutela e incentivo ai lavoratori. Nonostante le difficoltà della crisi, economica e sanitaria, queste nostre radici sono molto importanti e sicuramente potranno essere integrate nel percorso di welfare che la Fondazione disegnerà. La storia del resto ci insegna che le soluzioni più innovative e i grandi balzi in avanti culturali coincidono spesso con i momenti di crisi, pensiamo al “Patto della montagna”, stipulato in piena guerra e che sancì per la prima volta in Europa la parità salariale uomo/donna.

Oggi la partita del rilancio del territorio si gioca su una nuova vision fatta di green, attrattività residenziale e turistica, integrazione, ma anche di conciliazione dei tempi di vita e lavoro. L’orizzonte ideale per Biella città creativa Unesco non potranno che essere gli obiettivi dell’agenda ONU 2030 in cui grande attenzione è posta ai temi della parità di genere, dei giovani e dell’inclusione. Sono certo che, come nel 1945, anche dopo questa “guerra” il sistema Biella saprà attingere alle sue forze migliori per creare un nuovo futuro ed essere ancora una volta all’avanguardia.