3 ' di lettura
Salva pagina in PDF

La Fondazione Rodolfo De Benedetti, fondata nel 1998 come centro di ricerca indipendente e non-profit, si pone l’obiettivo di promuovere la ricerca e il dibattito scientifico sulle tematiche più rilevanti della politica economica nel campo del mercato del lavoro e dei sistemi di welfare in Europa.

Con lo scopo di presentare i principali risultati di alcune ricerche finanziate dalla Fondazione e per alimentare il dibattito in materia, lo scorso 27 maggio si svolta la XIX Conferenza Europea sul tema della mobilità sociale in Italia e nel mondo. Percorsi di secondo welfare era presente e vi racconta cosa è successo.

La mobilità intergenerazionale e la sua percezione

Dopo i saluti iniziali e l’apertura dei lavori, affidata a Carlo De Benedetti (Presidente della Fondazione RDB) e Sauro Longhi (Rettore dell’Università Politecnica delle Marche), si è tenuta la presentazione della ricerca “Mobilità internazionale e preferenza per la ridistribuzione”, curata dal Professor Alberto Alesina (Harvard University e Igier Bocconi).

Secondo la survey – che ha coinvolto un campione rappresentativo di cittadini che vivono negli Stati Uniti d’America, in Italia, in Francia, in Svezia e nel Regno Unito – gli americani sarebbero più ottimisti degli Europei circa il livello di mobilità intergenerazionale, cioè della possibilità per un figlio di migliorare la propria condizione economica rispetto a quella di suo padre. Questo ottimismo, però, è spesso mal riposto: sembra infatti che la percezione della mobilità sociale negli Stati Uniti sia molto più elevata rispetto alla reale possibilità di migliorare il proprio reddito rispetto a quello della propria famiglia. Questo, inoltre, varia significativamente all’interno degli stessi Stati Uniti: è più alto negli stati del Nord e del Nord-Ovest e più basso in quelli del Sud e del Sud-Est.

In Europa la situazione è molto differente. Gli europei non solo sono più pessimisti dei cittadini americani, ma sono anche eccessivamente pessimisti, se si considera il reale livello di mobilità nel loro Paese: in altre parole, si sottostima la probabilità che una persona riesca ad uscire da una condizione di povertà.

Un risultato interessante di questa ricerca ha riguardato il ruolo che lo Stato può avere nell’aumentare il livello di mobilità attraverso politiche di redistribuzione e interventi mirati ad aumentare l’uguaglianza. I risultati mostrano che le preferenze politiche rispetto al ruolo dello Stato sono significativamente correlate con i sentimenti di ottimismo e di pessimismo verso la mobilità sociale: in tutti i Paesi, gli intervistati più pessimisti tendono a preferire un sistema di tassazione più progressivo e una maggiore spesa pubblica nell’istruzione e nella sanità. Questa tendenza è molto più forte negli intervistati che si definiscono politicamente schierati a sinistra, i quali ritengono l’intervento statale necessario per incentivare la mobilità sociale.


La mobilità sociale in Italia

Dopo la presentazione della ricerca, la mattinata si è chiusa con l’intervento di una squadra di esperti della Banca Mondiale, i quali hanno presentato i risultati preliminari del rapporto "Poverty and Shared Prosperity 2017: Economic Mobility across Generations".

Nel pomeriggio, Gianluca Violante (Princeton University), Paolo Acciari (Ministero dell’Economia e delle Finanze) e Alberto Polo (New York University) hanno concluso i lavori presentando il rapporto di ricerca "Eppur si muove: mobilità intergenerazionale in Italia". Per questo studio è stato utilizzato un campione di cittadini italiani appartenenti a due generazioni differenti. In totale, sono state coinvolte circa 650.000 coppie genitori-figli.

Sulla base dei dati ricavati emerge che i figli di genitori con redditi bassi hanno migliorato, in media, la loro posizione rispetto ai genitori. Questo però non avrebbe comunque consentito alle nuove generazioni di migliorare la loro condizione in senso assoluto: i figli di genitori a basso reddito, anche se sembrano riuscire a scalare alcune posizioni della “scala sociale”, percepiscono un reddito comunque al di sotto della media del campione.

I risultati suggeriscono anche che la mobilità verso l’alto è più elevata per i figli maschi rispetto alle figlie femmine. Inoltre, è più alta per i figli che, una volta adulti, migrano in una provincia diversa da quella in cui sono cresciuti: la mobilità geografica favorisce quindi la mobilità sociale.

Un ultimo dato rilevante riguarda, infine, le differenze geografiche nella mobilità verso l’alto. Se si considerano le 110 provincie italiane, infatti, lo studio evidenzia marcati contrasti territoriali, specialmente tra Nord e Sud. Nel Nord Italia, figli con diversa estrazione sociale raggiungono risultati economici più simili da adulti; inoltre, i figli di genitori con basso reddito, da adulti, riescono ad ottenere, con maggiore probabilità, un livello più elevato di reddito.

Tra le provincie italiane più grandi, quelle che registrano una mobilità intergenerazionale più alta sono: Bolzano, Trento, Bergamo, Reggio Emilia, Monza, Treviso, Modena, Udine, Milano e Parma. Quelle che invece hanno una mobilità sociale più bassa sono: Avellino, Reggio Calabria, Agrigento, Catania, Siracusa, Palermo, Trapani, Messina, Salerno e Cosenza. Se, a riguardo, si analizzano i fattori socio-economici che sono maggiormente correlati con il grado di mobilità verso l’alto a livello provinciale, si può osservare che gli aspetti più significativi sono le condizioni del mercato del lavoro locale, il livello di capitale sociale e la qualità scolastica.

Riferimenti

Tutti i paper e le ricerche presentate al Convegno sono disponibili alla pagina internet della Fondazione