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"Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia?". È una delle frasi attribute, insieme alla più nota "con la cultura non si mangia", all’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che durante uno scambio di vedute con Sandro Bondi, Ministro ai Beni e attività culturali, sottolineò così come gli investimenti dovessero andare in ben altri ambiti. Tremonti ha poi smentito queste parole, ma nell’immaginario collettivo è rimasta quella frase così netta, che spiega come la cultura sia sicuramente qualcosa di bello e buono da preservare, ma pensare di ricavarci anche qualcosa… 

Ecco. I dati presentati nel Rapporto 2019 Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi, dicono esattamente il contrario. Arrivato alla nona edizione il Rapporto, che annualmente quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale, propone numeri e storie che vengono dal mondo della cultura, ed è realizzato grazie alla partnership di Fondazione Symbola con Unioncamere, Fondazione Fitzcarraldo, Si.Camera, Regione Marche e con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Il Rapporto è stato presentato, in partnership con la Fondazione Cariplo, il 9 dicembre a Milano presso la sala stampa di Palazzo Marino da Giuseppe Tripoli, Segretario Generale di Unioncamere, Ermete Realacci, Presidente di Fondazione Symbola, Giovanni Fosti, Presidente della Fondazione Cariplo, Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, e Stefano Bruno Galli, Assessore all’Autonomia e Cultura Regione Lombardia. L’evento, moderato da Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della Sera, si è svolto alla presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Dario Franceschini.

Secondo il Raporto non solo la cultura rende dal punto di vista economico – permettendo quindi "di mangiare" – ma genera valore anche in campi apparentemente distanti, come quello del welfare. Un tema, quello del welfare socio-culturale (di cui abbiamo iniziato a occuparci qui), su cui il nostro Laboratorio vorrebbe dedicare parte delle ricerche del prossimo biennio di attività. E che "Io sono cultura" aiuta sicuramente a perimetrare.


Di cosa si occupa il Rapporto

Il rapporto analizza il "Sistema Produttivo Culturale e Creativo", ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle attività che, pur non producendo direttamente, utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti (e quindi la loro competitività), che nello studio è definito creative-driven. Il sistema produttivo culturale si articola in 5 macro settori: industrie creative (architettura, comunicazione, design), industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), Performing arts e arti visive che rappresentano il "Core cultura"; a queste si aggiungono le imprese Creativedriven, non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico.


Un sistema che traina l’Italia

Questo Sistema Produttivo Culturale e Creativo – fatto da imprese, pubbliche amministrazioni e organizzazioni non profit – secondo il Rapporto vale quasi 96 miliardi di euro e attiva altri settori dell’economia che muovono, nell’insieme, oltre 265 miliardi, equivalenti al 16,9% del valore aggiunto nazionale. Un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere del settore, ma anche di quella parte dell’economia che beneficia di cultura e creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo. Una ricchezza che, ovviamente, ha riflessi positivi anche sull’occupazione: il solo Sistema Produttivo Culturale e Creativo dà lavoro a 1,55 milioni di persone, che rappresentano il 6,1% del totale degli occupati in Italia. Un sistema che, per altro, continua a crescere: nel 2018 ha prodotto un valore aggiunto del 2,9% superiore rispetto all’anno precedente, mentre gli occupati sono cresciuti dell’1,5%; superiore a quella del complesso dell’economia (+0,9%). 


I settori e i trend

Andano più nel dettaglio, le industrie culturali producono, da sole, 35,1 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 500 mila persone (il 2,0% degli addetti totali). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 13,8 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 267 mila addetti. Le Performing arts generano invece 8,2 miliardi di euro di ricchezza e 145 mila posti di lavoro; alle realtà che si occupano di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,9 miliardi di euro di valore aggiunto e 51 mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività Creative-driven: 35,8 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,3% del complessivo nazionale) e più di 591 mila addetti (2,3% del totale nazionale).


Figura 1. Valore aggiunto e occupazione del Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano per settore Anno 2018 (valori assoluti, composizioni percentuali e quote percentuali sul totale economia)

Fonte: Unioncamere, Fondazione Symbola, 2019

Approfondendo l’analisi è interessante vedere anche quali siano le varie componenti che contribuiscono alla produzione di ricchezza in ciascun settore culturale. Le performance più rilevanti, all’interno delle industrie creative, appartengono al sottosettore del design (che produce 8,9 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo) e della comunicazione (4,9 miliardi di euro, lo 0,3%). Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle industrie culturali, invece, vi sono il comparto dell’editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,7 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,9%, pari a 13,6 miliardi di euro).


Le imprese attive

Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano conta, a fine 2018, 416.080 imprese, che incidono per il 6,8% sul totale delle attività economiche del Paese. In particolare, le imprese che operano nei settori "Core Cultura", direttamente collegate alle attività culturali e creative, sono 289.792; più del 95% delle imprese operanti in questo settore appartiene a due soli ambiti: industrie culturali (147.153 mila imprese, pari al 50,6 % del totale) e industrie creative (129.533 imprese, pari al 44,5% del totale). Per quanto riguarda la stima sulla componente Creative driven, dove confluiscono tutte le attività economiche non strettamente riconducibili alla dimensione culturale ma caratterizzate da strette sinergie con il settore, si parla di 125.054 imprese.

 

Figura 2. Imprese del Core Cultura del Sistema Produttivo Culturale e Creativo per sottosettori Anno 2018 (valori assoluti)

 

Fonte: Unioncamere, Fondazione Symbola, 2019


Le imprese femminili (ovvero condotte o a prevalenza di conduzione da parte di donne) sono ben 52.391, pari al 18% delle imprese del Core Cultura. La presenza femminile è particolarmente elevata nelle imprese del patrimonio storico-artistico (31,8%), mentre è più bassa nei settori dell’architettura e design (6,5%) e videogiochi e software (9,6%). Le imprese giovanili (cioè condotte o a prevalenza di conduzione da parte di persone con meno di 35 anni) sono 21.993 e pesano per il 7,6% (per il totale economia la quota è 9,3%). In questo caso sono particolarmente presenti nelle imprese di videogiochi e software (10,0%), e molto poco nel settore dell’architettura e design (3,8%).


La geografia della cultura

Secondo il Rapporto, Lombardia e Lazio sono al primo posto tra le Regioni per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte dalla cultura. La prima fa segnare 25,4 miliardi di euro di valore aggiunto (26,5% del totale nazionale) e 365 mila addetti (23,5%), mentre la seconda si attesta a 15,5 miliardi di euro (16,2%) e 212 mila addetti (13,7%). Entrambe le Regioni sono  “trainate” dai due grandi hub culturali localizzati nelle aree metropolitane di Milano e Roma, che rappresentano rispettivamente il 63% di valore aggiunto e il 56% di occupazione del Sistema e il 92% e l’89% sul totale regionale. A livello di aree metropolitane non deve quindi stupire che Milano sia al primo posto per incidenza di ricchezza (10,1%) e occupazione (10,3%) prodotte nel Paese, mentre Roma è seconda per valore aggiunto (9,9%) e terza per occupazione (8,7%). 

In linea con quanto osservabile per l’intera economia (figura 3), si conferma una forbice tra Nord e Sud, a dimostrazione di una evidente correlazione fra ricchezza complessiva, specializzazione culturale e creatività delle economie territoriali.

 

Figura 3. Valore aggiunto e occupazione del Sistema Produttivo Culturale e Creativo nelle regioni italiane Anno 2018 (valori assoluti, incidenze percentuali sul totale economia e variazioni percentuali)
Fonte: Unioncamere, Fondazione Symbola, 2019



La cultura strumento di coesione sociale 

Durante la presentazione sono stati diversi gli spunti offerti dai relatori presenti. Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola, ha sottolineato come “cultura, creatività e bellezza sono la chiave di volta di molti settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia e consolidano la missione del nostro Paese orientata alla qualità e all’innovazione: un soft power che attraversa prodotti e territori e rappresenta un prezioso biglietto da visita". Secondo Realacci questa è "un’infrastruttura necessaria anche per affrontare le sfide che abbiamo davanti a cominciare dalla crisi climatica. Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, aiuta il futuro e favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva”.

“La sinergia tra cultura e impresa in Italia, per cui l’impresa produce cultura e la cultura crea impresa, spiega il grande apporto che questo settore dà alla ricchezza prodotta dal nostro Paese: 96 miliardi di euro nel 2018, con un effetto moltiplicatore quasi doppio sul resto dell’economia”, ha sottolineato il Segretario Generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “Occorre quindi continuare a credere e investire su questo settore, non solo nelle grandi aree urbane come Milano e Roma ma anche in tutto il fitto reticolo di centri più piccoli, eppure altrettanto importanti, così diffusi nel nostro Paese”.

Particolarmente interessante è stato l’intervento di Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo, che ha affermato: "il Rapporto Symbola conferma una convinzione sulla quale la nostra Fondazione ha impegnato risorse, idee e competenze: oltre 1 miliardo di euro dal 1991 ad oggi, a sostegno di più di 10 mila progetti per l’arte e la cultura, contribuendo a portare innovazione nel modo con cui valorizzare e tutelare il nostro patrimonio artistico e architettonico. La cultura è un asset strategico per il nostro Paese su cui far leva; è un potente strumento di crescita delle persone e un efficace volano per l’economia". "A questi fattori" ha concluso Fosti "si aggiunge la capacità di tenere insieme le persone, dar vita al dialogo e generare valore per le comunità, concorrendo alla coesione sociale. Lo abbiamo sperimentato anche con la creazione di imprese culturali che hanno dato lavoro a centinaia di giovani. Non abbiamo mai smesso di sostenere la cultura, con la nostra azione filantropica; continueremo a farlo leggendo i nuovi bisogni, portando la cultura sempre di più verso le persone che ne hanno meno accesso, e nei luoghi più lontani, come le periferie”. Un punto di vista che riflette la nuova strategia pluriennale varata da Cariplo poche settimane fa, che identifica la cultura come motore di sviluppo dei territori e opportunità di lavoro per i loro abitanti. 

Il nesting tra welfare e cultura: un nuovo fronte di ricerca

Come spiegano Franca Maino e Maurizio Ferrera nelle conclusioni del Quarto Rapporto sul secondo welfare, il nesting – l’incastro virtuoso – tra primo e secondo welfare non è più sufficiente per inquadrare i cambiamenti in atto nel nostro sistema sociale. Si assiste infatti a fenomeni endogeni ed esogeni sempre più trasversali e meno definibili attraverso categorie "tradizionali", che inevitabilmente influenzano anche settori apparentemente lontani dai perimetri canonici del welfare. La cultura è uno di questi ambiti.

Il nostro Laboratorio ha infatti iniziato a percepire con crescente consapevolezza che lo sviluppo di condizioni di reale benessere, autonomia ed equità oggi passano sempre più spesso anche da dimensioni legate alla cultura nel senso più ampio del termine. Un migliore accesso al sapere, il superamento del divario digitale, il contrasto all’analfabetismo funzionale, la diffusione di opportunità culturali la partecipazione a momenti di coesione sociale e di interazione "civica": sono tutti ambiti sempre più importanti per formare cittadini coscienti delle sfide (anche) sociali che oggi ci troviamo a dover affrontare.

In tema di ricerca, dunque, ci stiamo interessando a questa dimensione dell’ingaggio “consapevole in un’ottica di empowerment, ma anche ai primi, interessanti esempi concreti in cui i luoghi della cultura diventano anche luoghi del welfare. È questo il caso di diverse biblioteche del nostro Paese raccontato nel recente rapporto di ricerca sul progetto CUBI – culture e biblioteche in rete. Ma tanti altri, da esplorare e approfondire, sono certamente i fronti in cui cultura e welfare agiscono e possono agire in modo sinergico, vista anche la ricchezza descritta dal Rapporto "Io sono cultura".

Riferimenti

Io sono cultura 2019 – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi