Mai come in questo momento l’elevato costo dell’energia e la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime sono temi centrali nel dibattito pubblico. La situazione internazionale sta infatti avendo forti conseguenze sulle spese di famiglie e imprese, colpendo in particolare le fasce più deboli della popolazione. Negli ultimi mesi le istituzioni nazionali ed europee hanno messo in campo varie misure per affrontare la situazione: stanziando aiuti economici per miliardi di euro, stabilendo nuove regole per risparmiare energia, differenziando i canali di approvvigionamento e (forse) decidendo di porre un tetto ai costi di acquisto.
Molte di queste soluzioni, proprio perché assunte in un contesto fortemente emergenziale, appaiono tuttavia di corto respiro. Esse hanno spesso un orizzonte temporale molto breve (come bonus o sostegni temporanei) e possono presentare diverse controindicazioni di natura ambientale (ad esempio il ritorno a fonti inquinanti come il carbone) o sociale (si pensi alla necessità di implementare infrastrutture anche contro il parere della popolazione residente). Ma anche quando la finestra temporale di applicazione appare di più ampio respiro (il ricorso a fornitori esteri “più affidabili” o la programmazione condivisa di interventi infrastrutturali), esse appaiono sempre e comunque legate a fattori endogeni che i consumatori finali hanno poca capacità di influenzare.
Per questo un numero crescente di attori pubblici e privati si sta interrogando sulla possibilità di implementare soluzioni di lungo periodo, che siano sostenibili e il più possibile slegate da influenze estere. In questo senso una delle possibilità prese in considerazione è quella di sviluppare Comunità Energetiche Rinnovabili per fornire uno strumento concreto ed efficace volto a diminuire i costi energetici in maniera strutturale e sostenibile. Un recente bando pubblicato da Fondazione Cariplo ci offre l’occasione di fare qualche riflessione su queste realtà in un’ottica di secondo welfare.
Cosa sono le Comunità Energetiche Rinnovabili
Come spiega Ilaria Sesana in “L’energia delle comunità“, reportage parte del progetto A Brave New Europe, “le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono un soggetto giuridico autonomo i cui soci o membri possono essere persone fisiche, enti locali (compresi i Comuni), piccole e medie imprese, ma non grandi aziende. Attraverso queste realtà la comunità avvia la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e, a differenza di quanto avveniva in passato, l’impianto fotovoltaico o eolico può condividere l’energia prodotta con tutti i membri della comunità”. L’obiettivo della CER “non è fare profitti, quanto piuttosto fornire benefici ambientali, economici o sociali alla comunità e a coloro che ne fanno parte.”
Nella pratica, gli impianti locali permettono di generare e condividere energia tra i membri della CER, risparmiando attraverso processi di autoconsumo di quanto viene prodotto. Qualora la produzione sia superiore al consumo l’energia eccedente può essere immessa nella rete elettrica, che la paga, oppure può essere immagazzinata in sistemi di accumulo per essere usata quando le fonti rinnovabili non sono utilizzabili o ci sono picchi di domanda che superano la capacità produttiva dell’impianto. Inoltre, le CER possono richiedere incentivi al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) per i consumi che avvengono nella stessa fascia oraria di produzione (110 euro per ogni MegaWatt/ora che viene prodotto e consumato nello stesso arco orario). Chi fa parte di una CER continua dunque a pagare la bolletta al proprio fornitore ma, per le ragioni sopra accennate, i prezzi sono molto inferiori rispetto a quelli di mercato.
Le CER rappresentano, quindi, una soluzione innovativa di valenza non solo ambientale ed economica ma anche sociale: collaborazione e condivisione sono infatti i principi cardine di questo modello che mira ad accrescere il senso di comunità, lo sviluppo economico locale e la “democrazia energetica”.
In questo senso, come spiega Luca Tricarico in un recente articolo pubblicato per Labsus, nelle CER sono infatti “mutuabili molti degli approcci e dei ragionamenti legati al rapporto tra cittadinanza attiva e capacità di valorizzare quelli che possiamo definire “beni comuni urbani” che comportano “responsabilità non solo di natura energetica, ma anche il raggiungimento degli obiettivi di giustizia sociale, di inclusione, di eguaglianza sociale ed economica e di governance“.
Opportunità e limiti delle CER
Negli ultimi anni il fenomeno delle Comunità Energetiche Rinnovabili ha registrato una crescita importante, segno di una sensibilità e di un’urgenza sempre più alte sul tema dell’emergenza climatica e, più in generale, sulla necessità di adottare logiche di sviluppo sostenibile e integrale dei territori e delle comunità che li vivono. Come sottolinea ancora Tricarico, “la prossimità territoriale è una caratteristica essenziale delle CER e rivela la necessità di impiegare approcci place-based per lo sviluppo di tali iniziative. Un tema di sviluppo economico che vede l’addizionalità dell’impatto generato dai progetti in termini di effetti spill over sulle economie locali: ossia opportunità di generare redditi e lavoro nei territori in cui queste iniziative insistono“.
Le CER sono dunque in grado di attivare dinamiche positive che riguardano la popolazione nel suo complesso, ma che possono comportare anche un sostegno diretto, in particolare, alle fasce più deboli della popolazione. Una sfida non da poco visto che secondo alcune stime dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica in Italia, precedenti la crisi energetica degli ultimi mesi, nel 2019 circa 2,2 milioni di famiglie (l’8,5% del totale) viveva in situazioni di povertà energetica.
“Secondo uno studio pubblicato a dicembre 2020 dalla società di consulenza Elemens e da Legambiente” spiega ancora Sesana nel suo reportage “le Comunità energetiche potranno contribuire alla transizione energetica con circa 17 Gigawatt di nuova potenza da fonti rinnovabili entro il 2030, pari a circa il 30% dell’obiettivo climatico fissato dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima”. Sempre che vengano garantite opportunità di sviluppo adeguate. Se infatti le risorse utilizzabili per realizzare le CER possono provenire da più fonti – il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ad esempio, stanza più di 2,2 miliardi di euro a questo scopo – la loro diffusione appare difficoltosa anche e soprattutto a causa della mancanza di competenze specialistiche, tecniche, amministrative, legali ed economico-finanziarie da parte degli attori che intendono avviarle.
Il bando “Alternative” di Cariplo
Anche alla luce di quanto sopra riportato, a inizio 2022 Fondazione Cariplo ha voluto investire sulle Comunità Energetiche Rinnovabili attraverso il bando “Alternative”, concepito come un intervento complementare all’iniziativa lanciata dalla Lombardia con la Legge Regionale 2/2022, che ha stanziato 22 milioni di euro a supporto delle CER, in particolare per l’acquisto e installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
La Regione e Fondazione Cariplo hanno sottoscritto un “Accordo quadro per la realizzazione di attività congiunte in campo ambientale” al fine di coordinarsi per definire due strumenti che fossero il più possibile sinergici in modo da mettere a fattor comune risorse con diversa provenienza. Cariplo, in particolare, ha voluto concentrarsi su progetti che potessero coinvolgere soggetti in condizione di povertà e vulnerabilità all’interno delle comunità candidate.
Il bando, chiuso nel luglio scorso, si è rivolto ad amministrazioni, enti pubblici e privati non profit della Regione Lombardia e delle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola interessate a costituire CER, mettendo a disposizione 1 milione di euro.
Viste le citate difficoltà legate alle competenze, oltre al contributo economico Fondazione Cariplo ha scelto di mettere a disposizione un servizio di Assistenza Tecnica che accompagnerà le realtà locali coinvolte lungo tutto il percorso normativo e burocratico che porterà alla definizione e alla costituzione delle CER.
I progetti selezionati
In questi giorni sono stati annunciati i progetti vincitori del bando “Alternative” che andranno a costituire 17 Comunità Energetiche Rinnovabili. Gli enti beneficiari del supporto della Fondazione sono complessivamente 33, di cui: 6 parrocchie, 7 cooperative sociali, 5 Fondazioni, 5 associazioni e 10 enti pubblici.
I progetti al nastro di partenza interessano, nello specifico, le province di: Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Pavia, Varese e Verbano-Cusio-Ossola. Le 17 Comunità Energetiche installeranno complessivamente 17 impianti fotovoltaici capaci di produrre un quantitativo di energia elettrica pari a circa 5.000 MWh l’anno (il corrispettivo del consumo energetico di 1.700 famiglie).
Il volume economico annuale, comprensivo di risparmi in bolletta, incentivo per l’energia condivisa e vendita dell’energia non utilizzata, ammonterà a circa 650.000 euro all’anno. Il sistema, oltre a una rilevante ricaduta economica, avrà grandi benefici anche sul clima e sull’ambiente: si stima infatti che saranno evitate circa 1.500 tonnellate di emissioni di CO2 ogni anno.
Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo, ha spiegato che “l’esperienza del Bando “Alternative” è un primo passo verso la sperimentazione di possibili risposte di comunità di fronte alla sfida sempre più imponente della transizione energetica e ambientale. In un momento di grande tensione del mercato dell’energia, l’avvio di Comunità Energetiche Rinnovabili operative sul territorio è un fatto concreto e significativo, che pone le basi per lo sviluppo di una nuova e più equa filiera dell’energia.”