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secondo welfare

I dati di "Il Punto sul PNRR" ci dicono che, dopo l'apparente cambio di passo del mese di marzo, ad aprile il Piano si è arenato ancora. I bandi pubblicati sono stati solo 3 e hanno stanziato appena 300 milioni di euro. E anche a livello generale le cose non vanno meglio.
L’accessibilità e l'allestimento di luoghi, spazi, tempi e format sono particolarmente importanti per realizzare attività collaborative: sono è la cornice che concorre a dare senso e che aiuta a facilitare lo sviluppo delle relazioni.
Se ne è parlato in un convegno organizzato da Euricse presso il CNEL, durante il quale sono stati presentati i risultati di un'ampia ricerca sul ruolo della coprogrammazione e coprogettazione, strumenti attraverso i quali è possibile sviluppare nuove logiche collaborative per l'innovazione del welfare locale.
L'European Institute for Gender Equality ha analizzato come il lavoro di cura delle persone non autosufficienti sia cambiato nel periodo pandemico. Il quadro sembra presentare una condizione di parità tra uomini e donne, ma la situazione è in realtà molto più complessa.
I sistemi reputazionali delle piattaforme digitali oggi vengono intesi sempre più spesso come il cardine di un nuovo dispositivo di controllo sui servizi e su chi li offre. Ma come si declina questa dimensione nel campo del welfare, in cui il fulcro del lavoro sono le relazioni stesse?
Riguardano circa 50.000 delle 134.000 iniziative che riceveranno le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si tratta di un passo avanti in termini di trasparenza e accountability che potrà dirci se e quanto siamo in ritardo (anche) nella "messa a terra" del Piano.
Nel Monzese si è sviluppato un progetto di contrasto della povertà educativa basato sull’educazione non formale, promosso da una rete di associazioni coordinate da Un Ponte Per e finanziato dalla Fondazione della comunità di Monza e della Brianza.
I dati dicono che a marzo i bandi del Piano hanno stanziato più risorse degli ultimi sei mesi messi assieme. La speranza è che si tratti dell'atteso cambio di passo, ma il ritardo è ormai evidente su tutti i fronti: riforme, investimenti e realizzazione dei progetti. E la cosa peggiore è che non è una sorpresa.
Il termine "abilitare" permette di fare diverse riflessioni sulle piattaforme di welfare italiane. Abilitare significa infatti costruire un ambiente gradevole in cui muoversi facilmente e rapidamente, significa facilitare il matching fra domanda e offerta e, ancora, significa attivare logiche di community building.
I dati raccolti nell'ambito del progetto WePlat indicano che, rispetto ad altri settori, le piattaforme di welfare operanti nel nostro Paese presentano caratteristiche ibride in termini di gerarchia, mercato e rete. Una complessità che porta con sé varie conseguenze.
Coprogrammazione e coprogettazione, che poggiano ormai su un quadro giuridico chiaro, potrebbero essere utilizzati anche per perseguire gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma per evitare "gare mascherate" servono strumenti radicalmente alternativi a quelli competitivi.