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Continuano i nostri approfondimenti sulle iniziative di ricerca finanziate dal 7° Programma Quadro dell'UE e orientate a comprendere come meglio contrastare l'esclusione sociale in Europa. In quest'ottica Tatiana Saruis, ricercatrice dell'Università di Urbino, ci racconta lo sviluppo del progetto ImPRovE, che coinvolge dieci centri di ricerca presenti in diversi Paesi europei.
La crisi è sempre più forte anche nei Paesi europei più avanzati, che contro ogni aspettativa vanno scoprendosi “affamati” e costretti a rimettere in discussione l’efficacia del proprio modello di welfare, ma anche di lavoro. Tra coloro che soffrono la fame, infatti, sono sempre più numerosi i working poor. Ecco cosa succede in Francia, Germania e Regno Unito.
Pochi giorni fa l’Eurostat ha pubblicato nuovi dati relativi alla situazione occupazionale nei 28 Paesi dell’Unione. In base a queste rilevazioni il tasso di disoccupazione nel nostro Paese supererebbe di un punto abbondante la media UE, e già questo basterebbe per non stare tranquilli, ma i dati che fanno veramente tremare i polsi sono quelli relativi alla fascia di popolazione che, pur desiderando di lavorare, non possiede né è in cerca di un impiego.
Quali sono i settori economici su cui puntare per guadagnare competitività e al tempo stesso espandere la domanda di lavoro? Dove e come e si possono creare nuovi impieghi? Se Matteo Renzi vuole dire e fare qualcosa di innovativo sul tema del lavoro è anzitutto a queste domande che dovrà dare risposta il Jobs Act.
Dal 2008 a oggi risultano oltre due milioni e mezzo i lavoratori in forte difficoltà occupazionale nel nostro Paese, ma la copertura dei nostri ammortizzatori sociali è fra le più basse in Europa. Come possiamo uscire da questa emergenza economica e sociale? Nell'immediato si potrebbero realizzare tante piccole cose concrete, ma per cambiare davvero serve una strategia che guardi lontano.
Il progetto Combating Poverty in Europe mira a comprendere come le istituzioni europee, nazionali e locali possano collaborare per dare vita a modalità integrate che favoriscano la co-produzione di misure di contrasto all’esclusione sociale e organizzino a livello sistemico la lotta alla povertà. Vi raccontiamo brevemente obiettivi e primi risultati raggiunti.
Il Regno Unito ha avviato un percorso di sostegno agli investimenti e alle imprese sociali culminato nel 2012 nell'istituzione della Big Society Capital, una banca dedicata a sviluppare il settore degli investimenti ad impatto sociale. Sono già diversi i Paesi che stanno seguendo questo modello: l'Italia non deve farsi trovare impreparata anche in questo passaggio.
E' stato presentato a Roma “Fiducia e nuove risorse per la crescita del Terzo Settore”. Il documento, che mira a porre in sinergia i numerosi attori che operano nella galassia del non profit, è promosso da Acri, Assifero, Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariparo, Fondazione con il Sud, Forum del Terzo Settore, Alleanza Cooperative Italiane e Banca Prossima.
Dopo aver assistito ai lavori della mattinata, il Ministro del Lavoro e del Welfare Enrico Giovannini ha concluso il convegno di presentazione del Primo Rapporto sul secondo welfare in Italia. Col suo intervento, oltre a sottolineare l'importanza della ricerca svolta da Percorsi di secondo welfare, il Ministro ha lanciato alcune proposte per favorire la collaborazione tra primo e secondo welfare per "non lasciare indietro nessuno".do welfare insieme per avviare processi"
Il timore di flussi migratori provenienti dall'Est Europa potrebbe portare Berlino a schierarsi sul fronte dei "protezionisti" guidati da Londra, che vuole limitare l'accesso ai servizi di welfare per alcuni cittadini comunitari, come bulgari e rumeni. Maurizio Ferrera continua la sua analisi sugli attacchi alla cittadinanza europea e i vari rischi che ne potrebbero derivare
Il reddito di cittadinanza o di base praticamente non esiste in nessun luogo del mondo. In tutti i Paesi anglosassoni e in quelli europei occidentali esistono però forme più o meno articolate e generose di reddito minimo garantito, assegnate in base a criteri differenti che variano da Nazione a Nazione. L'Italia, insieme alla Grecia, è l'unico Paese ad essere incredibilmente privo di questo fondamentale tassello del welfare che si pone l'obiettivo di evitare la "caduta libera" nella povertà e nell’esclusione sociale dei membri della comunità.
Nel 1987 Jacques Delors, allora presidente della Commissione europea, istituì il Programma per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti, il PEAD, prevedendo l'attribuzione di prodotti agricoli immagazzinati dalla Comunità Europea agli Stati membri che intendessero distribuirli sotto forma di aiuto alimentare alle persone indigenti. Alla fine del 2013 il PEAD si esaurirà lasciando spazio a un nuovo fondo, il FEAD, che dovrebbe sostituirne le funzioni. Molte tuttavia sono le preoccupazioni per questo passaggio, che arriva in una situazione sociale particolarmente allarmante e complicata, tanto a livello italiano che europeo.
La formula "civis europeus sum" sta rapidamente perdendo la propria efficacia sotto le frequenti pressioni dei governi di cambiare le norme vigenti per combattere il cosiddetto «turismo sociale»: gli spostamenti da un Paese all’altro in cerca dei sussidi più generosi. A essere sotto attacco è infatti soprattutto l’accesso al welfare da parte dei non nazionali provenienti da altri Paesi membri.
Nonostante tanti indicatori ne dimostrino chiaramente il ruolo, in primis il recente censimento Istat, la politica italiana pare non rendersi conto del ruolo cruciale che il settore non profit può giocare per il Paese. E mentre all'estero sono sempre più numerose le esperienze di sostegno concreto a questo mondo, l'Italia spreca uno dei suoi tesori più preziosi.
Il 16 ottobre, giornata mondiale per l’alimentazione, la Fondazione Banco Alimentare ha lanciato una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della povertà alimentare nel nostro Paese, mai così grave dal secondo dopoguerra.
Hanno scatenato un forte dibattito i dati sulle competenze principali degli adulti pubblicati in questi giorni dall’Ocse. L’Italia ne esce molto male, agli ultimi posti in molti settori. Ma i dati da soli ci dicono poco, vanno contestualizzati, per capire se e perché siamo davvero un popolo di “somari” e individuare le scelte future per correggere questo trend.
In Germania le ore lavorate per addetto sono in media 1.413 all’anno, molto meno che in Grecia (2.032) e in Italia (1.750). Il prodotto per ora lavorata è tuttavia molto più alto che nei quattro Pigs, uno dei più alti dell’area Ocse. La Grande Recessione ha colpito anche la Germania, ma la ripresa è già cominciata e la disoccupazione è al 5%. Qual è il segreto di questo invidiabile successo?
In Olanda calerà il sipario sul Welfare State? Il discorso di di Re Guglielmo Alessandro pare confermare la decisione del governo di Amsterdam di continuare la politica di austerity che anche il Paese degli Orange si trova ormai costretto a dover applicare con sempre maggior rigore.
Alti tassi di inattività, bassa fertilità, povertà fra i minori ai massimi in Europa: questo circolo vizioso affligge da almeno due decenni il nostro Paese. Una vera e propria trappola da cui è urgente uscire per imboccare il cammino di una crescita non solo women-friendly, ma anche capace di valorizzare competenze e talenti oggi trascurati e discriminati.
Il posto garantito al nido è da tempo una realtà nell’area nordica. La Germania è il primo Paese continentale ad approdare a questa meta, a partire dal primo agosto 2013. Si tratta di un encomiabile successo di Ursula Von der Leyden, ministra del Lavoro (Cdu) del governo Merkel. Ma il successo è stato possibile grazie a una felice combinazione di condizioni, sulle quali è opportuno riflettere.
Stoccolma, maggio 2013. Londra, agosto 2011. Prima ancora, Parigi, autunno 2005. Tre periodi diversi, tre Paesi diversi, tre modelli sociali diversi, ma la medesima esplosione di un conflitto che nasce dalla crisi della coesione sociale. Un fenomeno da guardare con attenzione, anche per evitare che eventi simili accadano anche nel nostro Paese.