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work-life balance

Alti tassi di inattività, bassa fertilità, povertà fra i minori ai massimi in Europa: questo circolo vizioso affligge da almeno due decenni il nostro Paese. Una vera e propria trappola da cui è urgente uscire per imboccare il cammino di una crescita non solo women-friendly, ma anche capace di valorizzare competenze e talenti oggi trascurati e discriminati.
Il posto garantito al nido è da tempo una realtà nell’area nordica. La Germania è il primo Paese continentale ad approdare a questa meta, a partire dal primo agosto 2013. Si tratta di un encomiabile successo di Ursula Von der Leyden, ministra del Lavoro (Cdu) del governo Merkel. Ma il successo è stato possibile grazie a una felice combinazione di condizioni, sulle quali è opportuno riflettere.
La Banca Popolare di Bergamo in questi anni è stata in grado di strutturare un sistema di welfare aziendale particolarmente attento al tema del work-life balance. Quest'estate la politica family friendly dell'azienda si è arricchita col progetto "Centro Ricreativo Estivo" dedicato ai dipendenti di Bergamo.
Nel corso il 42º Congresso AIDP (Associazione Nazionale per la Direzione del Personale) si è cercato di individuare nuove strade e progetti attraverso cui superare la crisi. In tale occasione è stato presentato anche il volume "Welfare: dalla crisi alle opportunità. Sussidiarietà, organizzazione e nuovi servizi".
Un recente studio dell’OCSE dal titolo “How’s Life?” – elaborato nell’ambito dell’iniziativa “Better Life”, in occasione del 50esimo anniversario dell’istituzione – mette in luce i fattori che più influenzano oggi il benessere degli individui. Tra gli indicatori più interessanti, in particolare per il caso italiano, si conferma il tema dell’equilibrio tra vita e lavoro, che condiziona in modo decisivo la possibilità degli individui di raggiungere livelli elevati di benessere. L’OCSE sottolinea alcuni aspetti critici del caso italiano, ed in particolare la circostanza che il 49% delle madri di figli che frequentano la scuola ha un lavoro retribuito, contro il 66% della media OCSE. Questo è chiaramente un segno delle difficoltà di conciliazione incontrate dalle donne italiane che hanno dei figli.