Le complessità e le policrisi (tema al centro anche del nostro Sesto Rapporto) che attraversano le società contemporanee richiedono un ripensamento delle modalità di intervento di tutti gli attori in gioco, compresi quelli che operano nel settore della filantropia. Questi ultimi sono sempre più sollecitati a investire sulle relazioni con le proprie comunità, a collaborare secondo logiche orizzontali e a impegnarsi con coraggio per produrre cambiamenti sistemici. Tali sfide sono protagoniste del Rapporto “Filantropia basata sulla fiducia: promuovere l’innovazione e il cambiamento sociale investendo sulle relazioni”, scritto da Eleonora Rossero e Franca Maino di Percorsi di secondo welfare e promosso da Fondazione Lottomatica.
Il contesto: un rapporto sbilanciato tra funders e grantees
Nel corso degli ultimi anni numerosi soggetti attivi nel campo filantropico hanno cominciato a mettere in discussione le pratiche tradizionali di erogazione dei contributi e il rapporto di potere fortemente sbilanciato tra enti filantropici (funders) e organizzazioni non profit (grantees). Le modalità convenzionali di supporto del Terzo Settore, caratterizzate da finanziamenti di breve-medio periodo erogati attraverso bandi vincolati a progetti specifici, incoraggiano la competizione tra le organizzazioni non profit, ne impediscono il rafforzamento strutturale e le appesantiscono attraverso onerose procedure di selezione, rendicontazione e valutazione. La multidimensionalità delle disuguaglianze e l’intersezione tra diversi processi trasformativi oggi in atto – come le transizioni demografica, ecologica e digitale – richiedono il superamento di un sistema a “progettificio”, che non produce un cambiamento sistemico e che reitera lo “starvation cycle”, ovvero quel circolo vizioso che costringe le organizzazioni a sottostimare i propri costi generali, rinforzando le aspettative irrealistiche delle fondazioni che finanziano prevalentemente attività progettuali e il pregiudizio che il lavoro non profit debba “costare poco”. Una situazione che affligge in particolar modo il Terzo Settore italiano e che richiederebbe nuovi approcci per leggere, inquadrare e valutare gli interventi filantropici in un contesto in rapido mutamento.
Per un nuovo paradigma basato sulla fiducia
L’emergere di una filantropia trust-based, basata sulla maggior fiducia tra enti filantropici e organizzazioni sostenute, introduce una profonda trasformazione culturale, che presuppone una revisione critica delle strutture, della leadership, della cultura organizzativa e delle pratiche oggi utilizzate. In sintesi, il cambiamento auspicato si sposta dal concetto di finanziamento (economico) a quello di supporto (che coinvolge molti altri tipi di capitale); dalla realizzazione di progetti circoscritti all’avvio e sviluppo di processi di innovazione sostenibili nel tempo; dai ruoli di “finanziatore” e di “beneficiario” all’idea di partner che collaborano per una mission comune; dalle aspettative di compliance (che impongono alle organizzazioni non profit requisiti restrittivi e oneri burocratici) a quelle di mutua accountability (che implica riflessività, responsabilità e scambio di feedback); dalla valutazione all’apprendimento reciproco; dalla relazione asimmetrica che concentra il potere nelle mani delle fondazioni a un atteggiamento di umiltà e rispetto per la costruzione di un rapporto più improntato all’equità.
Struttura del Rapporto
Il Rapporto affronta questi e altri temi attraverso tre capitoli. Il primo introduce e ricostruisce l’evoluzione storica dei concetti di filantropia trust-based, filantropia partecipativa e filantropia relazionale, interrogandosi sulla possibilità per il nuovo modello di essere strategico e sul suo rapporto con il mondo della valutazione. Il secondo capitolo approfondisce le pratiche che, a partire dall’individuazione di un nucleo centrale di valori, consente al nuovo paradigma di tradursi in azioni concrete per fondazioni ed enti filantropici. Il terzo capitolo analizza da vicino il contesto italiano e affianca ai case studies internazionali presentati nei capitoli precedenti due studi di caso, individuati tra le Fondazioni di comunità, che richiamano molti principi del paradigma trust-based. A partire da questi due esempi virtuosi e dal recente fermento osservato nel panorama europeo, il Rapporto sottolinea l’esigenza anche per la filantropia italiana di sviluppare nuove visioni e strumenti per valorizzare il lavoro relazionale, contrastare gli effetti nefasti del retaggio culturale che vorrebbe un mondo non profit “a costo zero” e il pregiudizio intrinseco nei confronti della fiducia. Quest’ultima rappresenta, invero, un elemento cruciale per alimentare il capitale sociale sui territori, investendo sulle relazioni e coltivandole nel lungo periodo.