Mentre la campagna elettorale e il dibattito pubblico continuano a concentrarsi sulle possibili alleanze di governo post-elettorali – uno scenario che la ristrutturazione del sistema partitico (frammentato e tripolare) e le caratteristiche della nuova legge elettorale (un insolito mix fra proporzionale e maggioritario) rendono di difficile lettura – proviamo a considerare più da vicino le proposte programmatiche in materia di politiche sociali avanzate dai partiti e dalle coalizioni che si candidano al governo del Paese.

Quello che vi proponiamo di seguito è il quarto e ultimo di una serie di approfondimenti tematici che si sono posti l’obiettivo di prendere in esame alcune delle questioni più salienti nella prospettiva della ricalibratura del nostro sistema di protezione sociale, sul crinale fra primo e secondo welfare. Come messo in luce da una recentissima analisi dell’Istituto Cattaneo (Valbruzzi 2018), le questioni del welfare sono peraltro quelle che, insieme ai temi legati all’istruzione, ritornano con maggiore frequenza nei testi programmatici dei partiti (quasi il 25% del totale).

Dopo aver analizzato le proposte a sostegno delle famiglie, quelle in materia di contrasto della povertà e quelle relative a welfare e contrattazione, in questo ultimo approfondimento esaminiamo il tema della non autosufficienza e dell’assistenza agli anziani.

La situazione

Il binomio invecchiamento-non autosufficienza rappresenta una delle sfide principali che i sistemi di welfare sono chiamati ad affrontare da più di un decennio. Questo è vero a livello europeo, ma in particolare nel nostro Paese, dove l’invecchiamento demografico non dà cenni di arresto e l’assistenza alle persone anziane non autosufficienti – in assenza di una politica strutturale – continua a restare in larga misura un onere che grava sulle singole famiglie.

Come noto, l’Italia è tra i Paesi più longevi al mondo: gli ultimi dati Istat documentano una speranza di vita a 65 anni più elevata di un anno per entrambi i generi (18,9 anni per gli uomini e 22,2 per le donne) rispetto alla media dei 28 Paesi UE, rispettivamente pari a 17,9 e 21,2 anni (Istat 2017). La quota degli ultrasessantacinquenni sul totale della popolazione, pari nel 2016 al 22,4%, nel giro dei prossimi 20 anni supererà il 29% e quella degli over 85 il 5%. All’allungamento della vita si accompagna una bassa natalità (e quindi una riduzione della quota under 15), determinando un chiaro squilibrio fra giovani e anziani, che rende l’Italia uno dei paesi più vecchi, insieme a Giappone e Germania.

Guardando la popolazione anziana, è inoltre interessante considerare gli anni che restano da vivere in buona salute e/o senza limitazioni funzionali. I dati, da questo punto di vista, non appaiono confortanti: rimangono al di sotto della media europea e mostrano un forte divario tra i sessantacinquenni e gli over 75. La speranza di vita in buona salute alla nascita si attesta a 58,2 anni e quella senza limitazioni funzionali a 65 anni in Italia è pari a 13,7 anni per gli uomini e 14,1 per le donne, contro una media UE rispettivamente di 14,4 e 15,8 anni (Istat 2017). Sempre a 65 anni la speranza di vita senza limitazioni funzionali è pari a 7,8 anni per gli uomini e 7,5 per le donne a fronte di una media europea di 9,4 anni per entrambi i sessi. Gli italiani vivono quindi più a lungo, ma non necessariamente meglio. E dopo i 75 anni le condizioni di salute tendono a peggiorare. Rispetto alla media UE è decisamente peggiore la condizione degli over 75 con patologie di lunga durata o problemi di salute. In Italia circa un anziano su due soffre di almeno una malattia cronica grave o è multi-cronico, con quote tra gli ultraottantenni rispettivamente del 59% e 64% (figura 1).


Figura 1. Indicatori di salute delle persone over 65 per classi di età (% sul totale della popolazione della medesima classe di età, 2015).


Fonte: nostra elaborazione da Istat, Anziani: le condizioni di salute in Italia e UE. Anno 2015, 26 settembre 2017.


Inoltre, oltre 1,4 milioni di anziani (pari all’11,2%), in massima parte ultrasettantacinquenni, dichiara gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona (ADL: dal vestirsi o spogliarsi al tagliare e mangiare il cibo, dal sedersi o sdraiarsi a farsi il bagno e usare i servizi igienici). Il 6,9% presenta invece gravi difficoltà in tre o più attività, quota che raggiunge il 12% tra gli ultrasettantacinquenni. Le persone in difficoltà aumentano ulteriormente se si considerano le attività quotidiane di tipo domestico (IADL): quasi un terzo degli over 65 e quasi la metà degli over 75 hanno gravi difficoltà a svolgere almeno un’attività come preparare i pasti, fare la spesa, prendere le medicine, svolgere lavori domestici leggeri (figura 2). 


F
igura 2 – Persone over 65 con gravi difficoltà nelle attività di cura (ADL) e nelle attività domestiche (IADL) per classe di età (% sul totale della popolazione della medesima classe di età, 2015).

Fonte: nostra elaborazione da Istat, Anziani: le condizioni di salute in Italia e UE. Anno 2015, 26 settembre 2017.


Infine va sottolineato che il 58% degli anziani con grave riduzione dell’autonomia nelle attività di cura dichiara di avere bisogno di aiuto o di riceverne in misura insufficiente (Istat 2017). La quota di aiuto non soddisfatto risulta maggiore tra gli anziani meno abbienti (64,2%) e al Sud (67,5%). Complessivamente il 6% delle famiglie con anziani si avvale dell’assistenza di una persona, percentuale che sale al 28% se in famiglia abita un anziano con gravi riduzioni nell’autonomia personale e supera il 40% se l’anziano vive solo.

A questi problemi il nostro Paese non ha saputo fornire, ad oggi, una risposta adeguata. Il sistema di welfare sconta ancora la mancanza di un’organica politica nazionale di Long Term Care (LTC) e registra al contrario una elevata frammentazione degli interventi di assistenza che concorre alla dispersione di risorse pubbliche sempre più scarse e accresce il rischio – già elevato – di inappropriatezza delle prestazioni. Nel complesso, la spesa totale dedicata alla LTC è in linea con la media europea: la stima della Ragioneria Generale dello Stato per il 2016 (al netto della parte sanitaria) è di circa 15,6 miliardi di euro (destinati però a raddoppiare entro il 2060), pari a circa l’1% del PIL (MEF 2016). Tuttavia, la presenza di più alte quote di popolazione anziana e l’assenza di efficaci misure pubbliche lascia quasi interamente a carico delle famiglie tanto l’onere organizzativo quanto quello economico dell’assistenza.

L’indennità di accompagnamento, di fatto l’unico forma di sostegno su scala nazionale – erogata nel 2016 ad oltre 2 milioni di persone per un importo complessivo di oltre 13 miliardi di euro – è concordemente considerata inadeguata. Ha carattere monetario (515,43 euro mensili), la sua generosità non è legata al grado di bisogno del beneficiario, è erogata senza requisiti di reddito e l’assenza di vincoli nell’utilizzo ne favorisce un uso improprio.

Le altre prestazioni dedicate alla non autosufficienza sono a carico dei livelli regionale e comunale, e sono erogate sia in forma monetaria (assegni di cura, buoni socio-sanitari e voucher) sia sotto forma di servizi, come nel caso dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e dei Servizi di Assistenza Domiciliare (SAD). Risultano inoltre a carico del Servizio Sanitario Nazionale le quote sanitarie (50% del totale) dei costi relativi al soggiorno in RSA, mentre sono i Comuni a stabilire il livello di compartecipazione dell’utenza (generalmente in funzione dell’ISEE) della cosiddetta quota alberghiera. Si tratta complessivamente di interventi inadeguati sotto il profilo delle risorse. L’Istat stima che nel 2015 le risorse destinate dai Comuni alle politiche per gli anziani ammontavano a circa 1,3 miliardi di euro, con un calo del 5% rispetto al 2005. Il numero di ore di ADI offerte annualmente per caso trattato era inferiore a 20, con bassi indicatori di copertura: nel 2015 meno di 3 anziani over 65 su 100 erano assistiti in regime di ADI e meno della metà dei Comuni del nostro Paese offriva questo servizio. Altrettanto critica è la situazione della residenzialità. Nel quinquennio 2010-2015 l’Istat ha registrato un calo della spesa per servizi residenziali di circa il 3% e ha confermato l’elevata disomogeneità del servizio sul territorio nazionale.

La crisi economica dell’ultimo decennio ha ulteriormente messo a nudo l’inadeguatezza strutturale del modello italiano: alla contrazione delle risorse pubbliche destinate al sostegno della non autosufficienza si è accompagnata una riduzione delle capacità di spesa delle famiglie, che sono tornate a farsi direttamente carico della cura degli anziani non autosufficienti. Il Censis nel 2015 individuava nella spesa per l’assistenza a persone non autosufficienti una voce rilevante per quasi un milione di famiglie e uno dei principali fattori di impoverimento per oltre mezzo milione di nuclei familiari.

Il tema dell’invecchiamento della popolazione pone una sfida complessa al nostro sistema di welfare (l’abbiamo approfondito anche in questa ricerca realizzata nel contesto piemontese). Questa dinamica demografica determina infatti significative ripercussioni sulla nostra società: diritto a cura e assistenza adeguate per le persone anziane (residenzialità, domiciliarità, sostegno economico); parità di opportunità (i dati mostrano che quando è la famiglia a farsi carico del lavoro di cura, quasi sempre è la donna a esserne responsabile e principale fornitrice); tutela del lavoro (secondo una recente stima dell’IRS più della metà degli/delle assistenti familiari – o “badanti” – lavora in nero).

La complessità e l’urgenza del tema hanno contribuito a rilanciare negli ultimi anni il dibattito su come intervenire nel campo dell’assistenza familiare e del lavoro di cura e a stimolare diverse sperimentazioni regionali e locali (qui ci eravamo occupati dell’esperienza piemontese). Le riflessioni condotte a livello regionale e nazionale non hanno tuttavia portato ancora a individuare soluzioni efficaci e sostenibili nel tempo.

Le posizioni dei partiti

Quali sono, dunque, di fronte allo scenario appena tratteggiato, gli impegni assunti dalle principali forze politiche in tema di invecchiamento e non autosufficienza? Come intendono rispondere a bisogni e oneri di cura di fasce crescenti della popolazione? E quali sono le premesse da cui i partiti prendono le mosse? Proviamo a rispondere a queste domande guardando innanzitutto ai programmi elettorali ufficiali e, in loro assenza o a loro integrazione, ad altri documenti programmatici delle forze in campo.

La nostra analisi si svolgerà da sinistra a destra, con il Movimento 5 Stelle collocato – non solo per semplicità espositiva – al centro dello spazio politico (cfr. Valbruzzi 2018). Se una forza politica non dovesse essere citata, significa che non è stato possibile trovare proposte specifiche sul tema oggetto di analisi. Si precisa che, per ragioni di sintesi, non sono stati presi in esame i programmi delle liste non coalizzate che, secondo le intenzioni di voto registrate dai numerosi sondaggi elettorali realizzati nel mese di gennaio e nella prima settimana di febbraio 2018 (consultabili sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri), difficilmente raggiungeranno il 3% dei suffragi su base nazionale, la soglia imposta dalla legge elettorale per accedere al riparto proporzionale dei seggi. Chi fosse interessato può consultare integralmente i documenti programmatici non oggetto di questa analisi sul sito del Ministero dell’Interno e/o delle diverse forze politiche.

Quale diagnosi e quali soluzioni?

Anche in questo approfondimento, come nelle tre analisi precedenti, proviamo a valutare due dimensioni. Il primo elemento utile da considerare è come viene tematizzata la questione della non autosufficienza: in altre parole, qual è la “diagnosi” alla base della “cura” di policy proposta per affrontare l’invecchiamento della popolazione e i conseguenti problemi di assistenza alle persone anziane non autosufficienti? Per quale motivo dovrebbe essere opportuno investire risorse – finanziarie, istituzionali, simboliche – per orientare il sistema di protezione sociale verso una maggiore tutela rispetto ai rischi legati alla non autosufficienza? Alcuni programmi elettorali, insieme alle proposte specifiche, offrono un’analisi più o meno breve dello stato dell’arte, così da definire la cornice valoriale di riferimento e giustificare la rilevanza sociale della proposta avanzata, connotandola di significati e sfumature spesso alternativi. Il secondo elemento da considerare è quello delle specifiche proposte di policy rinvenibili nei diversi programmi. Come si vedrà, la situazione appare piuttosto disomogenea sia sotto il primo sia sotto il secondo profilo, anche se appare evidente – nel complesso – una maggiore attenzione al tema da parte della coalizione del centro-sinistra.

Nella complessiva battaglia in favore di “un welfare universale” Liberi e Uguali (LeU) indica fra gli obiettivi da perseguire l’adozione di “un piano socio-sanitario nazionale per la non autosufficienza incentrato sulla domiciliarità e articolato in funzione del grado di bisogno” e la definizione di “un piano integrato di interventi a favore delle persone con disabilità, che ne favorisca la vita indipendente, l’inserimento lavorativo, l’accessibilità delle case e dei luoghi pubblici e la mobilità territoriale”.

Sul fronte della coalizione di centro-sinistra, anche per il Partito Democratico (PD) attribuire maggiore attenzione alla questione della non autosufficienza è una delle chiavi per “rendere più europeo e più universale lo stato sociale italiano”, rafforzando e difendendo il modello sociale europeo. La cura delle persone non autosufficienti è descritta dal partito guidato da Renzi come un’area di policy in cui l’Italia sconta ancora un ritardo significativo, nonostante i progressi realizzati nella legislatura appena conclusasi (Legge sul Dopo di Noi, riconoscimento dei caregiver familiari, Piano nazionale per la non autosufficienza): “Negli altri paesi europei, negli ultimi due decenni, sono state introdotte nuove politiche per la non autosufficienza; noi – affermano i Democratici – abbiamo iniziato in modo sistematico solo negli ultimi anni”. L’obiettivo è assicurare a tutte “le persone non autosufficienti e alle loro famiglie diritti, sostegno economico e certezze”, rendendo “le politiche per la non autosufficienza un diritto di cittadinanza e l’indennità di accompagnamento un diritto soggettivo legato al bisogno di cura individuale”. A tal fine il PD propone di aumentare l’importo dell’indennità, adeguarlo alle specifiche condizioni di bisogno del beneficiario e collegarlo maggiormente all’erogazione di servizi di cura (proposte in linea con le priorità individuate da numerosi esperti, cfr. Ranci et al. 2017). A differenza di quanto avviene oggi, la generosità della nuova indennità di accompagnamento sarebbe infatti graduata in base alle specifiche condizioni di bisogno del beneficiario, valutate secondo sistemi uniformi e internazionalmente validati dalla ricerca scientifica. Il PD assicura comunque che “l’indennità aumenterà per tutti e arriverà a raddoppiare per i casi più gravi”, grazie all’introduzione di una contribuzione obbligatoria pari allo 0,5% della retribuzione lorda. Inoltre, se l’attuale indennità di accompagnamento consiste esclusivamente in un’erogazione monetaria, la nuova misura delineata nel programma dei Democratici riconoscerebbe al singolo beneficiario la libertà di scegliere se ricevere la quota aggiuntiva rispetto all’indennità attuale sotto forma di assegno o come budget di cura, di importo più elevato ma vincolato all’acquisto di servizi professionali accreditati o all’impiego regolare di assistenti familiari certificati. Il vincolo dell’utilizzo del budget dovrebbe favorire l’emersione del lavoro irregolare, oltre ad assicurare una maggiore qualità dei servizi di cura. Più generici e meno dettagliati, invece, gli impegni annunciati dal PD per “sostenere servizi di incontro fra domanda e offerta di servizi di assistenza certificati e di qualità […] [ed] evitare che le famiglie siano lasciate sole nella ricerca e nella scelta”; realizzare “l’integrazione fra l’indennità e le reti di offerta dei servizi a livello locale” e, infine, far sì che il sistema fiscale riconosca il maggiore costo della vita che le persone non autosufficienti sostengono quotidianamente.

Molto più ridotto lo spazio dedicato al tema della non autosufficienza dalle altre liste alleate coalizzate col PD. Insieme, formazione di ispirazione ulivista (composta da Verdi, Socialisti e Area Popolare), non avanza proposte specifiche in merito, ma denuncia l’insufficienza delle attuali indennità di accompagnamento e, più in generale, l’inadeguatezza di un sistema di protezione sociale che finirebbe per scaricare sui singoli “le inefficienze dell’intero sistema”: scegliendo di “lavarsi le mani” rispetto alle responsabilità sociali di assistenza e cura di anziani e disabili, il sistema italiano di welfare resterebbe infatti “incapace di organizzare in maniera pubblica i servizi” per poi esternalizzare ad “associazioni che lucrano e pensano al profitto a discapito della qualità”. Il programma di +Europa,  lista guidata da Emma Bonino, si limita invece ad affermare, alla voce “Salute”, la necessità di maggiori stanziamenti per la cura delle cronicità e disabilità per fronteggiare quella che viene definita “l’emergenza dovuta all’invecchiamento”. Secondo +Europa, ciò potrebbe essere realizzato attraverso una graduale riallocazione delle risorse sanitarie, oggi ancora troppo concentrata sulle cure per acuti. La forza europeista sembra quindi indicare la necessità non tanto di un aumento, quanto di una progressiva ricalibratura interna dell’attuale spesa sanitaria in un sistema di welfare che +Europa considera nel complesso ancora troppo sbilanciato a detrimento dei più giovani. Infine, il programma di Civica Popolare, lista guidata dal Ministro della Salute Lorenzin, focalizza l’attenzione sul tema dell’assistenza domiciliare, il cui attuale sviluppo è valutato ancora insufficiente e troppo disomogeneo sul territorio nazionale. Per documentare la gravità della situazione su questo fronte, il programma ufficiale di CP cita i tassi di copertura degli over 65 serviti da assistenza domiciliare, compresi fra lo 0,8% registrato in Lazio e il 4% dell’Emilia Romagna, a fronte di un numero di ore di cura erogate che si attestano, in tutte le Regioni, su valori definiti “risibili” rispetto a quelli osservabili negli altri Paesi UE. I centristi però, non si propongono solo di rafforzare l’assistenza domiciliare formale, ma anche quella informale, attraverso la contabilizzazione, a fini contributivi previdenziali, dei mesi di assistenza agli anziani forniti dai caregiver familiari. In un documento programmatico recentemente pubblicato sul sito internet della Lista le proposte in materia di non autosufficienza si richiamano invece alla necessità di soluzioni innovative capaci di coinvolgere l’economia del Terzo Settore e dare vita a un “welfare di comunità” (come infermiere di condominio, servizi alla persona messi in comune, spazi concepiti diversamente per la semi-autosufficienza).

Fra le proposte programmatiche del  Movimento 5 Stelle (M5S), sinteticamente illustrate nei “20 punti per la qualità di vita degli italiani”, non compare il tema della non autosufficienza. Per completezza, segnaliamo però che la questione è inclusa nel documento “Salute” disponibile sul sito del Movimento. La forza pentastellata guidata da Di Maio, tuttavia, sembra declinare le misure di policy in questo ambito più come risposta alla questione delle disabilità (e del pieno inserimento sociale e lavorativo delle persone con handicap) che come risposta al problema specifico della cura delle persone anziane non più autosufficienti.

Sul fronte del centro-destra, il programma comune della coalizione composta da Forza Italia (FI), LegaFratelli d’Italia (FdI) e Noi con l’Italia (NcI), è condensato, come noto, in un sintetico documento in 10 punti (“Un programma per l’Italia. Per la crescita, la sicurezza, le famiglie e la piena occupazione”). Nella piattaforma sottoscritta da tutti i leader del centro-destra non si rinvengono proposte o riflessioni specifiche in merito alla politica oggetto di questo approfondimento. Solo al punto 4 – “Più aiuto a chi ha bisogno” – il programma di coalizione annuncia un generico “sostegno alla disabilità”. Come per le policy approfondite nei precedenti articoli, il tema al centro del nostro focus trova un’attenzione relativamente maggiore nei singoli programmi di alcune delle forze citate.

La lista Fratelli d’Italia guidata da Giorgia Meloni asserisce la necessità di quello che viene definito un “reale riconoscimento della funzione sociale di chi si prende cura di un familiare non autosufficiente (caregiver), con tutele concrete in ambito lavorativo e normativo”: in assenza di ulteriori dettagli, appare plausibile immaginare che il riferimento sia alla normativa dei congedi e dei versamenti contributivi. Noi con l’Italia invoca invece un aumento delle risorse destinate al Fondo Nazionale per le non autosufficienze. Su una linea simile sembra muoversi anche il partito che candida Salvini alla Presidenza del Consiglio dei Ministri: la Lega indica nel proprio programma la disabilità come area prioritaria per l’intera riforma del welfare: nella “rivoluzione del buonsenso” annunciata dal leader leghista si prevede infatti “un generale rafforzamento dei fondi sulla disabilità e la non autosufficienza” al fine “di rendere più incisiva la protezione delle persone con disabilità”. La questione dell’invecchiamento è affrontata, oltre che alla voce “Famiglia” (in cui, come si è visto, la Lega illustra le proprie ricette di sostegno alla natalità), anche al paragrafo “Salute”: secondo la Lega, il problema dell’invecchiamento della popolazione dovrebbe essere affrontato “realizzando in modo organico e territorialmente diffuso strutture sanitarie a bassa intensità di cura e socio-sanitarie per aiutare le famiglie ad affrontare il “dopo di noi”. A ciò dovrebbe aggiungersi un’attenzione specifica “alla realizzazione di strutture di sostegno alle patologie cronico-degenerative come Sla e Alzheimer”.


Tabella 1 – Interventi in materia di non autosufficienza: le proposte a confronto.




I programmi

Documenti programmatici ufficiali di tutte le forze politiche candidate alle prossime elezioni, pubblicati sul sito del Ministero dell’Interno.
LeU – Il Programma di Liberi e Uguali
PD – Più forte, più giusta. L’Italia
Lista Insieme – Insieme per un’Italia più giusta in un’Europa più unita. Insieme perché un altro futuro è possibile 
Lista + Europa, Programma 
Lista Civica Popolare, Programma
Movimento 5 Stelle – 20 punti per la qualità della vita degli italiani
Noi con l’Italia, Programma elettorale Noi con L’Italia Udc – elezioni politiche 2018
Coalizione di centro-destra/Forza Italia -Berlusconi Presidente – Un programma per l’Italia. Per la crescita, la sicurezza, le famiglie, e la piena occupazione 
Lega – Programma di Governo Lega Salvini Premier
Fratelli d’Italia – Il programma. Le priorità in punti 15

Riferimenti

Istat (2015), Anziani: le condizioni di salute in Italia e nell’Unione Europea. Anno 2015, 26 settembre 2017.
MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze (2017), Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario. Previsioni elaborate con i modelli della Ragioneria Generale dello Stato aggiornati al 2017, Roma.
Ranci C., Arlotti M. e Parma A. (2017), La sfida dell’indennità di accompagnamento, welforum.it.
Valbruzzi M. (2018), Che programmi avete per le elezioni? Analisi delle proposte politiche dei partiti, Istituto Cattaneo.