Il 5 luglio ha avuto luogo a Torino l’incontro "Un nuovo Patto per il Sociale". L’evento è stato organizzato dall’Assessore ragionale alle Politiche sociali, della famiglia e della casa Augusto Ferrari per riflettere sul Patto per il Sociale lanciato nel 2015 (di cui ci siamo occupati qui). Più di 300 persone – dirigenti, professionisti e professioniste del sociale, esponenti degli ordini professionali, rappresentanti degli enti locali – si sono confrontate su aspetti rilevanti del Patto 2015-2017, sui risultati raggiunti e sugli obiettivi mancati, sulle questioni sociali emergenti e prioritarie per il sistema di welfare piemontese. L’incontro ha seguito la modalità fortemente partecipativa che ha contraddistinto il precedente Patto.
I tavoli di lavoro
Nel corso della mattinata cinque gruppi di lavoro si sono confrontati su temi di politica sociale di importanza strategica: lotta alla povertà e politiche per l’inclusione sociale; politiche di sostegno alle responsabilità familiari; integrazione socio-sanitaria (politiche per non auto-sufficienze e disabilità); dalla politica della casa alle politiche per l’abitare; servizio civile universale.
I primi tre argomenti trattati costituivano i tre filoni di intervento del Patto per il Sociale 2015-2017 (abbiamo chiesto un primo bilancio su questi temi all’Assessore Ferrari nel corso di un’intervista), mentre i temi della politica per la casa e del servizio civile universale sono stati aggiunti nella prospettiva del Patto per il Sociale per il prossimo biennio.
I tavoli di lavoro, coordinati da esperti e professionisti del settore, hanno discusso dei vari temi a partire da quanto realizzato a livello regionale e nazionale nell’ultimo biennio. Si è parlato di alcuni strumenti di coordinamento come la Cabina di regia socio-sanitaria (recentemente attivata dalla Regione per promuovere una miglior coesione tra sociale e sanitario), il coordinamento regionale dei Centri Famiglie e il tavolo di lavoro regionale finalizzato al contrasto ed alla riduzione della povertà e dell’esclusione sociale. Il dibattito si è concentrato anche su strumenti più concreti, in particolare sul Sostegno all’Inclusione Attiva (SIA). Questa importante misura nazionale ha determinato un impegno delle regioni e degli entri locali nel promuovere percorsi di attivazione sociale e lavorativa che accompagnassero il contributo economico previsto. L’implementazione del SIA in Piemonte ha quindi fornito l’occasione per attivare nuove alleanze tra i soggetti del territorio titolari di diverse funzioni (in particolare funzioni socio-assistenziali e politiche attive per il lavoro) e per sperimentare per la prima volta i Distretti della Salute e della Coesione Sociale.
L’accademia a servizio della prassi quotidiana
Nel pomeriggio ha avuto luogo una prima restituzione di alcuni elementi trasversali emersi dai tavoli di lavoro. La riflessione è stata condotta da due ricercatori dell’Università degli Studi di Torino, Sandro Busso e Marianna Filandri, e coordinata da Marco Riva (collaboratore in staff all’Assessore regionale alle Politiche Sociali sulle tematiche dell’innovazione sociale). Un ulteriore contributo è stato offerto da Gianfranco Bordone, titolare della Direzione regionale Coesione Sociale.
Busso e Filandri hanno sottolineato alcuni nodi da sciogliere per migliorare il funzionamento del sistema di welfare regionale. Innanzitutto il complesso rapporto tra politiche centrali e politiche locali, che spesso comporta pesanti costi organizzativi per i servizi locali. In quest’ottica è necessaria anche una profonda riflessione su come le esperienze locali possano essere valorizzate senza che questo si traduca in un’ulteriore frammentazione delle politiche sociali, tema cruciale in un sistema di welfare mix. Una particolare attenzione deve poi essere rivolta al tema delle disuguaglianze; l’argomento ha assunto caratteristiche di maggior rilevanza con il moltiplicarsi di attori pubblici e del secondo welfare e con lo sviluppo di numerosi servizi e interventi che però rischiano di realizzarsi solo nei contesti più ricchi di risorse economiche e progettuali. L’invito è quindi quello di offrire una risposta solida alle questioni toccate, attraverso un più efficace coordinamento delle risorse, degli attori e delle politiche (del lavoro, sociali, sanitarie). Questo cruciale ruolo di regia è auspicabilmente svolto dalla Regione, che deve essere in grado di guadagnare autorevolezza e mettere in campo orientamenti politici chiari e innovativi che promuovano la partecipazione di tutti i soggetti interessati (pubblico, privato sociale e non, cittadinanza).
Bordone ha confermato l’impegno della Direzione che guida verso questi obiettivi. Ha inoltre sottolineato tre concetti emersi chiaramente dai lavori della giornata: innanzitutto il riconoscimento e la valorizzazione della multidimensionalità, intesa come caratteristica fondamentale dei bisogni delle persone e degli interventi realizzati per rispondervi. Il Direttore ha poi evidenziato l’importanza della governance: la componente politica, supportata da quella tecnica, deve essere in grado di proporre chiari indirizzi politici e di fare una comunicazione efficace, diffusa e accessibile rispetto ad essi. Ultimo punto individuato è l’attenzione alla prevenzione, aspetto che deve essere sempre più centrale nel disegno e nella valutazione di politiche, servizi e interventi. L’educazione alla cittadinanza e la promozione di “competenze di cittadinanza” (attraverso, ad esempio, il servizio civile) costituiscono infatti i primi strumenti per prevenire l’esclusione sociale e le disuguaglianze.
I prossimi passi della politica regionale
L’incontro si è chiuso con gli interventi dell’Assessora alle Pari opportunità, diritti civili, immigrazione e politiche giovanili Monica Cerutti e dell’Assessore Ferrari, mentre l’Assessora Pentenero (con delega all’Istruzione, al lavoro e alla formazione professionale) è intervenuta in mattinata. La presenza di questi assessorati è segno del forte impegno all’integrazione delle politiche testimoniato anche dal recentissimo Atto di Indirizzo sull’Innovazione Sociale.
Cerutti, dopo aver sottolineato l’impegno degli assessorati ad operare in maniera sempre più coordinata e trasversale, ha individuato il contrasto alla violenza di genere come ulteriore ambito di programmazione regionale delle politiche sociali. Ha poi evidenziato che la sfida delle migrazioni attraversa molti dei temi affrontati dai gruppi di lavoro: povertà ed esclusione sociale, politiche per la casa, sostegno alle responsabilità familiari. Anche le politiche giovanili, in un’ottica preventiva, devono essere al centro della programmazione sociale. Un accenno in particolare va al servizio civile universale, che nel corso degli anni è stato spesso interpretato – erroneamente – come uno strumento di accesso al mondo del lavoro. Pur rivendicando l’importanza delle competenze professionali trasmesse dal servizio civile, l’Assessora ha sottolineato la necessità di valorizzare tale opportunità come momento di formazione alla cittadinanza ed al senso civico. In quest’ottica il servizio civile deve essere ripensato per rivolgersi anche a giovani cittadini e cittadine di origine straniera (che attualmente sono coinvolti in progetti di servizio civile solo molto raramente).
La conclusione dell’incontro è stata affidata all’Assessore Ferrari, che ha nuovamente sottolineato l’importanza dell’effettiva partecipazione di tutti i soggetti del territorio ai processi programmatori regionali. In coerenza con l’impianto fortemente partecipativo proposto, tutti i materiali prodotti dai gruppi di lavoro saranno resi disponibili online entro la fine di luglio, quando si aprirà una fase di consultazione in cui anche chi non ha partecipato all’incontro del 5 luglio potrà offrire il proprio contributo. Tra settembre e dicembre si svolgerà invece la programmazione effettiva per il prossimo biennio, che sarà effettuata sui territori con una modalità ancora in via di definizione.
Ferrari ha individuato un’ultima parola chiave che ispirerà la programmazione dei prossimi mesi: comunità. Le politiche sociali non possono più essere pensate unicamente in termini prestazionali, perché devono essere in grado di andare oltre la capacità di governare il sistema esistente per andare incontro alle esigenze della comunità e di quella parte di popolazione che vive in condizioni di esclusione sociale e fatica a far sentire la propria voce. In questo senso gli operatori e le operatrici saranno sempre più chiamati a farsi animatori comunitari e ad essere promotori della coesione sociale sui territori. La programmazione regionale dovrà invece tener conto della rilevanza dell’aspetto comunitario delle politiche e degli interventi: il nuovo Patto per il Sociale dovrà essere in grado di interpretare le politiche sociali come motore per lo sviluppo delle comunità.