Lo scorso 4 maggio, l’Istat ha pubblicato i primi risultati dell’indagine “I ragazzi e la pandemia: vita quotidiana a distanza”. I dati sono stati raccolti per il periodo marzo-giugno 2020 e per l’anno scolastico 2020-2021, facendo riferimento alle scuole secondarie, e consentono di capire un po’ meglio come gli studenti hanno affrontato questo periodo, perlopiù vissuto in didattica a distanza (DAD).
Tra problemi e desideri, le lezioni a distanza e in presenza
La quasi totalità degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado (il 98,7%, pari a più di 4 milioni e 220 mila alunni) ha seguito lezioni a distanza.
Se il 79,3% dei ragazzi è riuscito a partecipare sin da subito e con continuità le lezioni, il 50,9% degli intervistati ha riferito di avere avuto talvolta problemi di con la rete a casa, contro il 43,3% che afferma di aver potuto disporre di un’ottima connessione. La stragrande maggioranza degli studenti ha usato un PC per seguire le lezioni (l’84,3%), ma al Sud la quota scende all’80,1%.
Anche per queste ragioni, per la maggior parte dei ragazzi è meglio la didattica in presenza: l’indagine riporta che il 67,7% degli studenti preferisce fare lezione in presenza e il 70,2% sostiene che la didattica a distanza sia più faticosa. Sono soprattutto le ragazze a sentire più il peso della DAD (il 72,4%) e a preferire le lezioni in presenza (69,5%). Più di un quarto degli studenti (il 26,4%) afferma anche che la didattica a distanza ha influenzato negativamente i voti.
Pochissimi ragazzi dicono che non è mancato loro nulla rispetto alla vita precedente la pandemia. Le attività di cui gli studenti hanno sentito più nostalgia sono state viaggiare (51%) e la libertà di uscire quando si vuole (49%), seguite dalla frequentazione di feste, cene e aperitivi con gli amici (48%).
Le difficoltà dei ragazzi stranieri
L’esperienza della DAD ha causato difficoltà soprattutto ai ragazzi di origine straniera: la percentuale di chi ha potuto essere costante nella frequenza delle lezioni è minore (71,4% rispetto all’80% dei ragazzi italiani), così come quella di chi ha potuto utilizzare un computer (il 72,1% contro l’85,3% degli italiani).
Di conseguenza gli studenti stranieri hanno fatto più ricorso allo smartphone per seguire le lezioni (il 64,3% rispetto al 53,7%), con un 16,8% che l’ha utilizzato come strumento esclusivo contro il 6,8% degli italiani. Non solo: i ragazzi stranieri hanno condiviso più facilmente la stanza in cui facevano lezione con fratelli e sorelle (il 13,7% contro il 6,9%). Complessivamente, la DAD ha influenzato negativamente i voti in maniera maggiore tra gli stranieri rispetto che tra gli italiani (34,2% contro 25,7%).
D’altra parte, i ragazzi stranieri preferiscono le lezioni in presenza in misura minore rispetto a quelli italiani (il 60,3% contro il 68,3%) e riferiscono di aver sofferto meno la mancanza dei propri compagni di classe (il 79,8% contro l’86,7% dei coetanei italiani). Secondo l’Istat, questo si può spiegare con il fatto che già prima della pandemia i ragazzi stranieri avessero meno rapporti coi propri pari rispetto agli italiani.
Qualità dell’apprendimento, studio e assenze
Per capire meglio l’impatto della DAD, l’indagine ha coinvolto anche i dirigenti scolastici. Per quanto riguarda l’apprendimento, i dirigenti concordano che c’è stato un effetto negativo, ma la maggioranza (il 63,4%) pensa che abbia coinvolto solo alcuni studenti, mentre il 29,8% ritiene che siano stati penalizzati tutti gli studenti. Solo il 6,7% non crede che ci siano stati effetti negativi a livello di apprendimento.
Non c’è un accordo generale sulla quantità di tempo speso a studiare: se una minoranza di dirigenti (il 10,4%) pensa che i ragazzi abbiano studiato per più tempo, la percentuale di chi ritiene che abbiano speso lo stesso tempo rispetto a prima della pandemia e chi invece valuta che gli studenti abbiano passato meno tempo a studiare è molto simile (44,4% contro 45,2%).
Il problema delle assenze degli studenti è stato molto sentito ovunque, ma soprattutto nel Mezzogiorno: soltanto il 12,7% dei dirigenti al Sud non ha ricevuto segnalazioni di assenteismo degli alunni, contro il 28,8% del Nord-est.
Oltre la DAD, ma senza abbandonare il digitale
Il ricorso alla DAD ha portato anche delle conseguenze positive: il 31,5% dei dirigenti pensa che si potrebbe continuare a fare parte della didattica a distanza, soprattutto alle scuole superiori (41,4%), anche se Istat non specifica quali siano le ragioni alla base di quest’affermazione.
La stragrande maggioranza dei dirigenti (il 93,5%) pensa poi che valga la pena ampliare il ricorso a materiali digitali, biblioteche online e altro, mentre l’85,6% valuta positivamente il ricorso a forme di didattica alternativa, ad esempio la flipped classroom (abbiamo fatto un approfondimento su questa e altre forme di didattica innovativa in questo articolo).
Questi ultimi dati, ma in generale tutta l’indagine di Istat, offrono molti spunti interessanti su vari temi che stiamo affrontando con la nostra serie #OltrelaDAD, nella quale cerchiamo di capire il futuro della scuola digitale oltre la didattica a distanza sperimentata durante la pandemia di Covid-19.
Il fatto che la grande maggioranza dei dirigenti auspichi il ricorso a forme di didattica innovativa che consentano di partecipare proattivamente ai ragazzi (il cui ruolo va valorizzato per poter contrastare le disuguaglianze educative), unitamente alle impressioni che i ragazzi hanno espresso nell’indagine, rappresenta sicuramente un aspetto che sarebbe interessante approfondire attraverso ulteriori attività di analisi e ricerca.
#OltreLaDad
È la serie di Secondo Welfare che, partendo dai dati e dalle voci dei protagonisti della scuola, vuole capire quale sarà il futuro della didattica digitale oltre l’emergenza pandemica. Scopri la serie.