La Legge di Stabilità 2015 aveva abrogato il c.d. “regime dei minimi”, introducendo il regime c.d. forfettario (a partire dal 1° gennaio) ma, nel corso del medesimo anno, il Decreto “Milleproroghe” aveva riaperto la possibilità di aderire al c.d. “regime dei minimi” anche per tutto il 2015. Ora, per mezzo della Legge di stabilità 2016, sono intervenute altre novità molto importanti con riferimento alle partite IVA, che analizzeremo di seguito. Come vedremo, il Governo Renzi ha voluto creare un trait d’union più forte tra il vecchio regime dei minimi e il nuovo regime forfettario. Ciò è avvenuto, sostanzialmente, cercando di rendere quest’ultimo maggiormente agevole e conveniente rispetto alla sua versione precedente.
Innanzitutto va evidenziata la revisione dei massimali di fatturato annuo sotto i quali è possibile rientrare in detto regime (uno dei requisiti soggettivi). La categoria che ne ha beneficiato in maggior misura in questo senso è stata quella dei professionisti. Come si ricorderà, il “primo” regime forfettario prevedeva un fatturato annuo massimo di 15.000 euro, cifra che, per coloro che fanno della professione il loro unico lavoro, sembrava essere piuttosto contenuta. Questo massimale è stato elevato a 30.000 euro, proprio lo stesso importo che era previsto per il vecchio regime dei minimi. È importante precisare, inoltre, che anche per le altre categorie di attività sono state innalzate le soglie di fatturato, generalmente di 10.000 euro, rispetto a quelle previste in precedenza.
Un altro elemento introdotto al fine di uniformare regime forfettario e regime dei minimi riguarda l’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle imposte addizionali e dell’IRAP. Per coloro che esercitano ex novo un’attività, secondo determinate condizioni, per i primi cinque anni l’aliquota prevista non è più il 15% bensì la medesima che era applicata con il vecchio regime dei minimi: 5%. Alla minore convenienza del regime forfettario della vecchia versione (aliquota fissa del 15%) è stata data risposta aprendo una finestra temporale di cinque anni in cui l’aliquota è la stessa che era prevista per il regime dei minimi, notoriamente più vantaggioso soprattutto per questo motivo. Giova a questo punto ricordare un’importante peculiarità del regime forfettario: non vi è limite temporale di adesione. A differenza del regime dei minimi, infatti, è possibile aderire al regime forfettario illimitatamente, fermo il rispetto dei requisiti oggettivi e soggettivi. In questo modo coloro che esercitano un’attività attraverso Partita IVA sotto il regime forfettario potranno rimanere inquadrati in un regime fiscale agevolativo senza doversi preoccupare del termine di un determinato periodo agevolativo.
Ulteriore elemento che è stato oggetto di modifica è un altro dei requisiti soggettivi: l’ammontare massimo dei redditi di lavoro dipendente o assimilato conseguiti dal contribuente che esercita attività anche attraverso Partita IVA sotto il regime forfettario. Prima della Legge di stabilità 2016 era possibile aderire al regime forfettario se i redditi conseguiti attraverso l’esercizio dell’attività con Partita IVA fossero stati prevalenti rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati. La prevalenza non era da verificare qualora il rapporto di lavoro fosse cessato oppure la somma dei redditi conseguiti con partita IVA (regime forfettario) e lavoro dipendente o assimilato non fosse stato maggiore di 20.000 euro. La Legge di stabilità ha invece abrogato questo requisito prevedendo che non possono avvalersi del regime forfettario, tra gli altri, i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilato superiori di 30.000 euro, sempre che il rapporto di lavoro non sia cessato prima di aderire a detto regime. Questa modifica rende più concreto il significato dell’introduzione di un regime fiscale favorevole per le piccole attività in quanto, tra l’altro, consente di escludere che quei contribuenti che per altri motivi lavorativi (lavoro dipendente o assimilati) conseguono già un reddito di un certo livello approfittino di un regime agevolativo solo per “spostare” reddito imponibile e ridurre così il proprio carico fiscale complessivo.
Si ricordi che durante il mese di novembre del 2014 le nuove aperture di Partite IVA sotto il regime c.d. dei contribuenti minimi erano state 11.917, l’84% in più rispetto allo stesso mese del 2013 . Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia aveva commentato questo dato dichiarando che “è possibile che alcuni soggetti abbiano anticipato l’apertura della partita IVA entro la fine del 2014, ritenendo il regime allora in vigore più vantaggioso per la propria attività”. Nel mese di dicembre dello stesso anno, inoltre, il boom era stato ancora maggiore: si era passati, infatti, da 24.900 aperture dell’ultimo mese del 2013 alle 76.336 di dicembre 2014 per un aumento del 203,4% (come rilevato dall’Osservatorio sulle Partite IVA del Ministero dell’Economia). E’ possibile che a seguito delle novità sopra descritte l’appetibilità del regime forfettario cresca e non di poco rispetto all’anno appena concluso. Oggi, infatti, la convenienza del regime forfettario potrebbe risultare, in più di un caso, anche maggiore di quella che ha avuto il regime dei minimi in passato.
In ogni caso l’auspicio è quello che si crei un vero e proprio mercato del lavoro autonomo, sempre più distinto e indipendente da quello del lavoro dipendente e che tragga stimoli e risorse dai risparmi fiscali per contribuire all’alimentazione e allo sviluppo dell’economia domestica.