Cosa ne sarà degli uffici? È questa la domanda che ci siamo posti con la serie “Smart working in corso. Come il lavoro agile cambia i luoghi” (qui il primo approfondimento). Sì, perché con la forte diffusione dello smart working molte organizzazioni stanno ripensando i loro spazi. Non solo gli uffici, in realtà, ma tutta la loro struttura: a cominciare dalle aree di lavoro individuale, fino a quelle dedicate ai meeting e alla condivisione tra i colleghi di lavoro.
Questo perché le aziende stanno capendo che lo smart working è ormai una realtà ed è qui per restare. Ciò comporta però la necessità di adattare gli spazi ai nuovi modi di lavorare. Ma in che modo si può riorganizzare il layout fisico degli uffici (e non solo) per andare incontro alle rinnovate esigenze dei lavoratori? Per questa seconda puntata della serie abbiamo interpellato alcuni esperti che si occupano di architettura.
I luoghi di lavoro dopo la pandemiaQuesto articolo è parte di “Smart working in corso“, la serie con cui Secondo Welfare vuole capire come le organizzazioni stanno cambiando spazi, processi e relazioni dopo la pandemia. |
Perché le aziende ripensano i loro spazi
Sono gli stessi studi di architettura che lavorano con le imprese a evidenziare il forte impatto che lo smart working ha avuto sulla riorganizzazione degli spazi aziendali. Secondo Alessandro Adamo, Direttore di DEGW, la Business Unit del Gruppo Lombardini22 che si occupa di consulenza e progettazione di workplace, “il lavoro agile e la flessibilità sono tra le principali ragioni, anche se non le uniche, per cui molte aziende stanno riflettendo su come riorganizzarsi”.
E a dirlo sono i dati che emergono dalle indagini fatte tra lavoratori e manager. “Abbiamo realizzato una survey”, spiega Adamo, “che ha coinvolto circa 8.000 dipendenti. Circa il 76% degli intervistati ha risposto che su 5 giorni lavorativi l’aspettativa è quella di alternare lavoro in casa e in ufficio con un rapporto di circa 2 a 3. Le persone desiderano lavorare dove si sentono più produttive, a loro agio e sicure, con la libertà di scegliere se lavorare da casa o da qualsiasi altro luogo in base all’attività che devono svolgere”
Dalla stessa indagine emerge infatti che per quelle attività che richiedono maggiore concentrazione e creatività, l’abitazione è il contesto preferito per lavorare (Figura 1).
Anche per Filippo Cerqua, referente italiano per i temi di Workplace Strategy di Cushman & Wakefield, una delle maggiori società private del mercato immobiliare mondiale, nel prossimo futuro il lavoro agile condizionerà in maniera profonda le imprese e il modo di lavorare.
“Cushman & Wakefield ha realizzato nel 2021 un’indagine internazionale che ha coinvolto 340 manager di aziende multinazionali per capire quale fosse il loro approccio verso lo smart working e quali le prospettive future. La prima evidenza emersa dalla ricerca è che il futuro degli uffici non sarà “binario”: non si lavorerà solo in ufficio o solo da casa, ma prevarrà un modello di lavoro “ibrido” (Figura 2, ndr). Questo influenzerà notevolmente i modi di strutturare gli uffici, gli ambienti di lavoro non tradizionali e conseguentemente influirà sulla trasformazione delle città”.
Quale sarà l’ambiente di lavoro del futuro?
Gli uffici sono destinati a cambiare radicalmente, dunque. Il lavoro agile richiede degli spazi più flessibili, in grado di mettere tutti nelle condizioni migliori per lavorare. Ma cosa significa questo concretamente?
Per Alessandro Adamo di DEGW “l’ufficio oggi è un ecosistema che si organizza sulla base delle attività che si svolgono. Ci sono organizzazioni in cui prevalgono attività individuali, in cui c’è bisogno di avere privacy e la giusta dose di concentrazione; in altre ci può essere maggiore necessità di prevedere aree finalizzate a collaborare e quindi lavorare in maniera collettiva.
“I luoghi di lavoro devono divenire polifunzionali. E devono esserci dei criteri da rispettare. Innanzitutto dovrebbero essere degli ambienti in grado di trasmettere senso di appartenenza favorendo collaborazioni e interazioni”, continua Adamo, “e allo stesso tempo devono essere curati e attenti al benessere e al comfort delle persone. Devono poi avere tutte le funzionalità tecnologiche necessarie oggi, consentendo, da un lato, videoconferenze e incontri ibridi e, dall’altro mettendo a disposizione sistemi di prenotazione degli spazi e delle scrivanie”.
Concretamente questo comporta una progressiva scomparsa delle scrivanie personali e la presenza di tavoli condivisi dove le persone possono lavorare singolarmente o in team. In molti casi tendono a scomparire anche gli uffici “personali”, anche con l’obiettivo di ridurre la gerarchizzazione in azienda; “il nuovo sistema di concezione degli uffici e degli spazi”, dice Adamo, “non è più basato sulla gerarchia, ma su un’organizzazione efficiente delle attività indipendentemente dai ruoli”.
Cosa chiedono le aziende
Lo smart working (o, forse, sarebbe meglio dire il lavoro “ibrido”) non è però l’unico driver di questo cambiamento. Secondo Filippo Cerqua di Cushman & Wakefield ci sono altri due pilastri che guidano la nuova concezione dell’ufficio. “Innanzitutto si deve considerare che dal 2020, soprattutto a seguito della sperimentazione forzata del lavoro da remoto, molte aziende hanno iniziato a comprendere l’importanza dell’ufficio e cercano di trovare nuovi modi per sfruttare al massimo il tempo che i collaboratori passano all’interno degli spazi propri dell’organizzazione”.
“Inoltre”, continua, “molti riconoscono che il ruolo dell’ufficio è definitivamente cambiato. Oggi l’ufficio è un luogo in cui si collabora, si comunica e si lavora insieme: è sempre meno uno spazio destinato al lavoro individuale e gerarchizzato. Ci sono nuove esigenze e quindi devono esserci nuovi modi di pensare e organizzare gli spazi di lavoro”.
Per questo, anche per Filippo Cerqua la parola che maggiormente descrive il nuovo modo di intendere gli uffici è “ecosistema”. “Le aziende oggi vogliono un equilibrio sempre maggiore tra i vari spazi in azienda. Devono esserci delle zone per il focus, degli spazi per la condivisione e la collaborazione e delle amenities dedicate al chill-out. Ci piace parlare di workplace ecosystem, cioè un ecosistema di spazi dove si svolge ogni tipo di attività lavorativa e che comprende anche luoghi terzi rispetto all’ufficio”.
Un esempio di questo nuovo modo di interpretare gli spazi del lavoro arriva proprio dalla nuova sede di Cushman & Wakefield di Milano. I dipendenti e i collaboratori della società non hanno postazioni assegnate, ma ci sono delle scrivanie e delle aree prenotabili per lavorare da soli o in gruppo, oppure per fare call o meeting con i clienti. Ci sono poi delle aree relax, che sono dei piccoli salottini in cui potersi prendere una pausa e chiacchierare.
A questo si aggiunge un hub polifunzionale che è il cuore della sede. Si tratta dell’area principale dell’azienda ed è stata pensata come spazio “modulabile”. Normalmente viene utilizzato per lavorare – ci sono svariate sedute e scrivanie – ma può essere modificato e riorganizzato in modo tale da poter ospitare meeting informali o eventi. Anche grazie al fatto che tutto il mobilio può essere facilmente spostato e, in alcuni casi, smontato.
Cosa offrono i professionisti del settore
Le mutate esigenze delle aziende richiedono dunque nuovi approcci da parte delle società che si occupano di progettare gli spazi di lavoro. Lombardini22, attraverso DEGW, mette a disposizione dei propri clienti uno strumento chiamato Time Utilization Survey che cerca di riassumere nel dettaglio come viene utilizzato lo spazio-ufficio nel corso della normale giornata di lavoro.
“Grazie a questa survey individuiamo i modi e i tempi con cui gli spazi sono utilizzati. Per noi è uno strumento importante per capire di cosa c’è bisogno. Secondo i dati che abbiamo raccolto fino ad oggi, nelle grandi realtà la ‘classica’ postazione di lavoro è occupata mediamente il 50% del tempo. Ma questo cambia da organizzazione a organizzazione e per noi è fondamentale saperlo”.
“Abbiamo inoltre progettato un’app per la gestione degli spazi aziendali e degli uffici: si chiama Desko. Si tratta di un altro servizio fondamentale per molti nostri clienti. L’app consente di prenotare una scrivania, una sala per le riunioni o anche un posto auto. C’è anche una dashboard a cui l’azienda può accedere per conoscere e capire come sono utilizzati gli uffici e gli spazi”, conclude Alessandro Adamo.
Rispetto al passato c’è quindi un lavoro molto più preciso e metodico che consente alle organizzazioni di comprendere i suoi bisogni organizzativi e in termini di spazio. Anche Cushman & Wakefield ha una propria metodologia incentrata sull’assessment. “Il primo step è quello di capire come funziona l’azienda: quali sono le figure aziendali, come sono strutturati i dipartimenti e come lavorano”, ci dice Filippo Cerqua.
“Facciamo poi una serie di interviste, focus group e – in alcuni casi – survey per capire l’attuale organizzazione del lavoro e degli spazi, ma anche le criticità e le opportunità da valorizzare. Cerchiamo di avere una fotografia chiara. Per le aziende con molti dipendenti abbiamo ideato anche uno strumento ad hoc, che si chiama experience for square foot. Solo dopo aver capito tutte le esigenze, iniziamo ad avanzare alcune proposte sul nuovo modello di layout fisico”.
Un percorso che continua, guardando ad esperienze concrete
La fase di indagine e ricerca rappresenta dunque un passaggio fondamentale per chi si occupa di riorganizzare e ripensare gli spazi. Solo attraverso la conoscenza profonda di come l’organizzazione funziona pare possibile ottimizzare le aree a disposizione e il tempo speso dai lavoratori e dalle lavoratrici all’interno degli uffici. Per cercare di capire meglio come questo è possibile, nelle prossime uscite della serie andremo a raccontare delle recenti esperienze di imprese che hanno scelto di percorrere proprio questa strada.