Il terremoto dello scorso 24 agosto è stato raccontato sul web tramite l’approccio esclusivo delle “scienze dure” che, seppur in grado di fornire fondamentali strumenti di sapienza tecnica e di policy, raccontano solo una parte della complessità di un disastro e il rischio relativo. Restano, tuttavia, ancora escluse dal dibattito quelle variabili sociali e umane che intervengono in uno scenario di gestione del rischio e del disastro, in particolare in fenomeni drammatici, a larga scala e largamente percepiti come i terremoti.
Antropologia, sociologia, comunicazione e media, geografia e scienze del territorio sono tra quelle scienze altrettanto fondamentali nell’aggiungere un punto di vista umano e sociale sul disastro, e nel decostruire racconti parziali e superficiali.
Ad esempio, occorre considerare le varie forme di vulnerabilità sociale che incidono ampiamente sul rischio sismico. Le comunità locali sono inoltre ampiamente diversificate e incentivi economici risultano inefficaci se non accompagnati da un processo mutuale e continuo sulla consapevolezza dei propri rischi.
Come rendere consapevoli, e di conseguenza come contribuire a proteggere, ad esempio, i migranti stipati in un appartamento di una cooperativa? O come proteggere il diritto alla sicurezza di dieci venditori di rose in un sottoscala sulla Tiburtina? Come far capire l’importanza di un’opera di adeguamento antisismico a una persona anziana con pensione al minimo? E come confrontarsi con una cooperativa squattrinata che si occupa di assistenza ai disabili? Quale sarebbe la loro soglia di consapevolezza? Come raggiungerla? E ancora, come rapportarsi con dei proprietari che hanno già fatto adeguamento antisismico ma sono circondati da un tessuto edilizio mal tenuto che li pone comunque a rischio in caso di crolli e danneggiamenti?
Quando mancano le scienze sociali: quelle narrative distorte dal terremoto in Italia centrale
Giuseppe Forino, Il valore culturale, 5 settembre 2016