Inutile ricordare che il welfare sostenuto dalle risorse dello Stato è in profonda crisi. Lo dicono i tagli di tutti i governi che si affacciano sulla scena, la pioggia dei ticket in Sanità e le dinamiche pensionistiche che guardano all’aspettativa di vita degli italiani con preoccupazione. La Cisl ha saputo andare avanti e ha fatto del welfare, nella contrattazione aziendale, un punto fermo. Ma non ci sono solo le grandi imprese.
“C’è anche il welfare integrativo degli enti bilaterali che va utilizzato a pieno”, dice Danilo Galvagni, segretario milanese della Cisl. “Nel settore dell’artigianato, per esempio, offre grandi potenzialità dedicate alla salute dei dipendenti, alle loro famiglie, al mutuo prima casa, alla formazione”. Ma per estendere queste dinamiche positive cosa occorre fare? “Manca un coordinamento a livello territoriale, perché sono sempre Regione e comune a dover interpretare i bisogni. L’arretramento del welfare pubblico lascia uno spazio che può essere coperto nell’ambito del rapporto tra le forze sociali: sindacati e imprese. Ma per creare una rapporto proficuo dovrebbe nascere un osservatorio regionale per coordinare gli interventi sociali, quelli sanitari, quelli formativi”, insiste Galvagni.
Il welfare che non c’è più qui diventa aziendale. Esempi e idee
Daniele Bonecchi, Il Foglio, 29 gennaio 2018