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Con 166 voti a favore, la Camera dei Deputati ha approvato il cosiddetto Ddl Concorrenza nel tardo pomeriggio di ieri. Il provvedimento, inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, deve essere varato entro la fine dell’anno e passerà quindi ora all’esame del Senato per l’approvazione definitiva.

Il Ddl tocca numerosi ambiti, dalla liberalizzazione dei trasporti alla tutela dei consumatori fino allo sviluppo del tessuto imprenditoriale per incentivare, appunto, la concorrenza nel nostro Paese.

Come abbiamo spiegato in un nostro recente articolo,  uno dei mercati su cui la legge potrebbe avere uno degli impatti più forti è quello dei buoni pasto. La nuova norma, infatti, potrebbe cambiare radicalmente il mercato di quello che, negli anni, è diventato il principale strumento di welfare aziendale in Italia. Ma andiamo con ordine.

Un tetto alle commissioni

All’interno del Ddl Concorrenza vi è un emendamento firmato dal deputato di Fratelli d’Italia Silvio Giovine che prevede di introdurre un tetto massimo del 5% sulle commissioni che le società emettitrici dei buoni pasto possono richiedere agli esercenti che li accettano, come ristoratori e supermercati.

Si tratta di una novità importante che investirà migliaia di aziende private che utilizzano questi strumenti”, commenta Valentino Santoni, ricercatore di Percorsi di secondo welfare ed esperto di welfare aziendale “e sui cui è quindi importante capire quali sono i diversi attori toccati dal provvedimento e le possibili conseguenze che questo avrà su di essi”.

Ancora prima che venisse votato dalla Camera, l’emendamento dell’onorevole Giovine si era comprensibilmente attirato le critiche dell’Associazione Italiana Società Esercenti Buoni Pasto (ANSEB), che raggruppa i principali attori di questo settore. Altrettanto comprensibilmente, invece, aveva ricevuto il plauso di Federdistribuzione e FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, le organizzazioni che rappresentano le imprese piccole e grandi in cui i buoni pasto vengono spesi e che, da tempo, lamentano commissioni troppo elevate.

Una norma sovietica…

Alle posizioni degli attori del settore e, più in generale, alla “partita dei buoni pasto” ha dedicato un lungo articolo Federico Fubini sul Corriere della sera, sostenendo che questa vicenda va ben oltre il settore del welfare aziendale, arrivando a essere “un ritratto dell’Italia nel 2024”.

Secondo il giornalista, infatti, il sistema economico italiano produce, nel complesso, “troppo lavoro povero” e “di conseguenza, la spesa reale delle famiglie è cresciuta di appena lo 0,1% dal 2019 (mentre l’economia è cresciuta del 5%) ed è ancora sotto ai livelli di prima della crisi finanziaria. “Una simile penuria ha innescato la guerra dei buoni pasto”. Fubini stima che la riduzione delle commissioni potrebbe garantire ai supermercati “forse uno 0,15% di ricavi netti in più”, poco, ma meglio di niente in un periodo dove i consumi sono calati, a causa di diversi fattori, tra cui l’abolizione del Reddito di cittadinanza, i salari fermi e l’inflazione. Ma avrebbe al contempo conseguenze pesanti sugli altri attori di questo mercato.

A suo giudizio, la norma contenuta nel Ddl concorrenza è “del tutto anticoncorrenzialeperché introduce “un prezzo fissato per legge per tutti, come in Unione sovietica”, senza negoziati tra gli attori del settore o limiti di fatturato ridotti in modo da tutelare i bar e la piccola ristorazione. Il risultato, ipotizza il giornalista, sarà che “le imprese emittenti dei voucher difenderanno i loro margini di utile rivalendosi sulle 250 mila imprese clienti: meno sconti per loro o buoni pasti di minor valore. E a loro volta le imprese clienti si rivarranno inevitabilmente sui loro tre milioni e mezzo di dipendenti, riducendo di altrettanto il welfare aziendale per loro”.

“Dunque – conclude Fubini – il potere d’acquisto degli italiani scenderà ancora, proprio perché ormai la coperta è corta”.

… o pro mercato?

Alcune organizzazioni di consumatori hanno invece interpretato la nuova norma in maniera molto diversa. Altroconsumo, per esempio, senza tratteggiare l’ampio e dettagliato contesto elaborato da Fubini, legge il provvedimento in maniera sostanzialmente opposta.

“La modifica normativa va nel senso di equilibrare una distorsione del mercato che ha generato a più riprese effetti negativi sulla effettiva spendibilità dei buoni, con danni pratici e concreti per i consumatori”, ha dichiarato Federico Cavallo, responsabile Relazioni esterne della storica organizzazione nata nel 1973 come Comitato Difesa Consumatori.

“I buoni pasto sono una importante integrazione del reddito mensile dei consumatori e, proprio nell’ottica di una crescita di importanza ed impiego di questi strumenti, è verosimile aspettarsi che il mercato dei buoni pasto possa beneficiare da condizioni di una sua maggiore apertura del mercato stesso (e uniformità di trattamento tra pubblico e privato) al contempo è doveroso chiedere alle istituzioni di garantire che le modifiche normative porteranno effettivamente una diffusione di questo strumento così importante per tante famiglie”, ha aggiunto Cavallo.

Scenari futuri

Per capire quale dei due scenari corrisponderà maggiormente alla realtà si può solo attendere. Prima, che il Ddl concorrenza venga approvato definitivamente. Poi, che si concluda anche il periodo transitorio previsto dalla norma.

Per tutti i ticket emessi entro il 1° settembre del prossimo anno si continueranno ad applicare le vecchie condizioni, ovvero quelle già concordate con gli esercenti prima dell’entrata in vigore del Ddl Concorrenza”, spiega Milano Finanza. Inoltre, prosegue il giornale, “le società emittenti potranno recedere dai contratti di fornitura in essere senza indennizzi o oneri”.

Quello che è certo è che il mercato dei buoni pasto è destinato a cambiare radicalmente. “Con ogni probabilità la riduzione delle commissioni porterà all’aumento dei costi del servizio che le società emettitrici offrono alle imprese. Queste ultime dovranno aumentare il loro budget annuale per i buoni pasto che sono strumenti molto apprezzati da lavoratori e lavoratrici” riflette ancora Valentino Santoni. Per questo secondo il ricercatore di Secondo Welfare “anche allo scopo di dare stabilità al mercato e andare incontro all’aumento dei prezzi, potrebbe essere utile “accompagnare” la nuova regolazione delle commissioni con un aumento della soglia di defiscalizzazione dei buoni pasto da 8 a 10 o 12 euro“.

 

Foto di copertina: iMin Technology, Pexels.com