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Si torna a parlare di welfare aziendale. Dopo il “tira e molla” sulla soglia di defiscalizzazione dei fringe benefit1 degli ultimi anni (di cui vi abbiamo parlato in maniera approfondita) e dopo la decisione di non includere nessun aggiornamento alla normativa nella Legge di Bilancio 2023, sembra che il dibattito sul ruolo delle politiche di welfare nelle imprese si sia riacceso in occasione della riforma fiscale che sta studiando il Governo Meloni.

Al momento, tuttavia, pare che il Legislatore si stia però focalizzando soprattutto sugli aspetti che riguardano i beni e servizi che i datori di lavoro possono fornire ai propri collaboratori come integrazione della normale retribuzione. La questione dei fringe benefit, infatti, è di gran lunga quella citata dagli esponenti dell’Esecutivo e da alcuni addetti ai lavori. Per migliorare concretamente la normativa, e di conseguenza rendere più accessibile il welfare “nobile”, bisognerebbe però mettere al centro il benessere delle persone, andando oltre gli aspetti meramente fiscali dei fringe.

Facciamo il punto insieme.

Il welfare aziendale e la riforma fiscale

Come è possibile leggere dal testo della Legge Delega al Governo per la riforma fiscale approvato dal Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi, l’intervento che dovrebbe modificare in molti suoi aspetti il sistema fiscale italiano contiene anche un passaggio sul welfare aziendale.

In particolare, all’Articolo 5 – “Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche” – si legge che sarà prevista “la revisione e la semplificazione delle disposizioni riguardanti le somme e i valori esclusi dalla formazione del reddito (da lavoro dipendente, ndr), con particolare riguardo ai limiti di non concorrenza al reddito previsti per l’assegnazione dei compensi in natura, salvaguardando le finalità della mobilità sostenibile, dell’implementazione della previdenza complementare, dell’efficientamento energetico, dell’assistenza sanitaria, della solidarietà sociale e della contribuzione agli enti bilaterali”.

Questo non è welfare aziendale: una riflessione sui fringe benefit a 3.000 euro

Pur contenendo solamente i principi di quello che sarà l’intervento normativo – si tratta sempre di una Legge Delega – questo stralcio di testo contiene molti spunti interessanti. Innanzitutto sembra esserci la volontà di facilitare l’accesso alla previdenza complementare e alla sanità integrativa: quindi due aree che riguardano da vicino la sfera sociale e del welfare “nobile”. Inoltre, c’è la scelta di valorizzare maggiormente il tema della mobilità. Attualmente la normativa prevede infatti possibilità limitate, come il rimborso degli abbonamenti per il trasporto pubblico e le navette aziendali. Anche allo scopo di diffondere logiche di sostenibilità, sembra che l’intento sia quello di inserire nella normativa anche la mobilità in sharing attraverso l’utilizzo di mezzi a impatto ambientale limitato.

Interessante infine che si parli degli enti bilaterali. Si tratta di quelle organizzazioni paritetiche che mediano gli interessi di lavoratori e datori di lavoro, presenti soprattutto in settori dove il welfare non è molto diffuso, come il comparto dell’artigianato o quello dell’edilizia. Come abbiamo raccontato negli anni, specialmente attraverso i nostri Rapporti biennali, questi enti svolgono un ruolo rilevante nel campo del secondo welfare, cercando di garantire misure di welfare occupazionale anche ai lavoratori impiegati in settori produttivi più frammentati e deboli, e dove prevalgono le PMI. Valorizzare la loro funzione, magari ampliando i margini di intervento e il potenziale bacino di beneficiari, potrebbe generare un ritorno per molti lavoratori e lavoratrici in tema di welfare aziendale.

L’intervento di Giorgia Meloni al Congresso della CGIL

Al di là del testo della Legge Delega appare interessante riportare anche le parole della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo recente intervento nel corso del XIX Congresso nazionale della CGIL, tenutosi tra il 15 e il 18 marzo 2023, in cui ha spiegato la logica della riforma fiscale.

In particolare, la premier ha affermato che il Governo vuole “rendere interamente deducibili per lavoratori e datori di lavoro benefici come trasporto pubblico, istruzione, asilo nido, che vengono dati ai lavoratori dipendenti e vogliamo elevare il tetto di quello che si chiama fringe benefit – ma secondo me si chiama beneficio marginale – e renderlo monetizzabile in determinate circostanze, ad esempio nel caso della nascita di un figlio”.

Si tratta dunque della conferma di un intervento finalizzato ad ampliare il novero delle prestazioni di welfare aziendale, evidenziando la volontà specifica di innalzare il limite annuale previsto per i fringe benefit. Ma non solo. Stando alle parole di Meloni, questi potrebbero addirittura essere “monetizzabili” in alcuni casi, diventando così una sorta di premio in denaro detassato e “decontribuito”.

Per un welfare aziendale incentrato sui servizi alla persona: alcune proposte

Il testo della Legge Delega e le parole di Giorgia Meloni confermano dunque che sul fronte del welfare aziendale siano in arrivo novità. Ora sarà importante capire quali saranno le scelte concrete da parte dell’Esecutivo e dei suoi tecnici. Ad esempio sarà interessante comprendere quali saranno le strategie che si sceglieranno per rendere maggiormente accessibili previdenza complementare e sanità integrativa. E lo stesso vale per la mobilità sostenibile e per il ruolo degli enti bilaterali.

Sul fronte dei fringe benefit ci sembra invece importante ribadire alcuni elementi di attenzione. In primo luogo, seppur un aumento della soglia sia doveroso (soprattutto se consideriamo l’aumento dell’inflazione dell’ultimo anno), un loro valore eccessivo potrebbe essere un serio rischio per la natura stessa del welfare aziendale. Come spiegato qui, un limite troppo alto per i fringe rischia di far “scomparire” le altre voci previste dalla normativa, a cominciare da quelle prestazioni che hanno un chiaro risvolto sociale perché riguardanti l’educazione, le attività di cura e di assistenza, il benessere fisico e psicologico, ecc. Le imprese che fanno welfare sarebbero scoraggiate a costruire dei piani di welfare incentrati sui bisogni sociali dei propri collaboratori. Sarebbe infatti molto più facile dare le stesse premialità attraverso buoni acquisto o carburante – tramite fringe benefit, appunto – che richiedono uno sforzo minore da un punto di vista organizzativo (e anche economico), ma che come spesso ripetiamo non vanno a rispondere alle necessità sociali della popolazione aziendale.

Le sfide per il welfare aziendale nel 2023

A nostro avviso, per valorizzare il ruolo sociale delle iniziative di welfare promosse dalle imprese ci sono molte altre possibilità. Ad esempio, per i servizi per infanzia e per la cura e l’assistenza delle persone anziane si potrebbe superare la logica del rimborso e consentire il pagamento diretto. In questo senso, si potrebbe facilitare l’utilizzo dei fringe per queste prestazioni, promuovendo dei “voucher welfare” o delle “welfare card” destinati all’acquisto diretto ed esclusivo di tali servizi. Potrebbe poi essere garantito il beneficio fiscale anche alle pratiche per l’ascolto e la rilevazione dei bisogni sociali, magari anche attraverso figure professionali come il Welfare Manager o l’Assistente sociale di fabbrica.

Senza dimenticare, in chiusura, la spinta che appositi sgravi o incentivi potrebbero avere per le organizzazioni che vogliono fare welfare in rete. Grazie a strumenti come il contratto di rete tra imprese, la contrattazione territoriale, la creazione di ATI o ATS2 si potrebbe favorire la diffusione delle pratiche di welfare anche tra le micro e le piccole imprese che – di norma – non hanno le competenze, le risorse, né tantomeno la massa critica per fare questo investimento. In questo modo si andrebbe anche a sostenere quel welfare aziendale territoriale (o “a filiera corta”) in grado di coinvolgere gli stakeholder e la filiera locale.

Si tratta di tutte soluzioni potenzialmente strategiche, sia alla luce dei cambiamenti nel sistema produttivo sia alla luce delle nuove sensibilità di imprese e lavoratori.

 

 

Note

  1. Misure che riguardano una vasta gamma di servizi e soluzioni che le imprese possono destinare ai propri dipendenti, godendo di specifici benefici fiscali. Tra le formule più comuni ci sono: card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online) e i buoni benzina.
  2. Associazioni Temporanee di Impresa o Associazioni Temporanee di Scopo.
Foto di copertina: Giorgio Meloni al XIX Congresso nazionale della CGIL ⓒ Presidenza del Consiglio dei Ministri