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Il telelavoro rappresenta una nuova concezione della classica idea di posto di lavoro. Nella visione tradizionale la prestazione della propria opera lavorativa, manuale o intellettuale che fosse, non avrebbe mai potuto essere concepita in un luogo differente da quello in cui si trovavano gli strumenti per lavorare e i beni da lavorare. Oggi grazie al telelavoro è invece possibile pensare di poter lavorare in un luogo che nulla ha a che fare con quello in cui si concentra fisicamente la sede della struttura lavorativa. Grazie all’avvento di internet e delle nuove tecnologie, ma anche all’adozione di una mentalità sempre più “informatica”, lavorare da casa o da un luogo per i lavoratori più confortevole rispetto all’ufficio non è più un’aspirazione irrealizzabile ma può diventare una realtà a "portata" di un discreto numero di lavoratori e lavoratrici. Un esempio di tecnologia moderna che va nella direzione del telelavoro sono le google apps, in continua espansione, che permettono a più operatori di lavorare simultaneamente su uno stesso file di lavoro da differenti postazioni tra loro anche molto distanti. Il ricorso al telelavoro può avere obiettivi diversi, alcuni volti a decentrare e favorire l’operatività delle strutture, altri – come nel caso dell’Accordo nazionale sottoscritto dall’Inps con i sindacati il 15 ottobre 2014 – finalizzati a garantire ai dipendenti, in presenza di particolari e comprovate situazioni di disagio personale o familiare, una maggior serenità nella gestione dei tempi di vita e di lavoro, conciliando le esigenze personali con quelle organizzative e produttive della struttura di appartenenza. Questo è certamente vero per il telelavoro domiciliare, mentre per il telelavoro satellitare prevalgono esigenze di miglioramento dell’organizzazione del lavoro allo scopo precipuo di riportare all’interno del contesto lavorativo competenze che l’Amministrazione ha affidato a servizi esterni.

Le principali tipologie di telelavoro sono dunque quello domestico e quello satellitare. Per quanto riguarda il primo si intende la possibilità di lavorare presso la propria abitazione o presso altro luogo espressamente indicato (tra cui, ad esempio, l’abitazione di un familiare che necessita di assistenza), attraverso l’adozione di supporti tecnologici che consentano il collegamento a distanza di una postazione lavorativa fissa e un’adeguata comunicazione. Il lavoratore presta quindi la propria opera in uno o più luoghi da lui scelti mettendosi in contatto con l’azienda attraverso strumenti informatici e telefonici. Per quanto riguarda il secondo, invece, l’opera è prestata presso una succursale istituita dall’azienda allo scopo di avvicinarsi a clienti e aree geografiche strategiche per il proprio business, ma anche per venire incontro alle esigenze di tutti gli stakeholder, dipendenti inclusi. Per quanto riguarda il telelavoro privato, a livello comunitario l’accordo quadro europeo sul telelavoro del 16 luglio 2002 ne ha definito i principali indirizzi. Sarebbero stati i contratti collettivi nazionali, in seguito, a disciplinare nel dettaglio i rapporti tra le parti.

Un caso di particolare interesse è rappresentato dal citato Accordo siglato da INPS e organizzazioni sindacali, denominato “Accordo Nazionale di telelavoro domiciliare e progetto sperimentale di telelavoro satellitare”, sottoscritto lo scorso 15 ottobre 2014 e illustrato in una circolare dell’INPS del 27 febbraio 2015. Tale accordo tratta il tema suddiviso nelle due macro categorie sopra individuate. Per quanto riguarda il lavoro domiciliare, il nuovo Accordo integra quanto già era stato previsto dal precedente Accordo sperimentale tra INPS e organizzazioni sindacali sottoscritto il 14 dicembre 2007. Tra le previsioni dell’Accordo sperimentale del 2007 rientravano la volontarietà di adesione, la durata massima delle telelavorazioni (6 mesi rinnovabili), la previsione del rientro periodico del dipendente in azienda, la dotazione a quest’ultimo della strumentazione informatica e tecnologica necessarie all’espletamento della propria opera anche attraverso procedure volte a ridurre la circolazione di documentazione cartacea. L’Accordo prevedeva, infine, una serie di procedure da attuare per monitorare e valutare la fase di sperimentazione. L’accordo si poteva applicare al personale afferente alle aree professionali A,B e C, assunte a tempo indeterminato, ad eccezione dei titolari di posizioni organizzative per i quali è naturale aspettarsi che la presenza fisica sul luogo del lavoro fosse indispensabile per onorare le proprie responsabilità. La sperimentazione prevedeva determinati ambiti lavorativi e i criteri attraverso i quali potevano essere assegnati ai dipendenti le postazioni di telelavoro domiciliare. L’accordo disciplinava, inoltre, le relazioni sindacali e i diritti riconosciuti al telelavoratore, per il quale, ad esempio, con riferimento alla postazione di lavoro dovevano valere i medesimi diritti dei lavoratori che operano in azienda (il monitoraggio attraverso webcam, ad esempio, era vietato).

Il nuovo accordo integra il precedente e riconosce definitivamente il telelavoro domestico quale forma di flessibilità della prestazione lavorativa. Conferisce alle Direzioni Regionali e alla Direzione Generale la possibilità di attivare progetti di telelavoro. Nell’ambito del telelavoro domestico le tipologie di dipendenti che possono essere incluse sono quelle afferenti alle aree assicurato-pensionato, prestazioni non pensionistiche, soggetto contribuente, gestione risorse umane, assistenza e manutenzione informatica, Help Desk. I direttori regionali e centrali possono individuare eventuali altre aree di intervento. È importante rilevare che secondo l’Accordo il telelavoro non implica una modifica dello status giuridico ed economico del lavoratore, che rimangono quelli in essere prima della sottoscrizione dell’accordo.

Per l’ambente in cui il telelavoro viene svolto sono disposte specifiche previsioni mirate a mantenere sempre un certo grado di distinzione tra l’ambiente lavorativo e quello domestico. In particolare, la circolare riporta che l’ambiente di lavoro deve rispettare specifici requisiti organizzativi e di abitabilità, volumi, impiantistica, illuminazione e ambiente. Il luogo di lavoro, inoltre, deve rispettare determinate condizioni di scurezza. Il lavoratore deve essere comunque coinvolto nelle politiche aziendali di salute e di sicurezza attuate nel posto di lavoro. Il lavoratore è chiamato a rientrare periodicamente nella sede e a rendersi disponibile a presenziare a incontri e riunioni. Questo anche allo scopo di non estraniare completamente il lavoratore dalla realtà aziendale. Infine vale la pena sottolineare che l’INPS è chiamato a fornire un’idonea copertura assicurativa per le strumentazioni informatiche e per i familiari del lavoratore che possono subire danni dall’utilizzo di dette attrezzature.

Il telelavoro satellitare e invece ancora in una fase sperimentale. L’Accordo del 15 ottobre 2014 tratta la tematica al fine di rendere più flessibile e territoriale l’organizzazione del personale, con lo scopo di integrare da un lato eventuali attività che nel tempo sono state esternalizzate e, dall’altro, vuoti d’impiego provocati dall’impossibilità di introdurre nuove risorse a causa del blocco del turnover. I progetti sperimentali sono demandati a livello locale ai Direttori Regionali. L’attivazione dei progetti sperimentali è, invece, in capo ai Direttori Centrali. I lavoratori che possono essere coinvolti nei progetti sono i medesimi previsti per il telelavoro domiciliare e anche in questo caso status giuridico ed economico non sono modificati. Il telelavoro satellitare sta attraversando la fase di sperimentazione che il telelavoro domiciliare ha conosciuto qualche anno fa. Non sono poche, in effetti, le criticità di questa forma di lavoro a distanza. Basti pensare ai costi di struttura che l’azienda dovrebbe supportare per aprire una filiale che, nel breve periodo, non è in grado di generare benefici economici. I benefici, economici e non, si potranno apprezzare nel medio termine grazie alla maggiore soddisfazione del personale e degli stakeholder, solo se il tutto sarà pianificato e implementato in modo efficace.

Il caso dell’INPS è di grande importanza per due ragioni. La prima è strettamente connessa al telelavoro in sé. Telelavorare non significa “non spostarsi da casa” ma permettere di fornire una soluzione moderna di lavoro ai dipendenti che per svariate ragioni possono trovare nel lavorare dall’ambiente domestico una maggiore realizzazione della propria persona e trovare risposte ai bisogni di conciliazione vita personale-lavoro. La seconda ragione è la particolare natura dell’INPS: il fatto che a promuovere questa forma di lavoro per i propri dipendenti e per il proprio sviluppo strutturale sia anche un ente pubblico lascia sperare in una innovazione del mondo del lavoro che non abbracci solamente realtà di tipo “privato” ma che auspicabilmente si diffonda rapidamente anche all’interno delle pubbliche amministrazioni.

 

Riferimenti

Accordo nazionale sul progetto sperimentale di telelavoro domiciliare del 14 dicembre 2007

La circolare n.52 del 27-2-2015


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