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Recentemente, alcune delle più importanti società che si occupano di servizi alle imprese hanno creato un’associazione – WelfareImpresa – che si propone sul panorama nazionale come punto di riferimento confederale per tutti gli attori che operano nell’ambito dell’offerta dei servizi e delle prestazioni di welfare aziendale. Non si tratta della prima forma associativa che unisce tali soggetti: circa un anno fa, infatti, è stata fondata AIWA (Associazione Italiana Welfare Aziendale), realtà di cui abbiamo parlato in un nostro precedente articolo. In questo articolo – grazie all’intervista con la Presidente dell’associazione, Chiara Fogliani – cerchiamo di approfondire quali sono gli obiettivi che WelfareImpresa si pone.

Gentile Dott.ssa Fogliani, quali sono i principali obiettivi di WelfareImpresa e quali saranno le attività che questa svolgerà?

Gli obiettivi fondamentali della nostra associazione sono due. Innanzitutto, ci proponiamo di diffondere la cultura del welfare aziendale e di divulgare le buone pratiche che sono in atto nelle imprese del nostro Paese. In questo modo vogliamo promuovere il welfare come potenziale strumento di sostegno ai lavoratori, non solo sotto il profilo economico ma anche sotto quello sociale.

In secondo luogo, vogliamo supportare il completamento e lo sviluppo della normativa in modo tale da sostenere la diffusione di strumenti innovativi, che vadano incontro alle esigenze delle imprese e dei lavoratori. A questo scopo WelfareImpresa si propone come attore privilegiato nei momenti di dialogo con le istituzioni.


Quali sono i soggetti che compongono questa nuova associazione?

WelfareImpresa è un’associazione che aderisce a Confindustria Federvarie – Federazione delle Associazioni Nazionali di Categorie Industriali Varie – ed è costituita da nove società: Welfare Company, Poste Welfare Servizi, UniSalute Servizi, QUI! Group, Repas, Più Buono, Assiteca, Pulsar Risk, Olimpia Agency.

Come si può vedere, tra i soci fondatori non vi sono esclusivamente provider di welfare aziendale, cioè quelle società che si occupano di sostenere le imprese nelle varie fasi che portano all’implementazione di un piano di welfare. La nostra associazione vuole rappresentare le società che si occupano dei servizi e delle prestazioni previsti dagli articoli 51 e 100 del Tuir: ci sono quindi realtà che operano esclusivamente in ambito welfare, soggetti che si occupano di investimenti e brokeraggio, realtà che provengono dal mondo assicurativo e altre che si occupano dei servizi di ristorazione e di buoni pasto.

Il nostro obiettivo è quello di divenire dei portavoce di queste società, salvaguardando e valorizzando le specificità di ciascuno, e allo stesso tempo contribuire a diffondere la conoscenza di tutte le tematiche legate al welfare aziendale e ai servizi alle imprese.


Crede che sia importante continuare a “fare cultura” in materia di welfare aziendale?

Sicuramente il welfare aziendale ha conosciuto una grande diffusione negli ultimi anni. Ciò è avvenuto soprattutto grazie ai vantaggi fiscali e contributivi introdotti con le Leggi di Stabilità del 2016 e del 2017. Nonostante questo, però, credo che sia importante continuare a parlare di tutte le potenzialità legate a questo strumento.

Il welfare aziendale, infatti, è una strategia win-win. Da un lato, genera un vantaggio per le imprese, che possono investire sul capitale umano, migliorando il clima aziendale e fidelizzando i propri dipendenti. Dall’altro, produce un valore aggiunto per il lavoratore, il quale potrà contare su un insieme di servizi – destinati anche alla sua famiglia – che rispondono ai suoi bisogni sociali primari. Senza dimenticare il fatto che vi sono anche altri soggetti che possono – indirettamente – beneficiare del welfare aziendale.

Quali sarebbero, secondo lei, questi soggetti che possono avere un beneficio indiretto?

In primo luogo, l’investimento nel welfare aziendale può rafforzare e incrementare l’economia locale e, in particolare, quelle imprese profit e non profit che forniscono beni e servizi definiti dalla normativa vigente. Il welfare genera infatti un ritorno anche per il territorio: grazie ai sistemi di convenzioni dei provider e delle società che si occupano di servizi alle imprese, il denaro destinato al welfare sarà reinvestito in attività e esercizi commerciali locali.

Vi sono poi le rappresentanze sindacali che, oltre ad essere fondamentali nel processo che porta all’introduzione del welfare in azienda, possono contare su un nuovo strumento al momento della contrattazione. In questo modo, il sindacato possiede un’ “arma” in più al momento del dialogo e del confronto con la controparte aziendale.


Invece, per quanto riguarda il futuro del welfare aziendale, quali crede che sarebbero gli aspetti da rivedere in termini normativi?

Credo che andrebbero eliminate – o quantomeno riviste – le soglie che danno accesso ai benefici fiscali. Attualmente, il lavoratore può godere dei vantaggi contributivi e fiscali solo se ha un reddito inferiore agli 80.000 euro e solo se riceve un premio inferiore ai 3.000 euro (4.000 nel caso l’impresa abbia implementato strumento di coinvolgimento paritetico dei lavoratori). Dal mio punto di vista è necessario cancellare queste soglie e, di conseguenza, ampliare la potenziale platea di beneficiari.

Inoltre, il legislatore dovrebbe continuare a ampliare i servizi e le prestazioni previste dalla normativa. Negli ultimi anni si sono fatti dei passi avanti notevoli in questa direzione. Credo però che sia importante continuare a prevedere nuove tutele, soprattutto rivolte alla prevenzione dei bisogni connessi con l’avanzamento dell’età.

Crede che ci siano ancora margini di sviluppo per il welfare aziendale?

Certamente. Il welfare aziendale si svilupperà ancora nei prossimi anni. In particolare, credo che assisteremo ad una grande diffusione del fenomeno all’interno del settore pubblico, soprattutto grazie alle recenti novità legislative che favoriscono la contrattazione integrativa per i lavoratori del comparto pubblico, e all’interno delle piccole e medie imprese, che da sole costituiscono il 95% del tessuto imprenditoriale italiano.

Di conseguenza, sarà fondamentale diffondere la conoscenza degli strumenti di welfare e promuoverne il loro corretto utilizzo. WelfareImpresa si pone come soggetto privilegiato nel dialogo con le imprese e con gli addetti ai lavori, proprio con lo scopo di sostenere e aiutare questi soggetti.