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È di poco tempo fa la notizia che “Business Roundtable”, associazione riunisce 181 “colossi” aziendali americani, ha sottoscritto un documento attraverso cui i manager delle realtà aderenti si sono impegnati a ripensare le proprie decisioni in base all’impatto che queste possono avere sull’ambiente e sulle comunità locali (vuoi saperne di più?). La sostenibilità risulta quindi essere un tema sempre più strategico anche per il mondo profit, in quanto capace di determinare la reputazione e la competitività delle aziende sui mercati, ma non necessariamente destinato solo ai “grandi”. Secondo l’European Association of Sustainability Professionals (EASP), infatti, un numero crescente di aziende in Europa e nel mondo sta reclutando professionisti nel campo della responsabilità sociale d’impresa.

Anche per queste ragioni le società Collectibus e Forma del Tempo hanno dato vita ad una partnership allo scopo di formare una nuova figura professionale: il Sustainability Open Agent (SOA); una professionalità che fonde il sapere del Sustainability Manager con quella dell’Open Agent per connettere saperi e culture diverse e favorire l’auto organizzazione e la circolazione dell’informazione.

Il suo scopo? Facilitare l’attuazione delle politiche di Corporate Social Responsibility (CSR), coinvolgendo le diverse unità aziendali nel processo di dialogo e di cambiamento che tali azioni comportano. Allo scopo di approfondire il ruolo che tale figura può ricoprire nelle aziende, abbiamo intervistato Massimo Lugli, di Forma del Tempo e Camilla Speriani di Collectibus.


Come mai, secondo voi, il tema della Corporate Social Responsibility sta diventando sempre più centrale per le imprese?

Pur non essendo un tema nuovo, quello della Corporate Social Responsibility è un tema in continua evoluzione. Da elemento volontaristico e reputazionale molto collegato ad iniziative interne o dirette verso gli stakeholder più vicini all’impresa, oggi è un elemento strategico essenziale di confronto e governo del contesto esterno dell’azienda. I cambiamenti climatici, la richiesta di modelli di consumo diversi, le pressioni socio-economiche richiedono un affinamento della capacità di reazione delle imprese che devono necessariamente integrare istanze anche molto lontane nei propri processi di organizzazione, sviluppo e innovazione.

Che ruolo può quindi giocare il Sustainability Open Agent? In che modo può facilitare e supportare queste politiche innovative? Attraverso quali processi?

Il Sustainability Open Agent diffonde consapevolezza, intercetta, fa emergere le domande, mettere le persone in grado di collaborare per fare in modo che tutta l’azienda lavori in modo coerente con gli obiettivi di sostenibilità che si è data. Il SOA quindi non smette di fare il suo lavoro ma attraverso strumenti di facilitazione aiuta a sviluppare soluzioni di sostenibilità da applicare nei processi quotidiani per produrre innovazioni e cambi di processo. E aiuta quindi le persone a fare la propria parte per un cambiamento più sostenibile, tema sempre più caro a tutti i livelli in azienda.

Data la sempre maggiore rilevanza del tema, secondo lei il Sustainability Open Agent potrebbe giocare un ruolo rilevante anche nella promozione di politiche di welfare aziendale?

Il welfare aziendale è oggi sicuramente un ambito molto concreto e sviluppato della Corporate Social Responsibility che spesso si basa su modelli e piattaforme esterne all’azienda. In ottica di openness i SOA potrebbero essere le figure giuste per comprendere le esigenze dei colleghi, portare idee, stimoli sulla scrivania degli HR manager per capire come evolve il mondo del lavoro aziendale e come anche le politiche di welfare aziendale dovranno evolvere di conseguenza.