Nella Legge di Bilancio “è piuttosto eclatante, e ultimamente incomprensibile, una grande assenza: quella del welfare aziendale“. A dirlo è Emmanuele Massagli – Presidente di ADAPT e Presidente di Aiwa, l’associazione italiana dei provider di welfare aziendale – sul Bollettino Adapt del 9 gennaio.
“Se da una parte questo è l’istituto della gestione del personale maggiormente cresciuto negli ultimi anni (+480% il numero dei piani di welfare in Italia dal 1° gennaio 2016 a fine 2021), dall’altra non è la prima volta che il legislatore se ne dimentica. In questo caso la mancata trattazione è inaspettata perché proprio questo Governo aveva deciso, tra i suoi primissimi atti, di innalzare la quota dei c.d. fringe benefit da 600 a 3.000 euro per i soli due mesi finali dell’anno 2022″.
Secondo Massagli questa scelta del Governo Meloni è stata “spavalda” ma anche “estremamente costosa ed equivoca nel sostegno alla meno sociale delle forme di welfare aziendale”. Proprio per questo dalla Legge di Bilancio “ci si aspettava quantomeno una conferma definitiva della soglia dei 600 euro” visto che “è un valore che “balla” da oramai due anni e mezzo e che dal 1° gennaio è tornato ad essere di 258,23 euro”. Inoltre ci si attendeva “interventi correttivi al comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, a costo zero o bisognosi di coperture assai ridotte” (Massagli ce ne aveva parlato qui, ndr). Eppure nulla di questo genere è stato approvato: “le migliaia di imprese e i quasi tre milioni di lavoratori che si sono abituati a sfruttare gli ampi spazi del welfare aziendale dovranno aspettare il decreto c.d. Milleproroghe o, più facilmente, i primi “decreti aiuti” del nuovo anno per scoprire quale sarà la regolazione 2023 di questo istituto”.