Secondo uno studio dell’Unione Industriali di Torino nel capoluogo piemontese il welfare aziendale è sempre più diffuso. “La conversione del premio in welfare, anziché in liquidità sullo stipendio, riguarda oggi circa il 30% delle imprese torinese, con punte fino al 35% in alcuni casi” spiega Ivan Sinis a Corriere Torino. “Prima della pandemia questo costume era meno diffuso perché era poco introdotto, c’era meno cultura a tal riguardo, ma se dimostra di centrare le esigenze delle risorse, allora il premio in welfare si diffonderà ancora di più”.
La diffusione del welfare aziendale secondo i dati disponibili cresce all’aumentare delle dimensioni delle imprese e si situa in una forbice da 33% a 66%, con la conversione da denaro a servizi per il dipendente più diffusa nelle aziende di grandi dimensioni e nell’industria. A preferire questa opzione poi sono più gli impiegati (34,6%) e i manager (35,1%) rispetto agli operai (29%).
Le ragioni? “Un premio di 1.000 euro si somma al salario e tra tasse e contributi può calare fino a 500 euro. Con la detassazione del premio, che consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali nella misura del 10%, si ha una situazione di miglior favore e lo stipendio netto cresce. Questa opzione si attua con un accordo di secondo livello” precisa Sinis . “Con il premio in welfare invece non si pagano tasse né contributi per cui la somma resta uguale, 1.000 euro restano mille euro“.