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Nel 2009 l’Ufficio Studi dell’ANIA, assieme all’Istituto per la Ricerca e lo Sviluppo delle Assicurazioni (IRSA), ha avviato un progetto di ricerca per analizzare la domanda potenziale di bisogni assicurativi delle famiglie italiane, famiglie esposte in misura crescente a rischi ed eventi non coperti dal sistema di welfare pubblico. La ricerca è stata coordinata da Agar Brugiavini e da Tullio Jappelli (rispettivamente dell’Università Cà Foscari di Venezia e dell’Università di Napoli Federico II) e ha portato alla pubblicazione del volume dal titolo “Verso un nuovo sistema di architettura sociale per la famiglia. Rischi economici e domanda di assicurazione” (il Mulino, 2010), i cui contenuti vengono presentati di seguito sinteticamente.

L’Italia si è tradizionalmente caratterizzata per tassi di risparmio privato elevati e per un sistema di protezione sociale che fa leva sulle reti informali e soprattutto sulla famiglia. Tuttavia, rischi quali il progressivo invecchiamento della popolazione e la non autosufficienza, affiancati da crescenti aspettative in materia di salute, hanno accentuato le pressioni sulle famiglie. È oramai consolidata la non sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico definito negli anni Sessanta e Settanta e l’opinione che il pilastro pubblico da solo non potrà offrire alle nuove generazioni le prestazioni garantite agli attuali pensionati. Sul fronte della sanità si sta registrando una forte crescita delle patologie croniche a carico della popolazione anziana, quale conseguenza dell’invecchiamento della popolazione. Una tendenza che sta modificando la domanda di prestazioni sanitarie, sbilanciandola verso prestazioni dal contenuto prevalentemente assistenziale. Questa domanda incontra un’offerta sanitaria ancora dominata dalla centralità della struttura ospedaliera, che spesso non può che limitarsi a trattare i fenomeni acuti di patologie croniche, senza poi poter seguire i pazienti nelle successive fasi, di riabilitazione e di assistenza, previste dalla continuità terapeutica. Sebbene le dinamiche descritte siano in atto già da tempo, in Italia se ne è cominciata a percepire la rilevanza solo recentemente. Per molti anni, infatti, le conseguenze della progressiva insufficienza della copertura sociale pubblica sono state mitigate dall’importante integrazione di protezione mutuata dalle reti informali, a partire dalla famiglia allargata.

Questa sfide, un contesto socio-economico profondamente mutato e risorse sempre più scarse impongono di ripensare le modalità di funzionamento della rete di protezione sociale della famiglia, per assicurarne equità sociale e sostenibilità economica. E impongono di promuovere un nuovo modello di cooperazione tra settore pubblico e settore privato, per garantire sostenibilità economica e sociale al sistema delle tutele e del welfare, affiancando a un finanziamento pubblico anche risorse private.

I capitoli del volume affrontano le problematiche legate al mancato sviluppo della previdenza complementare, trattano dei rischi legati alla salute e all’invalidità e ai crescenti rischi di discontinuità lavorativa e di reddito e si concentrano sulla stima della domanda di assicurazione delle famiglie, differenziate in base alle loro caratteristiche socio-economiche e in relazione al complesso quadro istituzionale italiano. Le analisi empiriche offrono una disamina dettagliata di come il mercato assicurativo privato possa cooperare con il settore pubblico nella copertura delle principali tipologie di rischio che le famiglie affrontano utilizzando i dati comparati di Survey of health, ageing and retirement in Europe (SHARE), un’indagine multidisciplinare sulla popolazione degli ultracinquantenni in Europa.

Le famiglie si trovano in misura sempre maggiore ad affrontare rischi non coperti dal sistema pubblico ed è importante riflettere su come sviluppare un mercato assicurativo privato equo ed efficiente. Tale riflessione è sviluppata nel primo capitolo del volume. Un primo passo per affrontare il problema è stimare correttamente la domanda di assicurazione, come tale domanda si differenzi in base alle caratteristiche socio-economiche delle famiglie e come essa si relazioni al quadro istituzionale italiano ed ai suoi mutamenti. I saggi raccolti nel volume rappresentano un passo in questa direzione, analizzando la domanda di servizi assicurativi contro diversi tipi di rischio, ed in particolare i temi della previdenza complementare, del rischio di reddito e di disoccupazione e dei rischi legati alla salute e all’invalidità.

Per quanto riguarda la domanda di previdenza complementare e di assicurazione sulla vita, la propensione a partecipare al mercato assicurativo mostra differenze significative sia per ripartizioni territoriali (con tassi nettamente inferiori nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord), sia per età (le generazioni più giovani tendono ad avere tassi di partecipazione più elevati, con un massimo intorno ai 50 anni), sia in base al reddito e al grado di istruzione (entrambi sono associati a maggiore partecipazione), sia per tipologia occupazionale (con propensione più elevata per i lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti pubblici e privati). Nel secondo capitolo Bottazzi, Jappelli e Padula dimostrano inoltre come la riforma pensionistica abbia colpito in modo più severo le nuove generazioni (cioè coloro che avevano un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni di contributi nel 1995), costrette più delle precedenti a ricorrere alla previdenza integrativa, ed in particolare i lavoratori autonomi, mentre gli incentivi fiscali sembrano avere favorito l’assicurazione delle fasce di reddito più alte. Ma cosa fare per lanciare la previdenza complementare? Per incoraggiare nuove adesioni e contribuzioni più elevate, sono necessarie campagne di informazione ed educazione finanziaria, incentivi mirati a favorire l’accumulazione dei giovani, dei meno istruiti, delle fasce di reddito e di ricchezza più basse, tutte categorie che hanno aderito in misura molto limitata a piani di previdenza complementare.

Uno strumento alternativo di previdenza integrativa per le famiglie che dispongono di una abitazione di proprietà sono i cosiddetti «prestiti vitalizi ipotecari», introdotti nella normativa dal 2005, oggetto del terzo capitolo. Tali prestiti consentono di convertire il capitale immobilizzato nell’abitazione di proprietà in una rendita vitalizia senza rinunciare all’uso della stessa. In futuro questi prestiti saranno destinati ad assumere una rilevanza crescente, a causa dell’invecchiamento della popolazione, dell’allungamento della vita lavorativa delle donne, della maggiore mobilità dei figli, tutte tendenze che contribuiranno a ridurre il sostegno volontario agli anziani. Angelini, Pelizzon e Weber stimano che la diffusione dei prestiti vitalizi alle condizioni attualmente offerte dal mercato potrebbe avere effetti notevoli sia sul rapporto tra ricchezza reale e ricchezza complessiva degli anziani, sia sul reddito mensile degli anziani, sul quale le rendite da prestito vitalizio peserebbero per oltre il 40% nel Centro-Nord e per poco meno nel Mezzogiorno. Molto si può fare per sviluppare questo mercato, che potrebbe essere molto più efficiente degli attuali mercati dell’usufrutto e della rendita. In particolare, occorre lavorare sulle condizioni di trasparenza e informazione agli eredi, sull’efficienza del mercato immobiliare e sull’efficacia dei meccanismi di condivisione dei rischi.

Problematiche simili alla previdenza integrativa si riscontrano anche nel caso delle assicurazioni sanitarie integrative. Nel sistema sanitario italiano i progressi verso la creazione di un pilastro privato sono ancora poco evidenti. Solo una parte molto piccola della spesa sanitaria privata degli italiani è intermediata da assicurazioni, casse e fondi sanitari. Il resto viene finanziato direttamente con i risparmi delle famiglie, con la conseguente esposizione a gravi rischi di impoverimento nel caso di eventi sanitari di tipo catastrofico. In questo contesto, le assicurazioni svolgono un proprio ruolo, offrendo coperture a fondi e casse sanitarie, nonché a oltre un milione e mezzo di assicurati con polizze salute. Affinché questo ruolo cresca sono necessari incentivi mirati e libertà di scelta.

L’Italia è contraddistinta da una bassa partecipazione al mercato privato delle assicurazioni, fortemente indotta dal sistema pubblico di copertura universale. In futuro, in un contesto di progressiva riduzione della copertura pubblica del rischio salute e dell’invecchiamento della popolazione, il ruolo delle assicurazioni private è destinato a crescere. Come indicano Avitabile e Jappelli nel quarto capitolo, anche in questo comparto si osserva una correlazione positiva e significativa tra condizioni economiche e sociali della famiglia (reddito, ricchezza, istruzione) e propensione a sottoscrivere contratti assicurativi; la propensione decresce uniformemente con l’età (ad eccezione di coloro che hanno un grado di istruzione più elevato) ed è maggiore per i lavoratori autonomi. Si evidenzia inoltre una relazione positiva tra presenza di malattie croniche o invalidità e il premio corrisposto per sottoscrivere un contratto assicurativo sanitario, ed una negativa tra la presenza di invalidità e probabilità di sottoscrivere un contratto assicurativo. Queste correlazioni sono meno evidenti nei contratti assicurativi di gruppo, che consentono una migliore ripartizione dei rischi da parte delle compagnie assicurative. L’analisi mostra che chi soffre di limitazioni nelle attività quotidiane esaurisce tutte le possibilità di cura offerte dal sistema pubblico e si avvale dell’aiuto di familiari, aiuto che è complementare e non sostitutivo all’utilizzo dell’assistenza privata. Si tratta di una evidenza indiretta di come l’offerta di servizi di Long-term care non riesca a soddisfare completamente la domanda. Questo implica che esistono degli ampi margini di sviluppo per un mercato assicurativo privato. Anche in questo caso sarebbero utili soluzioni in grado di favorire il pooling dei rischi (ad esempio attraverso il coinvolgimento di istituzioni, imprese, sindacati e privati), ossia che consentano il raggiungimento nei tempi più brevi della massa critica necessaria a garantire un sufficiente grado di mutualità: un esempio in tal senso, è l’esperienza del fondo Long-term care per i dipendenti del settore assicurativo.

Tra i vari tipi di spesa sanitaria, quella per l’assistenza di lungo termine ai non autosufficienti è destinata a crescere di importanza a causa dei trend demografici di invecchiamento. Comprendere meglio come le varie forme di volontariato (che al momento costituisce una parte rilevante dell’assistenza agli anziani) interagiscano con la domanda di servizi istituzionali, privati e pubblici, è importante ai fini di una stima attendibile degli effetti di politiche volte a stimolare l’offerta di servizi assistenziali. Nel quinto capitolo Brugiavini, Padula e Pasini calcolano che l’assistenza informale prestata a persone non autosufficienti si accompagna ad una maggiore assistenza privata istituzionale, come assicurazioni private e servizi a domicilio. Questa complementarietà tra volontariato e assistenza privata non si registra invece nel caso dell’assistenza pubblica.

Il rischio disoccupazione si presta invece a considerazioni in parte diverse rispetto a quanto discusso sopra. Il sistema italiano prevede una copertura per la perdita di una occupazione a tempo indeterminato o per disoccupazione generica di breve periodo, mentre il lavoro a tempo determinato è in larga parte privo di ogni copertura assicurativa. Nel mercato del lavoro il ruolo delle assicurazioni integrative ha quindi una notevole potenzialità di sviluppo. La conclusione è rafforzata dall’analisi presentata nel sesto capitolo da Angelini, Brugiavini e Pasini che evidenziano come i lavori a tempo determinato presentino salari mediamente più bassi e con maggiore variabilità, e le categorie maggiormente esposte al rischio di disoccupazione siano giovani, anziani ed lavoratori extracomunitari.

Il volume quindi afferma che lo Stato deve decidere, in una prospettiva di lungo termine, quali e quante prestazioni è in grado di offrire e come possono essere finanziate. Dovrebbe anche definire le regole a cui il settore privato deve attenersi, mettendo in competizione operatori privati e pubblici, enti finanziatori dei servizi ed enti deputati alla loro erogazione, al fine di assicurare qualità a prezzi competitivi. E dovrebbe utilizzare la leva fiscale per favorire la finalizzazione – alla previdenza, alla sanità e all’assistenza – dell’ingente risparmio delle famiglie italiane che alla fine del 2009 era pari a 3.600 miliardi di euro, una cifra pari a due volte il debito pubblico. L’assicurazione è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale in questa difficile fase. Nella maggior parte dei paesi avanzati questo ruolo le è riconosciuto in misura crescente. Ad esempio la previdenza complementare, nella quale le assicurazioni giocano un ruolo di primo piano, è da tempo ampiamente diffusa in molti paesi. In Olanda il finanziamento del servizio sanitario nazionale è completamente gestito dalle assicurazioni private attraverso un meccanismo di assicurazione privata sociale che riesce a contemperare efficienza dei costi, equità e solidarietà. In Germania vi è l’obbligo per tutti i cittadini di acquistare una copertura contro il rischio di non autosufficienza, rivolgendosi liberamente alla propria cassa sanitaria o, in alternativa, a una compagnia privata.

In conclusione, i contributi presentati in questo volume offrono un’analisi dettagliata di come il mercato assicurativo privato possa cooperare con il settore pubblico nella copertura delle principali tipologie di rischio che le famiglie affrontano nel corso del ciclo di vita.

 

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