La necessità di rispondere alle sfide crescenti della società con strategie di sviluppo socioeconomico che contemplino dimensioni altre rispetto ai criteri dell’efficienza e del profitto ha posto sempre di più l’attenzione su forme organizzative ispirate dalla volontà di coniugare dimensioni meramente economiche con aspetti di coesione sociale.
Si è posta così l’attenzione sul tema dell’economia sociale, oggetto di vivaci dibattiti, sviluppatosi in prima istanza nel contesto internazionale ed europeo per essere, solo successivamente, mutuato all’interno del panorama italiano.
Se si vuole inquadrare tale fenomeno nel contesto italiano, dunque, occorre ricostruire le tappe principali che a livello internazionale ed europeo hanno reso manifesta la volontà delle istituzioni di conferire visibilità e unitarietà a tale fenomeno. In particolare, per comprendere le ricadute che lo sviluppo dell’economia sociale ha avuto all’interno dei vari contesti nazionali, e dunque anche in Italia, bisogna partire dallo slancio che il tema ha avuto nell’arco temporale intercorso tra il 2021 e il 2023.
L’attenzione delle organizzazioni internazionali per l’economia sociale
Il fenomeno dell’economia sociale si è espanso a partire dalla volontà delle Organizzazioni Internazionali di dare risposta alle nuove sfide globali con un approccio trasversale in grado di mettere a sistema le diverse forme organizzative che compongono il panorama dell’economia sociale stessa.
In questo contesto, un ruolo preminente è stato svolto dalla OIL, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che con la Risoluzione sul lavoro dignitoso e l’economia sociale1 approvata dalle Nazioni Unite nell’aprile 2023 ha sottolineato l’importanza dell’economia sociale per la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 per la promozione del lavoro dignitoso e dei diritti fondamentali sul lavoro, per la riduzione della povertà e l’accrescimento dell’inclusione sociale, nonché per il potenziamento della produttività e della competitività e per l’accesso ai finanziamenti e ai mercati. Nell’ambito della Risoluzione, sono stati affrontati, tra gli altri temi, la necessità di garantire equità nell’accesso ai finanziamenti per gli attori dell’economia sociale, la volontà di inserire l’economia sociale all’interno dei curricula scolastici, e l’importanza della collaborazione con gli attori sindacali e con i datori di lavoro.
Per quanto concerne il contesto europeo, l’inserimento del tema dell’economia sociale nell’agenda di policy della Commissione Europea ha visto un primo slancio a partire dalla Social Business Initiative (SBI)2 del 2011, che ha stabilito un piano d’azione di respiro europeo con interventi concreti sull’imprenditoria sociale. Si è così resa manifesta la volontà di costruire un contesto favorevole per le imprese sociali e gli stakeholder chiave nell’economia e nell’innovazione sociale. Peraltro, tale iniziativa ha risposto a precedenti esortazioni espresse dal Consiglio Europeo e dal Comitato Economico e Sociale Europeo, denotando così la salienza del tema.
Successivamente, un passo in avanti decisivo è stato compiuto con l’approvazione del Piano per l’economia sociale3 del 2021, con il quale la Commissione Europea ha inteso restituire centralità al ruolo dei soggetti operanti nell’alveo dell’economia sociale. Il Piano per l’economia sociale, a sua volta, ha posto le basi per la successiva Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea4 destinata agli Stati membri, all’interno della quale l’economia sociale è stata individuata come elemento necessario per l’attuazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (European Pillar of Social Rights)5. Tale Raccomandazione ha richiesto agli Stati membri di sviluppare e implementare il concetto di economia sociale, declinandolo in base alle specificità dei contesti di riferimento.
Le caratteristiche degli attori dell’economia sociale nel contesto europeo
Così come delineato dal perimetro tracciato dal Piano d’azione della Commissione Europea del 2021 e ulteriormente illustrato all’interno della Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 2023, nel panorama dell’economia sociale sono da comprendersi i soggetti e gli enti intermedi tra Stato e mercato che possiedono alcune caratteristiche distintive. Tali caratteristiche includono la necessaria presenza di obiettivi sociali ed ambientali volti a dare prevalenza agli individui piuttosto che al profitto, il reinvestimento dei profitti e degli utili in attività che siano di interesse collettivo o generale, nonché la presenza di una governance democratica e partecipativa.
Lungi dal rappresentare un’elencazione esaustiva, sono dunque da includersi nel “contenitore” dell’economia sociale quei soggetti di diritto privato che assumono la veste giuridica di cooperative (sociali e non), società di mutuo soccorso, associazioni, fondazioni e, in maniera trasversale alle precedenti, imprese sociali. Il fattore che deve necessariamente appartenere a tutti questi soggetti è la circostanza che gli stessi operino secondo le caratteristiche distintive precedentemente delineate, ovvero la presenza di obiettivi sociali, il reinvestimento degli utili in attività di interesse collettivo o generale, e una governance democratica e partecipativa.
Declinazione dell’economia sociale nel contesto italiano
Per comprendere il fenomeno dell’economia sociale in Italia, è utile mettere a fuoco le modalità con cui le tappe di sviluppo europeo si sono intersecate con le specificità del contesto socioeconomico italiano e, in particolare, del Terzo Settore. Occorre infatti ricordare che allo stato attuale l’economia sociale non risulta normata all’interno dell’ordinamento giuridico italiano ma, volendo tentare un’approssimazione aderente alla realtà, la categoria che maggiormente rimanda agli enti dell’economia sociale a livello europeo è quella, appunto, del Terzo Settore.
Rispetto alla declinazione europea, il Terzo Settore italiano si riferisce a quei soggetti aventi la forma giuridica di enti privati che, con finalità di utilità sociale e senza scopo di lucro, promuovono attività di interesse collettivo o generale attraverso forme di azione volontaria ed elementi quali la gratuità e la mutualità nella produzione e nello scambio di beni e servizi. Dunque, riferendosi al Terzo settore, si delinea un confine più stringente rispetto a quello che abbraccia gli enti dell’economia sociale nel contesto europeo.
Sebbene l’impianto dell’economia sociale si configuri come un sistema “terzo”, il potenziamento della stessa al fine di favorire uno sviluppo socioeconomico più sostenibile e inclusivo richiederebbe una riflessione su alcuni punti su cui sarebbe auspicabile un intervento. Sarebbe infatti utile raggiungere una chiara definizione di economia sociale a livello italiano, così da delineare in maniera incontrovertibile quali enti debbano ricomprendersi e quali no, nella convinzione che il ruolo dell’economia sociale sia ormai imprescindibile nella fornitura di servizi che rispondono ai bisogni sempre più complessi della società.
Inoltre, varrebbe la pena dotarsi di misure che non neghino le specificità dei singoli enti, così da evitare l’imposizione miope di approcci standardizzati che mal si prestano ad essere efficaci considerata la notevole frammentarietà del Terzo Settore, composto da attori e organizzazioni estremamente diverse tra loro, ma complessivamente in grado di offrire opportunità crescenti di lavoro ispirate a criteri di inclusività, elemento oggi imprescindibile rispetto alla volontà di generare condizioni lavorative che tutelino i diritti di tutta la comunità.
Prossimi passi per l’implementazione dell’economia sociale
In questa direzione, a seguito del Piano per l’economia sociale approvato dalla Commissione Europea nel 2021 e della Raccomandazione del Consiglio del 2023, occorre ricordare come i Paesi membri siano chiamati ad implementare i rispettivi piani nazionali contenenti misure concrete per l’economia sociale entro i 18 mesi successivi all’adozione della Raccomandazione. In particolare, considerati gli ostacoli che sovente le organizzazioni dell’economia sociale incontrano nei contesti nazionali spesso segnati da resistenza al cambiamento, la Raccomandazione invita gli stati ad elaborare misure volte alla creazione di un terreno fertile per la crescita delle organizzazioni dell’economia sociale e alla sensibilizzazione circa la capacità delle stesse di creare posti di lavoro ispirati a criteri di innovazione e inclusione sociale. Al fine di sostenere gli Stati membri nei suddetti processi di cambiamento riguardanti sia il piano politico che quello giuridico, i Governi nazionali sono invitati ad utilizzare le misure finanziarie rese disponibili dall’Unione Europea per adottare nuove strategie o adeguarle laddove esistenti.
In Italia, il tentativo di promuovere l’economia sociale ha visto il coinvolgimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze nella creazione di un tavolo di lavoro nazionale. Allo stesso tempo, gli enti locali stanno avviando tavoli di lavoro in parallelo per sostenere il recepimento della Raccomandazione europea anche a livello territoriale. La sfida è quella di promuovere la crescita dell’economia sociale nel panorama italiano in modo sostenibile e inclusivo, adattando le indicazioni promulgate a livello europeo alle specificità del tessuto socioeconomico del Paese.
Note
- “Promoting the Social and Solidarity Economy for Sustainable Development” (A/RES/77/281).
- COM(2011)682 – Communication Social Business Initiative – Creating a favourable climate for social enterprises, key stakeholders in the social economy and innovation.
- COM(2021)778 – Communication from The Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee, and the Committee of the Regions. Building an economy that works for people: an action plan for the social economy.
- C/2023/1344 – Council Recommendation of 27 November 2023 on developing social economy framework conditions.
- Il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali stabilisce 20 principi chiave per la costruzione di un’Europa più giusta, inclusiva e piena di opportunità all’interno del mercato del lavoro e dei sistemi di welfare.