Gigi De Palo non ha dubbi. In materia di natalità “il Governo Meloni lo si giudica ora, con la Legge di Bilancio”.
De Palo è il promotore degli Stati Generali della Natalità, che lo scorso maggio hanno avuto come ospiti principali Papa Francesco e proprio Giorgia Meloni. È convinto che, dopo tante dichiarazioni su questo tema, sia arrivato il momento di valutare l’impegno dell’Esecutivo sulla base dei provvedimenti che prenderà e, soprattutto, dei fondi che stanzierà per sostenerli.
La Presidente del Consiglio infatti sta lavorando a quella che è la prima Legge di Bilancio di sua completa competenza visto che, dopo aver vinto le elezioni nel settembre 2022, si è trovata con la manovra 2023 già largamente preparata dal suo predecessore, Mario Draghi.
“I margini sono limitati”, ha dichiarato Meloni, ma il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgietti, commentando la NADEF1, ha confermato che ci saranno “interventi per famiglie e natalità”. Alcuni giornali parlano di un pacchetto di misure da 1,5 miliardi. Le risorse dovrebbero arrivare dai fondi non spesi per l’assegno unico universale, che è stato erogato a partire dal marzo 2022 e che è stato la principale novità introdotta negli ultimi anni in questo ambito.
Nelle prossime settimane, quindi, passato e futuro delle politiche italiane per la natalità si intrecceranno. Con quali risultati? Lo scopriremo insieme, perché la nostra serie #Denatalitalia riparte proprio da qui. Nei prossimi mesi, infatti, torneremo ad approfondire misure e interventi messi in campo in Italia, ma anche a guardare a quanto accade nel resto d’Europa, alla ricerca di casi studio e esempi da seguire. Ma andiamo con ordine.
L’Assegno unico universale
Se guardiamo al recente passato delle misure per la natalità italiane bisogna partire da citato Assegno unico e universale, che è la “misura di sostegno economico alle famiglie introdotta a decorrere dal 1° marzo 2022 dal decreto legislativo 230/2021 e attribuita per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni di età (al ricorrere di determinate condizioni) e senza limiti di età per i figli disabili”, spiega la relazione dell’Osservatorio nazionale per l’assegno unico e universale.
È definito unico in quanto finalizzato alla semplificazione e al contestuale potenziamento degli interventi diretti a sostenere la genitorialità e la natalità, e universale perché è garantito in misura minima a tutte le famiglie con figli a carico, anche in assenza di Isee o con Isee superiore alla soglia massima prevista. Il provvedimento è stato il principale strumento con cui più recentemente la politica ha cercato di rispondere alla denatalità. Dopo un lungo iter parlamentare è stato implementato dal Governo Draghi ed è stato poi confermato da quello Meloni, che per il 2023 ha previsto un aumento degli importi per i nuclei con figli minorenni, figli maggiorenni con disabilità e peri nuclei con quattro o più figli.
“L’assegno unico è stato sicuramente un miglioramento perché siamo usciti dalla frammentazione e perché molte famiglie che prima non l’avrebbero ricevuto ora l’ottengono”, commenta Chiara Saraceno, sociologa e portavoce della rete Alleanza per l’infanzia. Ma non manca di problemi. Come spiega ancora la relazione dell’Osservatorio nazionale, “l’importo base dell’assegno per ciascun figlio minore, in assenza di maggiorazioni, nel 2023 va da un minimo di 54,10 euro, in assenza di Isee o con Isee pari o superiore a 43.240 euro, ad un massimo di 189,20 euro per Isee fino a 16.215 euro”.
Per Saraceno questo è un primo tema perché “l’importo base è troppo basso, andrebbe aumentato”. E, secondo l’esperta, non si tratta dell’unica criticità.
Una misura da migliorare
Uno dei limiti emersi in questo primo anno e mezzo di vita della misura è la burocrazia legata alla richiesta che le famiglie devono fare, proattivamente, per ottenere il sostegno economico.
“È da tempo che chiediamo, ancora invano, una semplificazione dei processi” ha spiegato lo scorso agosto ad Avvenire Adriano Bordignon , presidente del Forum delle Associazioni Familiari. “Al contrario, i ritardi nei versamenti avvenuti nel mese di maggio, le incertezze relative ai nuclei ex percettori di Reddito di cittadinanza, i continui problemi per le famiglie affidatarie hanno aumentato la distanza”, ha aggiunto.
De Palo sottolinea anche un aspetto legato alla comunicazione che, a suo parere, “non viene fatta come dovrebbe”. “Ci sono ancora persone che mi chiedono cosa sia questo assegno unico”, aggiunge. Proprio per migliorare questo aspetto, a inizio settembre, l’INPS ha deciso di inviare una comunicazione a tutte le famiglie dei neonati, per avvisarle del supporto. Potrebbe essere un passo nella direzione auspicata da De Palo, che prosegue: “stiamo parlando di una misura che esiste da un anno e mezzo, ricordiamocelo. A volte sembra sia già passata di moda. E invece bisogna insistere, dobbiamo migliorarlo”.
In tal senso, Saraceno propone di rendere l’erogazione del contributo “automatica, almeno per l’importo base, che spetta a tutti”. Inoltre, segnala che “chi ha redditi medio alti, a volte non fa nemmeno domanda perché non ha un grande vantaggio” e che “continuano ad esserci problemi di scoraggiamento del lavoro delle madri”.
Come la sociologa ha spiegato in diverse occasioni, infatti, legare i contributi economici per i figli al reddito familiare (come fa l’assegno unico universale) ha un effetto di scoraggiamento sull’aumento di reddito, quindi anche e soprattutto sull’aumento del numero dei lavoratori in famiglia. Ciò, però, ha scritto Saraceno su Neodemos “è in contrasto con il sostegno alla fecondità, nelle società sviluppate almeno, dove esistono evidenze empiriche consistenti che indicano nel sostegno all’occupazione delle donne e in particolare delle madri tramite anche politiche di conciliazione la modalità più efficace dal punto di vista della fecondità (ed anche della stessa povertà)”.
Il tesoretto dell’Assegno unico
Per De Palo, invece, “l’assegno unico universale è un’ottima misura di contrasto alla povertà, ma non per far ripartire la natalità”. A suo parere, per rilanciare le nascite, servono anche interventi di natura fiscale, che auspica vengano inseriti nella Legge di Bilancio. E qui arriviamo alla questione delle risorse a disposizione del Governo, che conta anche sui fondi stanziati per l’assegno unico, ma non spesi.
A fine agosto il Sole 24 Ore ha aperto la sua edizione del lunedì proprio con questo il titolo “Assegno unico: 2 miliardi non spesi” (qui un podcast che riassume i contenuti dell’articolo). Al suo interno, il quotidiano spiegava che “la misura ancora non ha raggiunto tutte le famiglie potenzialmente beneficiarie” e che, a fronte di una platea di beneficiari prevista di 7 milioni di nuclei familiari, per un totale di circa 11 milioni di residenti tra 0 e 20 anni, nei primi sei mesi del 2023 erano stati riconosciuti assegni per soli 8.821.228 di figli.
“Pesano la difficoltà di informare tutte le famiglie (il 12% non lo ha chiesto) e gli importi ridotti per i redditi più elevati”, sosteneva l’articolo, che continuava aggiungendo che “nel primo semestre sono stati erogati dall’INPS 8,28 miliardi di euro”. “Ipotizzando che fino a dicembre la spesa resti uguale a quella del mese di giugno, a fine anno si potrebbe arrivare fino a 16,6 miliardi”, circa due miliardi in meno rispetto ai 18,6 miliardi stanziati per la misura nel 2023.
Il Sole continuava avanzando anche altre ipotesi con risparmi meno consistenti e, in effetti, la relazione dell’INPS pubblicata nella settimane successive ha rilevato un aumento delle famiglie e dei figli beneficiari. Da gennaio a luglio 2023, i nuclei familiari che hanno ricevuto l’assegno nel periodo sono stati 6.213.179, per un totale di 9.735.087 di figli raggiunti e 10,4 miliardi di euro di assegni erogati.
Cosa ci sarà nella Legge di Bilancio?
Le cifre, quindi, potrebbero cambiare, ma il concetto rimane: come era successo anche nel 2022, dalla voce di bilancio per la natalità ci saranno fondi risparmiati che il Governo dovrà decidere come e dove usare. E le ipotesi sono diverse.
Il Foglio spiega che nella Legge di bilancio ci saranno “aiuti alle famiglie con almeno tre figli, bonus per il secondo figlio e sgravi per le madri che lavorano, per un investimento di circa 1 miliardo e mezzo di euro”. SkyTg24 aggiunge che sul tavolo c’è già un nuovo intervento sull’assegno unico. “Nella prima finanziaria – scrive il sito di news – è stato aumentato per il primo figlio e poi dal terzo figlio in poi fino a tre anni e successivamente anche in modo forfettario e strutturale per le famiglie numerose. «Altrettanto faremo in questa nuova finanziaria», annuncia la ministra Roccella: «In particolare l’intervento sull’assegno unico sarà focalizzato sul terzo figlio, mentre per il secondo è allo studio un pacchetto di altre misure più articolato»”.
Il dibattito è in corso, ma per avere certezze bisognerà aspettare il tasse20 ottobre , scadenza entro cui andrebbe presentato al Parlamento il disegno di legge di Bilancio vero e proprio. La data però, avverte Pagella Politica, “non è vincolante e negli ultimi anni i Governi hanno sempre accumulato ritardi”.
Ipotesi da cui partire: tasse, conciliazione e casa
Nell’attesa di capire i tempi, Saraceno e De Palo fanno riflessioni e avanzano proposte. La prima riguarda l’attenzione particolare che il Governo sembra mostrare per le famiglie numerose.
“Il problema in Italia non è che non facciamo il terzo o il quarto figlio ma che facciamo fatica ad arrivare a due”, ragiona Saraceno. Anche De Palo, che di figli ne ha cinque, esprime un concetto simile: “la denatalità in Italia non la sconfiggi se decine di migliaia di famiglie numerose fanno il quarto o quinto figlio, ma se centinaia di migliaia di famiglie, dopo il primo fanno il secondo”.
Perché questo avvenga, a suo parere, serve un intervento in materia di tassazione, anch’essa al centro dell’operato del Governo. “A riforma fiscale in corso, ci aspettiamo che la Legge di Bilancio contenga un richiamo alla composizione famigliare, qualcosa di oggettivamente visibile”, dice. “Facciamo una riforma fiscale che consideri il peso dei figli nel pagare le tasse. La precarietà diminuisce la possibilità di fare figli. L’aspetto fiscale aiuta perché riguarda tutti, è universale, indipendentemente dal contratto di lavoro”, sostiene.
Saraceno, invece, conclude facendo un ragionamento più ampio: “per incentivare le scelte positive di fecondità o, quanto meno, per non scoraggiarle occorre toccare più piani. Non basta un assegno”. Per la sociologa, bisogna anche sostenere l’occupazione giovanile e quella femminile, migliorare la conciliazione tra vita e lavoro e agire su molti altri fronti, tra cui uno cruciale come quello dell’accesso all’abitazione per i giovani. “Tutto questo vedo che manca. Va benissimo se la Legge di bilancio rafforza un pochino l’assegno unico, ma se non si interviene su tutti gli altri settori…”.
Note
- La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza è il documento che il Governo italiano presenta alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e finanziare per il triennio seguente, in questo caso per periodo 2024-2026.