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Il riconoscimento del diritto dei bambini all’educazione sembra inserito in un percorso di affermazione progressiva che non beneficia dei binari dell’alta velocità.

Trentacinque anni fa, con l’approvazione il 20 novembre del 1989 della Convenzione internazionale sui diritti dei bambini, le Nazioni Unite sancirono l’obbligo, per gli Stati ratificanti, di garantire il diritto dei bambini all’educazione, anche se allora si trattava di un impegno a garantire – gradualmente – l’accesso all’istruzione primaria1.

Oggi, trentacinque anni dopo, dobbiamo segnalare, accanto alla mancata conquista di quel traguardo annunciato e, forse ancor di più in ragione di questo, il privilegio di appartenere a una parte di mondo in cui si parla anche di opportunità educative rivolte all’infanzia  e addirittura ad un Paese che ha sancito in una norma che “Alle bambine e ai bambini, dalla nascita fino ai sei anni, per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, sono garantite pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”2.

In realtà, la progressività prevista dalla norma richiamata per l’attuazione del “sistema integrato di educazione e istruzione da 0 a 6 anni” è l’unico elemento della cosiddetta riforma della “Buona Scuola”3 che si è concretizzato anche oltre la prudenza dichiarata nel riferimento al fatto che “viene progressivamente istituito, in relazione all’effettiva disponibilità di risorse finanziarie, umane e strumentali, il Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e per i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni”4. Mai come in questi ultimi anni il sistema ha beneficiato di una quantità enorme di nuovi finanziamenti, lasciando aprirsi l’ipotesi, che qui brevemente articoleremo, che i freni all’affermazione del diritto dei bambini all’educazione a partire dalla nascita derivano da un doppio sortilegio: un retaggio culturale intersecato con la mancanza di un disegno di governance.

A proposito del retaggio culturale

Forse la prima considerazione, apparentemente banale, riguarda l’uso delle parole, perché, sebbene da almeno 10 anni le norme parlino di “nidi d’infanzia”, la denominazione utilizzata prevalentemente è ancora “asili nido”. Nomina sunt consequentia rerum: un retaggio che ha dentro di sé la persistente difficoltà a concepire il nido come un servizio educativo e non un luogo di custodia e assistenza a beneficio della famiglia.

Non stupisce – sebbene urli vendetta – il fatto che, mentre le norme parlano di garantire pari opportunità di educazione e istruzione alle bambine e ai bambini da 0 a 6 anni5 e nonostante tutti gli ultimi governi si siano premurati di soffermarsi sul tema dei nidi annunciando l’impegno a renderli gratuiti, ciò che non appare ancora all’orizzonte è la decisione di ricondurre a carico della fiscalità generale il loro costo.

Così, il diritto all’educazione continua a essere “a domanda individuale” e il freno allo sviluppo dell’offerta è diretta conseguenza del rimettere ai soli Comuni – e non allo Stato – la responsabilità di coprire il costo dei nidi.

Pallida sembra tuttora la soluzione offerta dal Fondo di solidarietà comunale6, che servirebbe a intervenire a copertura dei costi di gestione dei nidi, ma il cui stanziamento sembra abbondantemente sottodimensionato rispetto alle necessità attuali, e ancor di più pensando ai nuovi target definiti dalla Comunità europea per il 2030, quando sarebbe richiesto di arrivare a una copertura per il 45% dei bambini7.

E le famiglie? Davvero difficile spiegare che per utilizzare il nido si deve pagare una retta8, mentre la scuola dell’infanzia sarà gratuita: l’unica giustificazione possibile – si dica per paradosso – è che il nido continua ad essere assistenza mentre la scuola dell’infanzia, ancorché non obbligatoria, ha costi coperti dalla fiscalità generale.

A proposito della mancanza di un disegno di governance

Lo split delle competenze sullo 0-6 – le scuole dell’infanzia allo Stato e i nidi d’infanzia agli Enti Locali9 – dice già come sia difficile costruire una dimensione di integrazione fra i due ambiti.

Così, la scuola dell’infanzia, sostenuta da un robusto finanziamento statale, ha positivamente beneficiato del decremento demografico che ha condotto negli ultimi 10 anni a consolidare la generalizzazione dell’accesso a tutti i bambini in età e a diminuire il numero medio di bambini per sezione da 23 a 17.

Figura 1. Numero di iscritti e tasso di copertura della scuola dell’infanzia. Anni 2013-2022. Fonte: rielaborazione IDI da Istat e MIM

Nello stesso tempo, il povero nido – è proprio il caso di dirlo – con una spesa corrente dei Comuni stazionaria dal 2012 ad oggi, è rimasto fermo.

Figura 2. Numero di posti nei nidi d’infanzia e spesa dei comuni per i nidi. Anni 2000-2022. Fonti: rielaborazione IDI da: CNDA censimento nidi 2000, ricognizione nidi 2005 e monitoraggio nidi 2009-2012; Istat rilevazione nidi e spesa sociale dei comuni

L’unico effetto del decremento demografico è stato quello di alzare il tasso di copertura, ma senza abbattere il deficit di offerta e l’alto numero di bambini negati nella possibilità di accesso a quelle opportunità che la riforma vorrebbe disponibili per tutti.

Figura 3. Numero di posti e tasso di copertura dei nidi d’infanzia. Anni 2013-2022. Fonte: rielaborazione IDI da Istat

Per non parlare del fatto che la chiusura di oltre 1.700 scuole e di quasi 6.000 sezioni di scuola dell’infanzia – sempre negli ultimi 10 anni – non si è accompagnata ad alcun processo di riconversione a favore dello sviluppo dei nidi. Altro che sistema integrato: con troppe scuole e pochi nidi nessuno ha pensato di riequilibrare ipertrofie e difetti in un nuovo equilibrio.

Figura 4. Numero di plessi e sezioni di scuole dell’infanzia chiuse fra 2009/10 e 2019/10. Fonte: rielaborazione IDI da Istat e MIM

Si dirà che c’è il PNRR, il noto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza10, con 4,57 miliardi per investimenti destinati a 150.48011 nuovi posti per lo 0-6 (con 3.199 progetti finanziati), il Fondo di solidarietà comunale12con la previsione dal 2027 di 1,1 miliardo all’anno e il Bonus Nido dell’INPS13 per abbattere le rette delle famiglie.

Teniamo in sospeso le valutazioni in merito in attesa di dati di monitoraggio che per adesso sembrano a dir poco approssimativi14 e che, per ora, non muovono la lancetta dei dati ISTAT sulla consistenza dell’offerta 0-6, in particolare dei nidi.

Quanto al declamato Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione15, esso finalizza ogni anno circa 300 milioni di euro a favore di investimenti, sostegno alla gestione e formazione rivolti ad un sistema che accoglie oltre 1,5 milioni di bambini (sarebbero 200 euro a bambino) e conta oltre 30.000 unità di offerta (sarebbero 10.000 euro per plesso).

In tutto questo, mai lo 0-6 ha vissuto una spaccatura come quella attuale nella definizione dei profili professionali di educatori e docenti, con un percorso di Laurea triennale per gli educatori – e la sciagurata prospettiva16 di essere ricondotti ad un albo professionale – e una Laurea magistrale per i docenti, con contenuti formativi sostanzialmente centrati sulla scuola primaria.

Anche nei poli per l’infanzia – cui la riforma dedica addirittura un articolo17 segnalandoli come laboratori di sperimentazione – educatori e docenti non possono lavorare insieme.

Per integrare alla semplice speranza qualche spunto propositivo

Volendo concludere con alcuni spunti propositivi, ne segnaleremmo tre.

Governance

Occorre superare la separazione fra le competenze dello Stato sulle scuole dell’infanzia e degli Enti Locali sui nidi e rafforzare l’impegno economico dello Stato sullo 0-3: i nidi non cresceranno mai finché i Comuni non saranno sostenuti nei costi di gestione con un trasferimento ordinario dallo Stato.

Non basta una attribuzione formale del ruolo di governance al Ministero dell’istruzione, occorre una struttura di riferimento (ad oggi non esiste un “ufficio 0-6” a Viale Trastevere) che integri le competenze oggi dislocate in livelli di governo e ambiti amministrativi disparati e in fonti di finanziamento non coordinate fra loro18.

È evidente che una governance pubblica integrata è necessaria per garantire al sistema 0-6 – naturalmente plurale nelle componenti e nei protagonismi – regole, standard e forme di programmazione integrata, nonché finanziamenti che rendano, come già avviene quasi del tutto per le scuole dell’infanzia, anche l’intero sistema integrato 0-6 gratuito: costa molto meno di quanto si può pensare e – soprattutto – è l’unico modo di concretizzare il diritto all’educazione per tutti i bambini.

Programmazione

La recente emorragia di sezioni e plessi di scuola dell’infanzia, unita alla persistente mancanza di nidi, dovrebbe trovare una forma di equilibrio innanzitutto utilizzando in modo razionale il patrimonio delle scuole presenti nella maggior parte dei comuni italiani.

L’esempio dei progetti di polo zerosei attivati nelle aree interne dell’appennino tosco-romagnolo19 segnala come con pochi investimenti si possono garantire buone opportunità proteggendo le scuole dell’infanzia dalla chiusura e sviluppando un’offerta di qualità per lo 0-3.

Molti spunti per un lavoro di qualità nello 0-6 sono presenti nel Manuale sullo 0-620 che, su mandato della Presidenza del Consiglio, è stato elaborato dall’Istituto degli Innocenti per offrire supporto alla buona programmazione degli interventi sul territorio.

Cancellare gli anticipi a favore dello sviluppo di sezioni primavera, sviluppare l’offerta 0-3 attraverso ristrutturazioni di scuole dell’infanzia e istituzione di poli 0-6, costruzione di nuovi nidi sarebbero direttrici di lavoro molto promettenti, ma, sebbene si tratti di elementi che hanno ispirato anche specifiche iniziative assunte dal 5° Piano nazionale di azione sull’infanzia e l’adolescenza21, le inerzie intrinseche al sistema di governance di cui abbiamo parlato in precedenza ne stanno vanificando l’attuazione.

Formazione

Partendo dal rammarico di verificare che dopo 10 anni di 0-6 continuiamo a parlare di educatori e docenti e non abbiamo inventato un modo di chiamare i professionisti dell’infanzia con un unico nome.

Ma se per questo forse dobbiamo attendere lo sviluppo di processi che probabilmente non hanno ancora – a buon intenditor poche parole – una sufficiente motivazione per essere intrapresi, sarebbe interessante “sperimentare il possibile” con un percorso di specializzazione che conduca, dopo la laurea triennale per educatori, a un titolo magistrale per lo 0-6 abilitante a lavorare sia nei nidi che nelle scuole dell’infanzia.

Potrebbe essere anche la base su cui innestare un master per coordinatori di sistema, sul cui profilo continuano a mancare riferimenti, sebbene la riforma ne parli22come di una componente essenziale del sistema integrato 0-6.

Fantasie? Forse si, ma se in educazione manca la fantasia – e non solo quella dei bambini, ma anche quella degli adulti – non si va da nessuna parte.

 

Note

  1. Art. 26: Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione.
  2. Art.1, comma 1, del d.lgs. 65/2017.
  3. Stabilita dalla l. 107/2015, applicata dal d.lgs 65/2017 per quel che riguarda il potenziamento dell’educazione prescolare.
  4. Art.1, comma 2, del d.lgs. 65/2017.
  5. Art.1, comma 1, del d.lgs. 65/2017.
  6. Legge di bilancio n. 228/2012 come integrata dalla Legge di bilancio n.234/2021.
  7. UE Raccomandazione n.14785/2022.
  8. Fortunati, A. (a cura di) (2022) EDUCAZIONE ZEROSEI. Diritti, qualità e accessibilità nel sistema integrato. Firenze: Istituto degli Innocenti.
  9. Art.2, commi 4 e 5, del d.lgs. 65/2017.
  10. Il PNRR è stato istituito con il DL 59/2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 101/2021.
  11. A seguito di abbassamento del target approvata da Consiglio UE l’8 dicembre 2023.
  12. Legge di bilancio n. 228/2012 come integrata dalla Legge di bilancio n.234/2021.
  13. Legge di bilancio n.232/2016.
  14. Si veda Ufficio parlamentare di bilancio, Focus 1/2025 “Piano asili nido e scuole dell’infanzia: stato di attuazione e obiettivi del PNRR e del PSB”.
  15. Art. 12 del D.L.vo 65/2017.
  16. Legge n.55/2024.
  17. Art.3 del D.L.vo 65/2017.
  18. Il Ministero dell’istruzione ha la titolarità del “Fondo nazionale per il sistema integrato zerosei” e delle risorse del PNRR; al Ministero dell’Interno fa riferimento il “Fondo Asili nido e scuole dell’infanzia” istituito dalla L. 160/2019 e il “Fondo di solidarietà comunale”, istituito dalla L. 228/2012; ad INPS fa capo il “Bonus asilo nido”, istituito dalla L. 232/2016.
  19. Si veda Fortunati, A. e A. Pucci (a cura di) (2024) I poli 0-6 come risorsa e opportunità per le comunità. Firenze: Istituto degli Innocenti.
  20. AA.VV. (2021) Manuale dei servizi educativi per l’infanzia e dello 0-6. Firenze: Istituto degli Innocenti.
  21. DPR 25.01.2022: si vedano in particolare le azioni 1 e 2.
  22. Art.6, comma 1, lettera c) e Art.7, comma 1, lettera d) del D.L.vo n.65/2017.
Foto di copertina: Markus Spiske, Unsplash.com