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Stretta sui controlli di bilancio, convergenza sulle riforme economiche, ma anche un "welfare da tripla A", con standard comuni per i trattamenti minimi di disoccupazione. Sono le linee di sviluppo per il progetto di riforma dell’Eurozona a cui stanno lavorando i quattro presidenti europei – Juncker (Commissione), Tusk (Consiglio Europeo), Draghi (BCE) e Dijsselbloem (Eurogruppo) – con l’importante contributo, silenzioso ma costante, del Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz. Tante le novità che si profilano all’orizzonte, soprattutto sul fronte delle politiche sociali dei Paesi membri. La "Roadmap per completare l’Unione economica e monetaria" cui stanno lavorando i massimi vertici dell’Unione stabilirà dunque i passaggi fondamentali che interesseranno l’Unione nel prossimo futuro. Il piano sarà presentato ufficialmente al vertice dei Capi di Stato e di Governo di fine giugno, ma i tratti principali delle riforme hanno iniziato a essere più chiari già nella giornata di ieri.

Il 9 giugno, in coincidenza con la plenaria a Strasburgo, il vicepresidente del Parlamento UE, Valdis Dombrovskis, e la Commissaria per il lavoro Marianne Theyssen hanno infatti iniziato ad esporre le linee che la Commissione vuole seguire per sviluppare la "dimensione sociale" dell’Europa a partire da "un rafforzamento del coinvolgimento delle parti sociali nel disegnare le riforme".

Nei prossimi due anni, hanno detto Dombrovskis e Theyssen, sarà prevista "una nuova spinta a convergenza, lavoro e crescita" con meccanismi per “l’attuazione rinforzata delle procedure per gli squilibri macroeconomici". Verrà creato "un sistema di autorità per la competitività" nei paesi dell’Eurozona e sarà data "più attenzione alla dimensione sociale" e "più forte coordinamento tra le politiche economiche nell’ambito di un Semestre europeo rinnovato". Il progetto di riforma in questo senso prevede che i primi tre mesi siano dedicati alla valutazione della situazione nell’insieme dell’Eurozona, mentre il successivo trimestre alle questioni aperte nei singoli Paesi, col rafforzamento dei controlli democratici tanto del Parlamento europeo quanto dei parlamenti nazionali. Un sistema che, dunque, cercherà di sviluppare politiche comuni cercando poi di declinarle a livello nazionale valutando i singoli casi, evitando dunque il rischio di eccessive disomogeneità nell’applicazione ed efficacia delle varie misure.

Entrando più nel dettaglio delle misure sociali, Vicepresidente e Commissario hanno sottolineato che già entro l’anno arriveranno proposte per "chiarire le regole" sulla mobilità dei lavoratori all’interno della Ue e per la tutela della salute. Un tema diventato spinoso dopo le esternazioni di diversi premier europei (non da ultimo quelle espresse da David Cameron nel corso della campagna elettorale britannica) e la sentenza della Corte di Giustizia sul cosiddetto "turismo del welfare". La Commissione, inoltre, si impegnerà maggiormente sul fronte del lavoro, vigilando affinché vengano applicati "standard minimi" per i trattamenti di disoccupazione. Non un minimo uguale per tutti i 28 Stati membri, tengono a sottolineare a Strasburgo, ma minimi adeguati alle realtà dei singoli Paesi. Niente rischi di “livellamento” per i sistemi che già possiedono generosi sistemi di protezione dunque, ma la volontà di attuare una "revisione al rialzo" in quelli dove ancora scarseggiano forme di tutela adeguate. Dombrovskis in questo senso ha invitato i Paesi membri ad usare gli "86 miliardi a disposizione del Fondo sociale europeo per il periodo 2014 e 2020" al fine di impostare azioni adeguate a combattere disoccupazione e povertà.


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