Pochi giorni fa è stato presentato il Rapporto Istat 2018, che fa il punto sulla condizione economica e sociale italiana. L’edizione di quest’anno è molto innovativa perché approfondisce il tema delle reti e delle relazioni tra le persone e gli attori sociali. Un aspetto di grande interesse per il nostro Paese e, in particolare pe un settore come quello del welfare, dove la rete costituisce un fattore chiave di sostegno e inclusione degli individui.
“Siamo convinti – spiegano gli autori – che questo cambiamento di punto di vista arricchisca l’analisi e permetta di rispondere ad alcune domande di ricerca: ad esempio, le reti sono un fattore evolutivo? Offrono un contributo alla resilienza dei soggetti e delle forme in cui si organizzano? Sono un fattore di protezione, di rafforzamento, di crescita?”.
Individui e reti
Per rispondere a questi interrogativi, gli autori hanno analizzato le reti di parentela, amicizia e vicinato considerando i parenti stretti (nonni, genitori, fratelli e sorelle, partner, figli e nipoti), gli altri parenti (zii, figli di fratelli, cugini, cognati, suoceri e altri), i vicini, gli amici e la presenza di qualcuno che sarebbe disposto a prestare un aiuto concreto. Queste reti si possono rappresentare come un insieme di cerchi concentrici che, partendo dai familiari, interessano parenti, amici e giungono fino alle associazioni. Ognuno di noi – è stato calcolato – ha una rete costituita mediamente da 5,4 "parenti stretti" e da 1,9 "altri parenti" su cui può contare.
Le persone sono infatti coinvolte in una pluralità di sistemi di relazione e reti di diversa natura – spesso informali – cui partecipano con intensità variabile, anche in corrispondenza delle diverse fasi della vita, della struttura familiare, della condizione sociale, dell’attività lavorativa e del reddito. Tali reti sono inoltre attraversate da profondi mutamenti: ad esempio, una famiglia che si restringe riduce l’ampiezza delle reti familiari. Quando i centri minori perdono popolazione e chi resta invecchia, si assottigliano le reti di vicinato. “Queste sfide non devono però spaventare” – si legge nel rapporto.
Stando all’analisi effettuata dall’Istat, “emerge chiaramente il valore per le persone dell’appartenenza a più reti, al di là di quella di parentela, con un ruolo sempre più rilevante della rete elettiva (ossia costituita a partire dalle preferenze e dalle libere scelte dei singoli), sia nel sostegno e nella risposta ai propri bisogni e necessità, sia per lo sviluppo dei propri interessi e l’arricchimento culturale. L’ampiezza e la varietà delle reti in cui si è inseriti spinge ad una maggiore fiducia verso gli altri con risvolti positivi per la società nel suo complesso. Le reti di relazione, qualunque sia l’ambito in cui vengono osservate, non comportano soltanto vantaggi isolati, ma si cumulano e si agglomerano, tanto che è possibile parlare di un potere moltiplicatore delle reti e di reti al quadrato o al cubo". Ma vediamo alcuni degli aspetti più rilevanti sul fronte del welfare.
La rete per le famiglie
Le famiglie sono inserite in un contesto di aiuti che spesso sono attivati, a prescindere dal bisogno effettivo, per la semplice appartenenza ad una rete. Tuttavia, l’aiuto si attiva più frequentemente se nella famiglia sono presenti persone con problemi di salute che hanno limitazioni funzionali. Nel complesso infatti, le famiglie che nelle quattro settimane precedenti l’intervista hanno ricevuto almeno un aiuto gratuito da persone non conviventi sono il 16,1%, ma tra quelle in cui almeno una persona ha dichiarato di avere qualche limitazione nelle attività quotidiane la quota è del 24,6%; se le limitazioni sono gravi, la quota di famiglie aiutate è del 31,7%.
Gli aiuti ricevuti, in particolare, sostengono le necessità specifiche espresse dalle famiglie. Ad esempio, oltre il 60% delle persone con gravi limitazioni che vivono sole è stata aiutata per l’assistenza materiale nelle attività quotidiane (lavarsi, vestirsi, mangiare, ecc.) e nei lavori domestici (pulire, lavare, fare la spesa, preparare i pasti). Risultano elevate anche le forme di aiuto relative alla compagnia, accompagnamento o ospitalità (62,8%) (Figura 1).
Figura 1. Famiglie per tipo di aiuto ricevuto e presenza in famiglia di persone con limitazioni
Fonte: Istat 2018
Nel considerare tali reti di sostegno attivate nelle famiglie in cui vi sono persone ad autonomia ridotta si deve fare riferimento alla rete formale di servizi e aiuti economici forniti dal comune, dalle cooperative convenzionate o da altri istituti e enti pubblici. Questi aiuti di natura formale non sono necessariamente alternativi al sostegno offerto dalle reti di parentela, amicizia e vicinato, ma sono in genere complementari. L’oggettiva necessità di aiuto delle famiglie vulnerabili non è affrontata, quindi, solo dai servizi socio-assistenziali, ma anche dall’intervento delle famiglie attraverso diverse modalità: aiuto informale, servizi privati a pagamento, delega ad altri per la cura di propri familiari non autonomi (figura 2).
Figura 2. Famiglie per presenza di almeno una persona con limitazioni nelle attività, per tipo di aiuto ricevuto
Fonte: Istat 2018
Reti e ruoli familiari
Che effetto ha l’aiuto esterno sull’organizzazione del lavoro domestico? In altre parole, il contesto di relazioni in cui le coppie sono inserite ha un impatto sulla ridefinizione dei ruoli di genere nelle famiglie? In base a quanto emerso, la rete familiare non ha un effetto unidirezionale sull’equilibrio tra i partner e sulla gestione della quotidianità.
Da un lato la convivenza comporta maggiore lavoro domestico per le donne: il vantaggio di vivere in famiglia è percepibile soltanto per gli uomini, che beneficiano della condivisione del lavoro familiare con un guadagno netto in termini di carichi di lavoro complessivo; mentre per le donne, soprattutto se occupate, la vita di coppia comporta un aggravio di lavoro.
Dall’altro lato, poter contare su una rete di sostegno significa per entrambi i partner delegare parte dei compiti e alleggerire il carico di lavoro. In questo quadro, quindi, la disponibilità di aiuti favorisce l’eguaglianza di genere e la possibilità di accedere a servizi a pagamento riduce il sovraccarico di lavoro domestico per le donne. Alla luce del diradamento della rete familiare, rendere più accessibili i servizi di assistenza diventa quindi sempre più importante per la sostenibilità dei carichi di lavoro delle donne occupate.
Sud Europa: bene le reti famigliari, male quelle associative
Relazioni sociali e partecipazione attiva sono elementi strettamente legati al benessere e alle condizioni di vita delle persone. Per avere una visione delle differenze che intercorrono fra i principali Paesi europei nell’intensità delle relazioni familiari e amicali e nelle forme di partecipazione sociale (volontariato formale e informale e l’impegno sociale) il rapporto ha realizzato un approfondimento basato sulla rilevazione Eu-silc del 2015.
Nei Paesi con sistemi di welfare tipici del sud Europa il ruolo di parenti e amici è particolarmente rilevante e i livelli di cittadinanza attiva sono più bassi. Il contrario accade per i Paesi con regimi di welfare socialdemocratico e conservatore-corporativo. Nel complesso dell’UE, infatti, poco più di una persona su due vede i propri familiari almeno una volta a settimana. Questa quota supera il 60% in cinque Paesi: Portogallo, Grecia, Belgio, Italia (con il 64,4 %) e Spagna. Nel 2015, nei Paesi dell’Unione europea il 19,3% delle persone di 16 anni e più ha partecipato ad attività di volontariato formale, il 22,2% ad attività informali, mentre una quota più bassa, il 12,9%, ha svolto attività di impegno sociale.
I livelli più elevati di partecipazione formale e informale si riscontrano nei paesi del Nord Europa: Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Danimarca. Quote molto più basse rispetto alla media si osservano in Portogallo, Spagna, Grecia e Italia, a prescindere dal tipo di partecipazione (formale o informale). Per l’Italia, quindi, così come per gli altri Paesi del Sud Europa, i legami stretti riconducibili a famiglia e amici giocano un ruolo particolarmente intenso, mentre solo una quota marginale di persone attiva relazioni al di fuori del proprio nucleo ristretto.
Figura 3. Quota di persone che vedono i familiari tutti i giorni e quota di persone che hanno attivato forme di impegno sociale per alcuni Paesi dell’Unione europea e sistema di welfare
Fonte: Istat 2018
Le reti territoriali
Anche la disponibilità di servizi deriva dalle reti che si sviluppano tra gli attori sociali e le istituzioni. I processi di governance infatti aiutano e facilitano il dialogo fra strutture, territori e attori, disegnando reti che dialogano e si combinano fra di loro. Una rete che contribuisce fortemente a caratterizzare l’offerta di prestazioni sociali del nostro Paese è quella degli interventi realizzati a livello territoriale e locale. Nell’ambito della propria autonomia organizzativa, i Comuni in particolare possono offrire una gamma di prestazioni e servizi molto ampia, dando luogo a strategie assistenziali diverse per soddisfare una pluralità di bisogni.
Il rapporto ha classificato i Comuni a partire dalle risorse economiche impiegate e dalla gamma delle prestazioni offerte. Combinando le classi dei livelli di spesa con quelle della varietà dei servizi, sono stati individuati sei principali modelli assistenziali – sintetizzati nella Figura 4 – che confermano un’offerta socio assistenziale estremamente frammentata sul territorio, con una persistente cesura fra Centro-nord e Mezzogiorno, e uno svantaggio emergente per i Comuni più piccoli.
Figura 4 – Comuni per livello di spesa e disponibilità dei servizi sociali offerti – Anno 2015
Fonte: Istat 2018