Le differenze di genere nel lavoro durante questa crisi sono diminuite. Non perché le donne abbiano particolarmente migliorato la loro situazione, ma perché gli uomini l’hanno peggiorata. Se approfondiamo l’analisi, ci accorgiamo però che, se le differenze di genere sono diminuite, le differenze tra donne sono aumentate. Oggi si identificano due mondi profondamente diversi. Basta pensare alle giovani da 25 a 34 anni che lavoravano nel Nord, al terzo trimestre del 2008. All’epoca erano il 73,7% del totale delle donne, mentre nel Sud il 37,7%, la metà. Le donne da 35 a 44 anni lavoravano nel Nord nel 76% dei casi e nel Sud nel 41,5%.
Con la nuova crisi, questo divario, a prima vista, sembra ridursi, ma al ribasso per tutte. La crisi si scarica più sulle donne del Nord: le giovani perdono 10 punti percentuali di tasso di occupazione al Nord, 3 al Sud, il divario diminuisce anche qui al ribasso, nella sostanza rimane grave. Il basso tasso di occupazione femminile al Sud è spiegato anche dal fatto che in questa zona del Paese un basso livello di istruzione, al massimo la licenza media inferiore, praticamente preclude alle donne l’accesso al mercato del lavoro. Il loro tasso di occupazione è intorno al 20 per cento.
Inoltre, le differenze si sono accentuate non solo nell’accesso e permanenza al lavoro, ma anche in altri aspetti di vita, come ad esempio nella divisione dei ruoli nella coppia. Nelle coppie tra 25 e 44 anni in cui ambedue i partner lavorano, con figli, si è abbassato l’indice di asimmetria e gli uomini sembrano collaborare di più in famiglia, ma la trasformazione è concentrata più nel Centro Nord, mentre la situazione del Sud è rimasta stabile rispetto a sei anni prima.
La crisi allarga il divario tra donne del Nord e del Sud
Linda Laura Sabbadini, La Stampa, 6 marzo 2017