Il Bard Prison Project mira a favorire l’inclusione sociale di gruppi sociali svantaggiati, quali sono i detenuti, attraverso il coinvolgimento di alcuni di essi in attività formative e di volontariato, incrementando quindi le probabilità di la loro reintegrazione sociale una volta terminata la fase di detenzione. Allo stesso tempo il progetto propone concretamente un aiuto scolastico agli studenti che hanno difficoltà nell’affrontare determinate tematiche e materie. I percorsi di accompagnamento si svolgono con una guida per i tutor detenuti, mediante una formazione pedagogica continuativa, con l’obiettivo di creare un contesto maggiormente favorevole all’apprendimento di natura orizzontale (da studente a studente).
La nascita grazie al finanziamento del Bard College
Il Bard Prison Project nasce in coprogettazione con un ente statunitense, il “Consortium For The Liberal Arts In Prison” del Bard College (università privata dello stato di New York, USA). Il Consortium ha lo scopo di coltivare, sostenere e istituire programmi di College nelle carceri, in collaborazione con le università di tutti gli Stati Uniti. Il Bard College nel 2001 ha ideato la Bard Prison Initiative (BPI) allo scopo di favorire opportunità di istruzione e formazione all’interno del sistema carcerario statunitense. La BPI è iniziata come programma pilota che coinvolgeva 16 studenti e, dopo più di vent’anni di attività, è diventata un Polo Universitario distribuito in sette carceri dello Stato di New York. Con oltre 300 studenti all’attivo, dal 2001 sono state rilasciate più di 600 lauree.
Nel 2022 il Consortium ha pubblicato il primo bando di sovvenzioni rivolte all’assistenza tecnica e lo sviluppo delle capacità a sostegno delle università in carcere a livello internazionale. Ed è proprio a seguito del conseguimento di uno di questi finanziamenti che, nell’agosto 2022, è stato avviato a Milano il Bard Prison Project. La presa in carico di questo progetto è avvenuta grazie alla Convenzione che l’Università degli Studi di Milano ha siglato con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (PRAP) nel 2015, rinnovata poi nel 2018 e nel 2021.
Usufruendo di questa piattaforma e del collegamento già avviato con la Casa di Reclusione di Milano-Bollate in seguito ad altri percorsi, la professoressa Elena Landone ha raccolto il consenso di diversi detenuti e dell’amministrazione penitenziaria, e ha poi risposto all’annuncio del Consortium compilando l’invito a candidarsi. Gli obiettivi esposti nella domanda di finanziamento hanno riguardato primariamente la creazione di una rete di tutor detenuti e di liberi studenti, e quindi lo sviluppo di un ambiente di fiducia e di stima professionale tra di essi, tale da riuscire a dare continuità a un progetto potenzialmente capace di combattere il pregiudizio sociale verso la figura del detenuto e di valorizzare le persone coinvolte all’interno di un percorso educativo.
Milano-Bollate e il “Progetto Carcere”
Un ruolo di forte attrazione e interesse da parte del finanziatore è stato rappresentato dal modello della Casa di Reclusione di Milano-Bollate. Questo istituto penitenziario, inaugurato nel dicembre del 2000, è noto per essere un punto di riferimento nello sviluppo di partnership con diverse realtà del territorio. Nel corso degli anni ha saputo creare una rete multistakeholder di soggetti volti a rendere l’amministrazione penitenziaria più aperta, interconnessa e con una forte propensione alla riabilitazione individuale e al reinserimento sociale. La Camera penale di Milano ha affermato che il carcere di Bollate ha un tasso di recidiva pari al 17%, rispetto alla media nazionale che è circa il 70% (Aliprandi 2020). Per essere ammessi a tale istituto è necessario soddisfare alcuni requisiti, in particolare:
- l’appartenenza al circuito dei detenuti comuni1;
- una condizione psicofisica adatta alle attività lavorative;
- una previsione di fine pena pari a un periodo compreso tra i 4 e i 10 anni.
Iniziare questo progetto con Milano-Bollate è stata considerata l’opzione migliore, dato il consistente numero di detenuti che godono dei benefici dell’Articolo 21 dell’ordinamento penitenziario2, una disposizione che consente al detenuto di uscire dal carcere per svolgere un’attività lavorativa e/o educativa.
Un altro elemento facilitante per il Bard Prison Project è stata la piattaforma collaborativa già esistente tra l’istituto penitenziario e l’Università, ovvero il “Progetto Carcere”. Attraverso questa iniziativa volta a garantire alle persone in stato di detenzione il diritto allo studio universitario, nel 2015 è stata firmata la citata Convenzione con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria. L’Università, negli anni, è riuscita a creare una rete di tutor che sostengono il percorso universitario dei detenuti, diventando un punto di riferimento e creando un circolo virtuoso e dinamico di scambi formativi. Ed è proprio all’interno di questo movimento culturale e sociale che si inserisce l’idea del Bard Prison Project.
I tutor detenuti e gli studenti beneficiari: un processo pedagogico
La logica del Bard Prison Project si inserisce nella stessa dinamica del Polo Universitario, ma ne capovolge i compiti dei soggetti: in questo caso, sono i detenuti iscritti all’università a fare tutoraggio gratuito all’esterno del carcere. I beneficiari sono studenti e studentesse delle scuole superiori e dell’università che necessitano di sostegno nello studio. I tutor sono invece detenuti del carcere di Bollate iscritti a un corso universitario e ai quali è consentito lavorare e studiare fuori dal carcere durante il giorno, grazie all’Articolo 21. I detenuti inseriti in questo percorso non ricevono più un trattamento specifico all’interno del carcere, ovvero non accedono più alle iniziative culturali e ai corsi riabilitativi interni alla struttura.
A metà marzo 2023 i tutor attivi erano 4 e gli studenti beneficiari ammontavano a 7, di cui 4 universitari e 3 provenienti da una scuola superiore di Abbiategrasso in cui il Dirigente Scolastico ha diramato una circolare interna per far conoscere il progetto (un canale comunicativo rivelatosi molto efficace). Dall’esordio, avvenuto all’inizio dell’anno accademico 2022/2023, in totale il progetto finora ha avuto 10 studenti beneficiari.
Secondo la responsabile del progetto, la professoressa Landone della Statale di Milano, l’aspetto didattico sta funzionando molto bene. Esiste un’infrastruttura pedagogica nel lavoro dei detenuti: nei primi incontri con il beneficiario essi svolgono una programmazione didattica con delle schede, alla presenza di un osservatore formativo; quest’ultimo osserva silenziosamente l’incontro, prendendo appunti e fornendo riscontri al termine del momento di tutoraggio. Questo processo pedagogico è monitorato a posteriori anche dalla responsabile del progetto, che è quindi in grado di notare i miglioramenti o le difficoltà di ciascun tutor.
Nella fase di progettazione il “fattore umano” del detenuto è stato considerato come elemento di valore dell’intervento: come poi si è effettivamente verificato sin dai primi incontri, le esperienze vissute dai tutor – sia nella vita prima del carcere (spesso fatta di sofferenze e difficoltà), sia attraverso l’esperienza del processo e del carcere – rappresentano una risorsa nel lavoro con gli studenti in difficoltà. Questi elementi fanno sì che il detenuto sia una persona con una spiccata dimensione umana e riflessiva. Ed è proprio questo elemento a conferirgli un’abilità empatica capace di trasmettere nozioni e passione verso il valore dello studio, dimostrandosi così all’altezza del compito.
La sfida didattica e la sfida del reinserimento
Ci sono due componenti che rendono il Bard Prison Project un progetto di valore. La prima è la sfida didattica: riuscire a dimostrare che l’intervento di un tutor nei riguardi di un problema scolastico può essere più adeguato ed efficace dell’intervento di un insegnante, grazie a una vicinanza di condizione (data, cioè, la condivisione dello status di studente). Questo significa sostenere la didattica tra pari: la comunicazione può essere più aperta e certe dinamiche di timore o di reverenza possono essere smontate, riuscendo a lavorare meglio sui meccanismi che portano all’autostima e all’acquisizione di competenze.
La sfida del detenuto è la seconda componente fondamentale: portare una persona, durante una fase della sua vita in stato di detenzione, a compiere un percorso capace di conferirgli un ruolo qualificato. Esso diventa infatti non solo un detenuto che è stato in grado di portare avanti un percorso lavorativo, ma anche un detenuto particolarmente qualificato per il suo studio universitario e la sua specializzazione nella formazione didattica, acquisita con esperienza sul campo.
Questo aspetto auspicabilmente può sostenere la reintegrazione sociale e lavorativa in seguito al periodo di detenzione.
Verso l’auto-sostenibilità del Bard Prison Project
La logica del progetto avviato dal Consortium è quella di offrire un finanziamento iniziale di “Capacity Building” (pari a 10.000 euro), volto a creare la capacità iniziale e quindi l’innescarsi di un processo sperimentale che abbia come obiettivo ultimo l’autosufficienza. Questo periodo di sperimentazione e avvio terminerà a giugno del 2023, dopodiché gli enti e le persone coinvolte dovranno trovare il modo di continuare il progetto con altre risorse. L’auto-sostenibilità del progetto potrebbe passare attraverso la creazione di una piattaforma di relazioni in grado di comprendere il valore di un tale meccanismo educativo e quindi di finanziarlo, oppure attraverso la creazione di una cooperativa sociale.
Il fine ultimo è quindi la continuazione di questo progetto educativo e sociale, capace di aiutare gli studenti che ne hanno bisogno, di riavvicinare il detenuto alla comunità e di portare la comunità al riconoscimento sociale di una categoria di persone che troppo spesso rimane emarginata e dimenticata. In questo senso, secondo la responsabile del progetto, è fondamentale non solo reperire risorse economiche, ma stimolare la richiesta di aiuto raccontando il progetto e mostrandone il valore e l’utilità.
Di conseguenza, è necessario mettere in atto strategie comunicative che riescano ad attrarre numerose e costanti richieste di informazioni sul progetto, così da favorire la raccolta di richieste di tutoraggio.
Il presente articolo è stato scritto grazie alle informazioni raccolte nel corso di un’intervista realizzata con Elena Landone, professoressa di Lingua Spagnola e Didattica della Lingua spagnola all’università Statale di Milano e responsabile del Bard Prison Project. |
Riferimenti
Aliprandi D. (2020), Caro Gratteri, il carcere di Bollate è un esempio e non uno spot, Periodico Indipendente “L’incontro”
Note
- No 41 bis, alta sicurezza o collaboratori di giustizia.
- I benefici dell’Articolo 21 permettono al detenuto di uscire dal carcere per alcune ore al giorno, rispettando gli orari indicati dall’azienda e seguendo uno specifico percorso per raggiungere il posto di lavoro. A questa possibilità lavorativa può essere combinata una possibilità educativa: in seguito alla giornata lavorativa esterna, i detenuti che intraprendono un percorso universitario possono prolungare la permanenza all’esterno del carcere, per esempio dirigendosi per studiare nella biblioteca universitaria di riferimento dalle 18 alle 22.