Secondo le Nazioni Unite, la pandemia avrà un doppio effetto sulle donne. Da un lato la chiusura delle scuole e dei centri diurni per gli anziani o per le persone non autosufficienti sta aumentando gli oneri di lavoro domestico e di cura non retribuito, che continua a ricadere principalmente sulle donne. I settori di lavoro con la più alta esposizione al virus sono poi principalmente femminili: le donne rappresentano il 70 % del personale nel settore sanitario e sociale a livello globale. In questi settori peraltro – come recentemente sottolineato da Maurizio Ferrera in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano – si registrerà probabilmente un calo dell’occupazione, che andrà a colpire più duramente le donne.
Dall’altro lato, associazioni e movimenti per i diritti delle donne hanno messo in guardia sul rischio di una maggiore esposizione alla violenza domestica. L’isolamento, infatti, è una delle caratteristiche più comuni delle relazioni abusanti, ed è già dimostrato come la violenza domestica aumenti durante i periodi di distanza dal lavoro. In Cina questi effetti "secondari" della pandemia sono già stati registrati e denunciati da associazioni e ONG. Per tante donne andare a lavoro o accompagnare i bambini a scuola significa poter sfuggire anche solo per poco alle dinamiche di violenza domestica e di potere nelle quali vivono tutti i giorni, e al momento questo non è possibile. L’imposizione dell’isolamento può dunque amplificare il rischio a cui queste persone sono esposte, trovandosi a dover condividere per tutto il giorno gli spazi familiari con il proprio maltrattante. In questa situazione di isolamento è anche più difficile riuscire a chiedere aiuto.
In Italia associazioni, movimenti femministi e singole attiviste stanno rilanciando sui social il numero antiviolenza e stalking 1522 (attivo 24 ore su 24 e gratuito); sul sito del numero verde è anche possibile chattare direttamente con un’operatrice. La rete dei centri antiviolenza sta poi segnalando le possibilità rimaste attive sul territorio italiano.
Il coronavirus e la violenza domestica
Il Post, 17 marzo 2020