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Negli ultimi vent’anni, a seguito delle diverse riforme sociali e del mercato del lavoro susseguitesi nel tempo, nel nostro Paese si è creata una società sempre più duale. Da una parte c’è chi gode di diritti che, soprattutto attraverso la sicurezza del posto di lavoro, garantiscono tutele sociali molto forti in diversi ambiti dell’esistenza; dall’altra chi al contrario non può godere, totalmente o parzialmente, di forme significative di protezione sociale. 
Questa situazione ha prodotto conseguenze negative soprattutto in alcuni gruppi sociali che, nel sostanziale silenzio generale, hanno pagato più di altri il prezzo delle riforme.

E’ da questo presupposto che è partito Emanuele Ferragina, professore di Politiche Sociali presso l’Università di Oxford, per scrivere "La maggioranza invisibile", un interessante lavoro nel quale l’autore propone la propria analisi della situazione politico-sociale italiana focalizzando l’attenzione su chi, a parer suo, ha maggiormente subito il prezzo del cambiamento avvenuto dopo la caduta del modello keynesiano e l’avvento delle politiche di stampo neoliberale. 
L’espressione “maggioranza invisibile” nasce da un semplice rapporto matematico: per Ferragina i soggetti che hanno subito conseguenze negative a seguito di questi processi riformatori sono circa 25 milioni. A fronte di 47 milioni di aventi diritto al voto, se queste persone avessero un partito di rifermento vincerebbero senza alcun dubbio le elezioni.

Nella prima parte del libro viene presentata una chiara e puntuale definizione della base sociale che forma la maggioranza invisibile, composta da cinque gruppi sociali: disoccupati; neet; pensionati meno abbienti (cioè coloro che percepiscono una pensione inferiore ai 1000 euro al mese); migranti; precari.

L’autore nella sua analisi individua quattro cause precise che, a pare suo, hanno generato la nascita di questa “maggioranza invisibile”:

1. il trionfo del neoliberismo e dell’individualismo;
2. il processo Europeo d’integrazione monetaria;
3. l’inefficienza del sistema di welfare state italiano, ormai obsoleto;
4. la debolezza dei partiti di sinistra, che negli ultimi venti anni hanno accettato le misure di stampo neoliberale, lottando per i diritti dei cosiddetti garantiti e dimenticando la “maggioranza invisibile” di lavoratori precari e disoccupati.

Capitolo dopo capitolo vengono affrontate singolarmente tutte le cause sopraelencate, e viene fornita una spiegazione dettagliata di come queste abbiano influenzato la vita di 25 milioni di italiani e soprattutto (nella seconda parte del libro) è presentata quella che per l’autore potrebbe essere la strada maestra per invertire la rotta: la presa di coscienza da parte della maggioranza invisibile di essere un gruppo sociale vero e proprio, anche se con interessi non del tutto uniformi e con una base sociale molto eterogenea.

Se così accadesse, quei 25 milioni di italiani riuscirebbero a dar voce alle proprie necessità e potrebbero portare a compimento la grande riforma sociale del nuovo millennio: la riforma del welfare state, divenuto oggi obsoleto perché ideato sul modello di produzione fordista e mai riadattato alle necessità di una società con un mercato del lavoro fortemente terziarizzato. 
Questo è sicuramente l’aspetto più interessante del libro di Ferragina, cioè la proposta di un nuovo sistema di welfare per il nostro Paese, progettato in un’ottica realmente universale ed egualitaria, per rilanciare l’economia e l’occupazione.

Una proposta intrigante di certo non nuova negli studi relativi alle politiche sociali, ma che risuona con una forza maggiore rispetto ad altre per un motivo preciso: il momento storico in cui viene proposta. Negli ultimi anni il tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, è arrivato quasi ai massimi storici, la crescita economica è in crisi da anni e le misure di austerità, volute dall’Unione Europea, influenzano le agende politiche degli Stati membri: in un contesto simile, l’idea che il volano per il rilancio dell’occupazione nel mercato del lavoro e per la creazione di una società più egualitaria possa essere una riforma del welfare state in termini di universalità è quantomeno da approfondire. Secondo l’autore, in un sistema economico come quelle attuale, del tutto diverso dal modello fordista dove i sistemi di welfare si sono consolidati, sono principalmente tre gli obiettivi da perseguire:

• occuparsi dell’individuo nei momenti di transizione lavorativa, tramite ammortizzatori sociali universali contro la disoccupazione, accompagnati da percorsi di formazione e di crescita professionale;
• rivolgersi a chi ha scarse competenze e fa fatica ad entrare nel mercato del lavoro, assciurando un reddito minimo garantito o fornendo servizi fondamentali;
• implementare misure di carattere universale che consentano la conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare.

Tutto ciò è quello che il nostro sistema di welfare non riesce a realizzare oggi. Possiamo affermare quindi che “la maggioranza invisibile” fornisce un’idea innovativa sulla quale è giusto riflettere e che, come sostiene l’autore, potrà trovare forza e compimento solo se chi oggi paga il prezzo sociale delle riforme saprà prendere coscienza della propria forza reale e agire unitariamente per cambiare la situazione contingente.

 

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